Foto: copertina “Vigliacchi!” di Amelia C. © Agenzia X
Foto: copertina “Vigliacchi!” di Amelia C. © Agenzia X
Foto: copertina “Vigliacchi!” di Amelia C. © Agenzia X

Il libro edito da Agenzia X– un vero e proprio pamphlet di 144 pagine, parte della collana Fulmicotone – è uscito il 4 ottobre nelle librerie fisiche e on-line, anche nella versione e-book

Quando ho saputo in anteprima dell’imminente uscita, sono rimasta subito incuriosita.
L’Autrice si descrive così: Mi chiamo Amelia C. ho 17 anni. Frequento un liceo classico e ho i capelli rossi. Nessuna altra caratteristica di riconoscimento intendo rendere nota. Per me valgono le parole scritte in questo libro.
Ho raggiunto l’Autrice e mi sono fatta mandare il libro. L’ho letto con interesse e ho chiesto ad Amelia C. di fare – per prima cosa – una intervista via mail. Le avrei mandato delle domande a cui lei mi avrebbe risposto per iscritto, modo in più per non tradire il suo pensiero. Questo è il nostro primo scambio di domande e risposte.

Lucy Lo Russo – Punto e Linea Magazine: Quando è nata l’idea di “Vigliacchi” e perché?

Amelia C.: Ti direi casualmente. Ero ad ascoltare, trascinata da un’amica, un incontro di Susanna Tamaro. L’argomento principale era la sua “crociata” contro i giovani che usano lo smartphone (ha ripreso l’argomento pochi giorni fa sul Corriere della Sera). Ebbene dentro una “crociata” ci possono anche essere punti di convergenza ma rimane sempre una “crociata”. Inoltre la domanda fondamentale non se l’è posta: perché i giovani stanno così tanto tempo davanti a quello schermo? Che esempi hanno avuto? Ebbene, finito l’incontro ero arrabbiata e volevo scriverle una lettera ma poi mi sono accorta che avevo molto altro da dire. Alla fine è nato “Vigliacchi!”

L.L.R. – Come sei arrivata a pubblicare con Agenzia X?

Amelia C: Mi devo ripetere: per caso. Io ho uno zio paterno, con parecchi più anni di mio padre. Vive praticamente in una casa di libri, da solo. Potremmo dire che sfiora la misantropia. Nella sua biblioteca ho visto una delle prime edizioni di “Costretti a sanguinare”: leggendolo ho capito che in Agenzia X poteva esistere una sorta di anarchia che mi avrebbe permesso di pubblicare il mio libro [ndr. il titolo citato è stato scritto da Marco Galliani detto Philopat nel 1997: racconta in prima persona il punk italiano – in particolare di Milano – dal 1977 al 1982. Egli in seguito ha fondato la casa editrice Agenzia X].

L.L.R. – Quanto tempo hai messo a scriverlo?

Amelia C.: Non più di tre mesi. Poi, Marco Philopat mi ha aiutato a mettere a fuoco i punti più importanti, con una cura eccezionale, senza mai infrangere la mia libertà.

L.L.R. – Qual è il capitolo a cui tieni di più?

Amelia C.: Direi l’ultimo perché è quello più poetico. E dopo una serie di j’accuse parlo di me.

L.L.R. – In quale avresti voluto dire qualcosa in più che hai voluto o dovuto tagliare?

Amelia C.: Non ho subito alcuna censura. Oggi mi rendo conto che avrei dovuto stare più attenta a parlare di “adulti”, perché esistono persone che lottano, che si informano, che combattono. Sono una nicchia, certo. Ma esistono e nessuno può essere inserito in una categoria. Né giovani, né adulti. Il mio j’accuse è rivolto alla maggioranza di questo Paese.

L.L.R. – Ti ringrazio a nome di molti colleghi insegnati e giornalisti, ma in fin dei conti ad essere troppo “politicamente corretti” ci avresti perso: titolo e sottotitolo sono proprio forti! Perché l’anonimato?

Amelia C.: Anonimato sino ad un certo punto. Io mi chiamo Amelia e C è l’iniziale del mio cognome. Forse sono un po’ diversa dai miei coetanei. Non mi interessa apparire, anzi non voglio proprio apparire, donare la mia immagine per farne carne da macello, per essere presa in giro come Greta Thunberg per le sue trecce, o elogiata per il mio fisico. Non mi interessa tutto questo. Il mio corpo, la mia voce, la mia anima, saranno solo di coloro a cui voglio bene. Ma nonostante questo ho cose da dire che riguardano questo mondo, la mia generazione, quella che ogni adulto cerca di educare, o di “formattare”, secondo logiche precostituite che fanno parte del decennio passato se non del secolo scorso.

L.L.R. – Sei pronta a incontrare delle scuole in cui gli studenti abbiano letto il tuo libro – e così i loro professori – per un dibattito?

Amelia C.: Io sarei felicissima che i miei coetanei leggessero il mio libro. Non necessariamente per ricevere lodi ma anche per essere contestata, sconfessata. Visto ciò che ti dicevo prima, possiamo trovare formule tecnologiche che ci permettano di dialogare pur non in presenza.

L.L.R. – Sei una studentessa liceale. Sei impegnata come rappresentante degli studenti o in consiglio di istituto?

Amelia C.: Lo sono stata sino allo scorso anno. Poi ho deciso di guardare, di osservare, di mettermi di lato, per scrutare da un’altra prospettiva.

L.L.R. – Pensi di fare politica in futuro o di impegnarti nel sociale?

Amelia C.: Per me scrivere un libro è già un impegno sociale. Se parliamo di politica invece, perlomeno oggi, faccio persino fatica a capire cosa voglia dire.

L.L.R. – Il tuo sogno a breve termine e a lungo termine

Amelia C.: Riesco solo a parlare del presente. Quindi il sogno a breve termine è aver risposto alle tue domande con una certa coerenza. Per il futuro affidiamoci al coraggio.

Non nego che avrei voluto incontrare anche di persona Amelia C. per dare un più emotività al pezzo e “sentirla a pelle”. Ma alla mia richiesta la sua risposta è stata ferma: «Ora io vorrei proprio sfidare questa possibilità e confrontarmi sulle mie parole. Il 28 dicembre compirò 18 anni. E potrebbe anche essere il momento di cambiare posa».

Rispetto la scelta, anzi, la apprezzo, in questo generale sgomitare per apparire. Una risoluzione – l’affidarsi solo alle parole – che ha accomunato vari autori e autrici di successo e di talento. Posso solo augurare ad Amelia C. che sia l’inizio di tante soddisfazioni a venire. E magari, chissà, ci conosceremo di persona, quando capita, se ne avremo voglia.

Amelia C, Vigliacchi! Il mio j’accuse al mondo degli adulti – Agenzia X, 2024, € 12,00
SITO DELL’EDITORE
UNILIBRO
HOEPLI

Comments (1)

  1. E’ certo un bell’ accuse ed anche ben scritto e motivato ma amplifica il sentiment adolescenziale che : lo sgomento che coglie ogni giovane sulla soglia del mondo adulto. Da qui la domanda.: E poi? Non basta dire che per affrontare il futuro ci vuole coraggio. Serve anche la preparazione che evita agli “ingressi” nell’età adulta di farsi replicare dalla macchina produttiva di beni e culture varie..o chiudersi dentro..Amelia C. che pensa? Perché alla fine bisogna saper serfare fra opposte e indesiderate situazioni per cui dopo il Piccolo Principe bisognerà pur leggere altro…
    Come perdere l’infanzia senza deformare la propria identità?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *