A cura di Sara De Chiara
MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna | Project Room
28 gennaio – 14 maggio 2023
Opening venerdì 27 gennaio 2023 h 18.00
La programmazione della Project Room del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna conferma la propria vocazione alla ricostruzione, al racconto e alla valorizzazione delle esperienze artistiche del territorio bolognese ed emiliano-romagnolo con Viola! Pablo Echaurren e gli indiani metropolitani, il nuovo progetto espositivo a cura di Sara De Chiara, che inaugura il 27 gennaio 2023 alle h 18 in occasione di ART CITY Bologna, il calendario istituzionale di mostre, eventi e iniziative speciali promosso da Comune di Bologna e BolognaFiere in occasione di Arte Fiera. L’esposizione rimane aperta al pubblico dal 28 gennaio al 14 maggio 2023.
Viola! Pablo Echaurren e gli indiani metropolitani si realizza con il sostegno del Trust per l’Arte Contemporanea e in collaborazione con Fondazione Echaurren Salaris, Bibliotheca Hertziana – Istituto Max Planck per la storia dell’arte e Ab Rogers Design.
La mostra offre l’occasione di approfondire per la prima volta il rapporto di Pablo Echaurren (Roma, 1951) con il contesto bolognese, attraverso una selezione di opere realizzate tra il 1977 e il 1978, di pagine di Lotta Continua, di collage, fanzine e illustrazioni ispirate agli avvenimenti e alla poetica del Settantasette. Il percorso espositivo include un gruppo di “quadratini”, realizzati nella prima metà degli anni Settanta, la cui produzione è stata abbandonata proprio dopo gli avvenimenti di quell’anno così cruciale per Bologna.
Oltre a questi, esulano dal biennio ’77-78 alcuni assemblage raccolti all’interno di scatole, appartenenti a una produzione recente (2020-22), incentrata sulle scoperte scientifiche legate all’uomo di Neanderthal, ma che tornano anche a riflettere sull’esperienza degli anni Settanta (quasi un passaggio di testimone tra indiani metropolitani e neanderthaliani metropolitani).
Tutti i lavori proposti provengono dall’archivio dell’artista a Roma e alcuni sono esposti per la prima volta.
In mostra è inoltre presentata una videointervista realizzata dalla Bibliotheca Hertziana – Istituto Max Planck per la storia dell’arte nell’ambito del progetto Rome Contemporary, diretto dal Prof. Dr. Tristan Weddigen. Lo stesso ha dato vita nel 2021 a una collezione digitale di controcultura, rendendo accessibili online pubblicazioni rare sull’arte e la politica in Italia negli anni Sessanta e Settanta dall’archivio della Fondazione Echaurren Salaris, a cui si è attinto per la stampa dei materiali in mostra.
L’allestimento è stato progettato dallo studio Ab Rogers Design di Londra e permette di attraversare l’opera di Echaurren e al contempo di immergere il pubblico nell’atmosfera di creatività diffusa di quegli anni, occupando con il linguaggio della strada l’ambiente espositivo.
In particolare il display riflette sul passaggio nella pratica di Echaurren dalla pittura alla grafica, dalla galleria alla strada, dall’opera originale alla riproducibilità, dalla contemplazione alla fruizione collettiva, giocando con il tema della griglia: la griglia già penetrabile dei “quadratini” si allenta, si apre alla gabbia composita delle fanzine, al brulicare dell’immaginazione che ha il suo seme nel “rovescio” del mondo, al rumore della piazza, nel segno del nonsense e dello spiazzamento.
Viola!, parola che dà il titolo all’esposizione, è un’esortazione a violare, a rompere le barriere tra le discipline, i codici, gli schemi, per tentare di realizzare quella fusione utopica di arte e vita professata dalle avanguardie, che durante una breve ma prolifica stagione tra il ’77 e il ’78 sembra realizzarsi.
Nel marzo del 1977 Pablo Echaurren espone alla Galleria San Luca a Bologna i suoi cosiddetti “quadratini”, piccole griglie dipinte a smalto o acquerello che accolgono all’interno delle proprie caselle diverse sfaccettature del mondo fenomenico o vignette d’invenzione. Si tratta di una tipologia lavori avviata verso il 1970 quando l’artista, non ancora ventenne, disegna e dipinge ponendosi nel solco tracciato da Gianfranco Baruchello, già da qualche anno suo tutore e eletto a “nume tutelare”. L’opera di Echaurren in questi anni è ispirata alle composizioni dell’artista livornese in cui figurine, lessemi e segni grafici si sedimentano sulla carta o sulla tela in un pulviscolo di materia onirica.
La griglia all’interno della quale le piccole immagini di Echaurren scorrono è caratterizzata da una linea tratteggiata, che nel lessico del fumetto indica l’espressione di un pensiero o un sogno, e che ricorda i fogli di francobolli, o i bordi lungo i quali ritagliare. Fin dal principio la griglia raffigurata da Echaurren è confine poroso, aperto, e le piccole immagini possono idealmente essere ritagliate, smontate e riorganizzate in sequenze o montate in prismi sempre diversi.
Accanto ai collage e alla serie delle cosiddette “decomposizioni”, i “quadratini” costituiscono la principale produzione dell’artista nella prima metà degli anni Settanta, sono apprezzati dalla critica e, per il tramite di Baruchello, esposti nella galleria di Arturo Schwarz, con il quale Echaurren lavora stabilmente dal 1969.
Al 1973 risale l’inizio della collaborazione dell’artista con la redazione del quotidiano Lotta Continua, per il quale realizza diverse illustrazioni che inizialmente mantengono la struttura sequenziale dei “quadratini”.
Il doppio binario su cui si muove Echaurren in questi anni, tra l’“Arte” esposta nelle gallerie e l’illustrazione riprodotta sulle pagine dei giornali, diverge bruscamente nel 1977 e la mostra di Bologna marca questa deviazione. Si tratta dell’ultima occasione in cui i “quadratini” sono stati esposti, ma anche il momento in cui l’artista ne interrompe la produzione, il momento in cui decide di porre fine alla collaborazione con le gallerie per impegnarsi, mettere la sua creatività al servizio della controcultura, della militanza, “armato” di pennarelli, nei gruppi antagonisti legati al movimento del ’77, e condividere le nuove forme creative degli indiani metropolitani.
Il fatto che questa decisione sia presa a Bologna nel marzo del 1977 non è una coincidenza. In quello stesso mese gli scontri di piazza tra studenti e forze dell’ordine toccano l’apice della violenza, in seguito alla morte del militante di Lotta Continua Francesco Lorusso, ucciso da un carabiniere di leva durante una manifestazione studentesca, l’11 marzo. La notizia dell’uccisione è subito trasmessa da Radio Alice, fondata nel 1976 dal collettivo bolognese A/traverso, che ha avuto un peso decisivo nello sviluppo del pensiero del ’77 attraverso le pagine della omonima rivista. La sede di Radio Alice è sgomberata dalla polizia il 12 marzo. Gli eventi di Bologna e la violenta repressione da parte delle forze dell’ordine fanno propagare le proteste a Milano, Firenze, Roma, Napoli, Palermo, Catania.
Lotta Continua accoglie sulle sue pagine il dibattito sul tema dell’azione repressiva dello stato, pubblica l’appello di intellettuali francesi, tra cui Jean-Paul Sartre e Michel Foucault (5 luglio 1977), promuove l’organizzazione del convegno nazionale a Bologna nel settembre 1977 ed
Echaurren accompagna il dibattito sul quotidiano con illustrazioni di sapore surreale e rubriche irriverenti all’insegna del depistaggio, come Dietro lo specchio, realizzata in collaborazione con Maurizio Gabbianelli.
La produzione dell’artista nell’ambito editoriale non si limita alla collaborazione col quotidiano, e nel 1977 vedono la luce diverse fanzine, tra le quali Oask?! e Il complotto di Zurigo in cui parola e immagini, citazione colta e incursioni pop, segni grafici asemici, volontari anacronismi e détournement sono finalizzati a una rappresentazione disincantata e ironica della realtà. Le fanzine operano una radicale rottura dei consueti meccanismi di comunicazione e attestano quel processo di rinnovamento dei linguaggi che ha contraddistinto la stagione creativa degli indiani metropolitani.
Umberto Eco sulle pagine de L’Espresso e Maurizio Calvesi in Avanguardia di massa (1978) sono stati i primi intellettuali in Italia a cogliere la convergenza sul piano linguistico della controcultura del Settantasette, nell’esperienza che le giovani generazioni stavano vivendo, con quella delle avanguardie storiche: trasponendo nelle proteste pacifiche un linguaggio provocatorio che si rifaceva alla rottura linguistica operata dal Futurismo e dal Dada oltre mezzo secolo prima, gli indiani metropolitani lo fecero tornare a essere una lingua viva, parlata non dalle élite ma dalle masse, nelle strade.
Il linguaggio ha sempre operato una separazione in codici ordinati delle forme politiche, economiche, sessuali, creative, ecc. Noi affermiamo l’importanza di una scrittura, anche non definita, che attraversi questi ordini separati tentando di ricostruire l’interezza della vita. È un tentativo, uno dei tanti (o no?) – scrivono “Maurizio & Pablo” in calce alla vignetta, dedicata a Majakovskij su Lotta Continua (10 giugno 1977, p. 9), facendo eco al libro del Collettivo A/traverso: Alice è il diavolo: sulla strada di Majakovskij (1976).
Viola! Pablo Echaurren e gli indiani metropolitanimira a ricostruire e rendere tangibile per i visitatori che attraverseranno lo spazio della Project Room lo straordinario fermento di una stagione complessa e per molti versi irripetibile.
In parallelo, dal 5 febbraio, MoRE. a Museum of refused and unrealised art projects – con cui il MAMbo ha già collaborato nel 2021 per la mostra Hidden Displays 1975-2020. Progetti non realizzati a Bologna – proporrà sul proprio sito web Il quaderno dell’arte non fatta. Pablo Echaurren pensa a Marcel Duchamp, a cura di Cristina Casero e Valentina Rossi, virtual exhibition che nasce grazie alla donazione di alcuni progetti non realizzati di Pablo Echaurren a MoRE Museum. Se la mostra al MAMbo indaga la relazione tra Echaurren e Bologna concentrandosi sul 1977, anno nodale nella pratica dell’artista come della vita politica della città, la mostra virtuale si discosta dalla produzione più impegnata di Echaurren per andare ad indagare aspetti meno conosciuti dell’opera, che ruotano intorno la figura di Marcel Duchamp.