Il percorso di Filippo Timi, com’è noto, non rientra nei canoni del teatro di rappresentazione. L’artista perugino ha sempre ricercato la via scenica verso il mito annullando l’attore, per incontrare sensitivamente il personaggio nel quale si cala. Dopo la riedizione di Don Giovanni, ha debuttato al Franco Parenti di Milano con il suo nuovo lavoro, Skianto, scritto in dialetto umbro, un monologo che richiama più La vita bestia del 2005 diretto da Barberio Corsetti e che unisce il richiamo fiabesco alla crudele drammaticità dell’esistenza. La storia ha per protagonista un bambino diversamente abile che non corrisponde certo alle aspettative dei genitori, costretto a vivere sui pattini in uno spazio limitato e con la “scatola cranica sigillata”. Scenograficamente viene immaginato nella palestra di una scuola elementare, dove sogna e immagina di essere normale, di poter danzare, cantare, compiere imprese per lui impossibili da realizzare. Si trova bene con il nonno, che considera un semidio, soprattutto quando gli racconta le sue prodezze da libertino. E proprio qui, in questo inseguire la chimera di una vita come gli altri, mentre appare al mondo diverso, si gioca la dinamica dello spettacolo, in cui il personaggio reale tende a interpretare ciò che non può essere, suscitando una comicità amara frammista a momenti di grande commozione.
Accompagnato alla chitarra da Andrea Di Donna, Filippo Timi, al di là di un ritorno alle origini, compie con questo suo ultimo lavoro un’indagine che va ben oltre l’incontro con un personaggio conosciuto: qui si tuffa nella profondità di un inconscio pieno di ombre e nascosto ai normali osservatori, per rivelare la profondità di un dramma che raramente si affronta dalla parte di chi vive un’esistenza soffocata da handicap fisici o mentali. Il video di un panda vendicatore, come gli animali che appaiono in altre proiezioni, sono in fondo il simbolo di una volontà di esprimere paura, amore, sofferenza e rabbia, anche in un involucro corporale che ne limita l’attendibilità umana. L’effetto è quello di produrre un urlo liberatorio, la rivendicazione di un’anima che non vuole essere prigioniera di una convenzione dettata dall’apparenza e giunge quindi finalmente ad esprimere la propria identità.
Giudizio: ***1/2
PRODUZIONE TEATRO FRANCO PARENTI / TEATRO STABILE DELL’UMBRIA
Skianto uno spettacolo di e con Filippo Timi e con Dennis Garcia
Alla chitarra: Andrea Di Donna
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prima nazionale
Luci: Gigi Saccomandi
Costumi: Fabio Zambernardi
Milano, Teatro Franco Parenti, Sala Grande, via Pier Lombardo 14
Dal 24 marzo al 6 aprile 2014
www.teatrofrancoparenti.it