Sergey, un ragazzo sordomuto, arriva in un collegio in cui tutti sono portatori di quest’handicap, nel quale un gruppo ristretto di ragazzi ha imposto una precisa gerarchia criminale dedita a rapine, furti, accattonaggio e prostituzione femminile. Il protagonista, dopo averne passate di ogni, riesce finalmente a entrare in questo sistema criminale e a garantirsi un personale status malavitoso finché non si innamora di una delle due ragazze-prostitute, scelta che genera una crisi prima personale e poi collettiva in grado di far saltare tutte le regole.
Apprezzabile da un punto di vista sperimentale, tenendo conto del fatto che The Tribe di di Myroslav Slaboshpytskiy ha soltanto rumori di fondo, per giunta spesso attenuati, e né un dialogo o una musica, e che gli attori recitano esclusivamente nella lingua dei segni. Affascinante anche l’ambientazione all’interno di un’istituzione totale, al pari di una comunità per certi versi chiusa al mondo, e tutto sommato anche abbastanza coraggioso, sia sotto il profilo della tematica che per quanto riguarda la scelta stilistica e tecnica, un chiaro omaggio al cinema muto. Medesimo discorso anche per quanto riguarda l’etica, o meglio la sua pressoché totale assenza, da parte dei protagonisti, che provoca un effetto disturbante che conferisce ancora maggiore drammaticità alla narrazione.
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I limiti sono tuttavia rappresentati prima di tutto da un eccessivo autocompiacimento nel mostrare troppo, una scelta che lascia ben poco all’immaginazione, appena prima del limite segnato dalla pornografia esplicita, oltre che troppo a lungo, e anche ripetutamente, come il reiterato accompagnamento nel parcheggio dei tir alla ricerca di clienti per le ragazze. Tutti elementi che incidono anche sulla lunghezza del racconto, lungo due ore e dieci (130′), il cui catartico epilogo, per forza di cose a tinte fosche, non può che essere quello facilmente, e per forza di cose, immaginabile.
The Tribe (Plemya) di Myroslav Slaboshpytskiy, Thriller, 130’, Ucraina, Paesi Bassi, 2014
Con Grigory Fesenko, Yana Novikova, Rosa Babiy, Alexander Dsiadevich