Dopo le storiche mostre ospitate al Metropolitan di New York, al Grand Palais di Parigi, al Museo del Prado di Madrid, e quelle tenutesi a Siviglia e a Cadice, Francisco de Zurbarán (1598-1664), uno dei massimi esponenti del Siglo de oro spagnolo, approda anche in Italia, al Palazzo dei Diamanti di Ferrara. Un allestimento monografico nato dalla collaborazione tra la Fondazione Ferrara Arte e il Bozar-Palais des Beaux Arts di Bruxelles, il Museo Nacional del Prado e il Museo de Bellas Artes di Siviglia, curato da Ignacio Cano e Gabriele Finaldi. Cinquanta lavori documentano l’intensa attività tra Siviglia e Madrid dell’artista che seppe interpretare meravigliosamente lo spirito dell’epoca, in linea con la Controriforma. Fil rouge dell’esposizione una densa spiritualità che si esprime in un misticismo del quotidiano, l’urgenza di rappresentare la verità scolpendo la luce e nobilitando grazie a sapienti contrasti anche gli oggetti più semplici, caratteristiche queste che valsero al pittore barocco l’appellativo di “Caravaggio spagnolo”. Il suo naturalismo ricercato fu fonte d’ispirazione di artisti a lui postumi quali Manet, Picasso, Dalì, Morandi. Francisco de Zurbarán colpisce per la grazia della composizione, per le atmosfere silenziose, per la cura estrema dei particolari: una natura morta-allegoria dell’immacolata concezione- costituita da un piatto in metallo, una tazza di ceramica colma d’acqua ed una rosa, anticipa certi quadri morandiani, L’Agnus Dei rappresentato da un ariete dolcissimo con una delicata aureola sembra talmente vero, nel suo manto voluminoso, da avere voglia di tendere una mano per toccarlo; ritratti di nobildonne dagli sguardi enigmatici e frontali vestite da sante con abiti, stoffe sontuose, colorate, particolareggiate risultano un vero trionfo visivo, il San Francesco nella tomba, contrastato nella sua composizione verticale, un tripudio del Tenebrismo. E poi una varietà incredibile di bianchi -nelle vesti dei frati, nei Santi (stupefacente quello del San Serapio,opera che inaugura il percorso espositivo della mostra), nei particolari quotidiani (si pensi alla Casa di Nazareth)- svela la vastità cromatica che può avere un solo colore, soprattutto se investito da connotazioni altre. Un artista forse poco noto al grande pubblico, destinato però, come profeticamente seppe vedere Salvador Dalì a sembrarci “ogni giorno più moderno”e che “ molto più categoricamente di El Greco sarebbe stato in grado di rappresentare la figura del genio spagnolo”.
Zurbarán (1598–1664)
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Aperture serali straordinarie dal 31 dicembre al 6 gennaio
INFO: www.palazzodiamanti.it