In anteprima nazionale il MAST di Bologna ospita sino al 31 dicembre 2014 The factory photographer, mostra fotografica di David Lynch, attuata in collaborazione con la Photographers Gallery di Londra e curata da Petra Giloy-Hirtz. L’allestimento costituito da 111 scatti in bianco e nero, realizzati in due diversi formati (28 X 35,6 cm e 100 X 150 cm), ritraggono soggetti di fabbriche immortalati dall’artista nell’arco di un trentennio che va dagli anni ’80 al 2000 nelle aree industriali americane di NewYork, New Jersey e Los Angeles e in quelle europee dell’Inghilterra, Berlino e Lodz, in Polonia.
Si tratta di fabbriche, ciminiere, comignoli su tetti bagnati di strutture abbandonate, torri, pali della luce che si estendono a perdita d’occhio, edifici in laterizio dove geometrie di vetrate opache ed aperte lasciano intravedere frammenti di una desolata vegetazione, cieli tetri e fumosi; e ancora, tubature incurvate, postazioni con macchinari in disuso che sembrano appena essere stati sgombrati, strani numeri e lettere, catene e reti, pareti dall’intonaco scrostato.
Il corpus che ne risulta è quello di un paesaggio industriale dove è completamente assente la figura umana, desolato e decaduto rimandante ad una geografia dell’inconscio metafisica e surreale. Questo invita l’individuo a riflettere su una storia che non c’è più, ma che gli si palesa davanti come un relitto dismesso ed agonizzante, un sogno sbriciolato,un progetto fallito non privo però di magia e mistero. In linea con la poetica estetica lynchiana,le periferie industriali diventano luoghi simbolici ed enigmatici in grado di allontanare e di attrarre come calamite i nostri sguardi e le nostre coscienze.
Lynch vede nelle fabbriche veri e propri “simulacri di creazione” in quanto “portatrici degli stessi processi organici che regolano la natura”. Impossibile non cogliere dietro a questa produzione la grande influenza esercitata dalla coppia di fotografi Bernd e Hilla Becher con le loro fotografie di “sculture anonime” che hanno per soggetto le architetture industriali. Il loro lavoro meticoloso iniziato alla fine degli anni ’50 e durato per anni -quasi di catalogazione a carattere scientifico- nel ritrarre in modo seriale le periferie urbane con uno stile che ha aperto la strada a quello che saranno il Concettualismo ed il Minimalismo, è stato sicuramente assimilato in queste opere. Ma in questo lungo progetto (pensato inizialmente come scatti di possibili locations) c’è uno spingersi oltre, in linea con la poetica dell’artista: c’è un voler nobilitare questi spazi, coglierne la loro bellezza “dark”,quasi fossero “moderne cattedrali” disseminate da un’aurea speciale, set aperti pronti ad accogliere possibili suggestioni narrative da svolgersi, celebrarne la fatica, la polvere, il fuoco e l’odore dell’olio che vi hanno gravitato. La mostra, scandita da un’istallazione sonora dal titolo The air is on fire_I (Station) -sempre ad opera di David Lynch- che rende più claustrofobica la visione, è accompagnata da tre cortometraggi (Industrial Soundscape, Bug Crawls, Intervalometer: Steps), proiettati a ciclo continuo.
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Bologna, Mast Gallery via Speranza 42
Dal 17 settembre al 31 dicembre 2014
martedì – domenica ore 10.00 – 19.00
www.mast.org