Foto di scena: Fired, 13 luglio 2018 -Liberi d’estate 2018 presso il Teatro Libero di Milano
Foto di scena: Fired, 13 luglio 2018 -Liberi d’estate 2018 presso il Teatro Libero di Milano
Foto di scena: Fired © Liberi d’estate 2018

Dal 1 al 18 luglio torna al Teatro Libero di Milano la rassegna Liberi d’estate, giunta alla sua quinta edizione.

La rassegna Liberi d’Estate dà spazio alle nuove generazioni e alle loro fonti d’ispirazione, fra contaminazione di forme, generi e linguaggi.

Due settimane fitte di spettacoli che, in linea con la direzione artistica di Corrado Accordino e Manuel Renga e con l’idea di un teatro che viva per la città e con la città, diano voce alla giovane drammaturgia contemporanea del panorama milanese e, al contempo, invitino la cittadinanza a usufruire di un’offerta culturale che non si ferma con la chiusura della stagione.

Oltre a spettacoli di giovani compagnie la rassegna è dedicata alla fase finale del concorso BANCO DI PROVA, ideato da Manuel Renga, Francesco Leschiera e Susanna Verri in collaborazione con Isolacasateatro. Al centro di questa parte della rassegna i testi di giovani drammaturghi italiani, presentati in forma di reading presso Isolacasateatro e poi modificati, elaborati, rifiniti dopo un confronto con critici e pubblico fino a trovare forma definitiva al Teatro Libero.

Ogni serata sarà per il Teatro una festa con compagnie differenti: il pubblico potrà trovare un buon bicchiere di vino e qualche stuzzichino mezz’ora prima dell’inizio, alle ore 20.30, e potrà fermarsi insieme alla compagnia per un confronto o semplicemente per togliersi qualche curiosità dopo lo spettacolo.

CALENDARIO:

1 – 3 luglio ore 21.00

AGUAS
di Chiara Claudi, Antonio Torella
regia Ida Treggiari

4 – 8 luglio ore 21.00

TIGERMAN
drammaturgia e regia Alessandro Veronese

9 luglio ore 21.00

OLTRE I CONFINI DELL’EBRO
drammaturgia Alberto Canevali, Sarah Rezakhan
regia Manuel Renga
Youmani Onlus

BANCO DI PROVA 10 – 11 – 12 luglio:

10 luglio ore 19.30

DEPERSONALIZZAZIONE e di come l’amore possa ristabilire la realtà
di Michela Giudici
regia Laura Tanzi

10 luglio ore 21.30

3SOME
di Tommaso Fermariello
regia Martina Testa

11 luglio ore 19.30

UTERI’N’ARIA. Itinerario di sola andata
di Antonella Voltan
regia Paolo Panizza

11 luglio ore 21.30

TRITTICO CONTEMPORANEO
di Flavia Todisco
regia Ettore Distasio

12 luglio ore 21.00

A. WILSON
di Daria Morelli
regia Lorenzo Castelluccio

13 luglio ore 21.00

FIRED – Tutto va come non deve andare
drammaturgia e regia Arturo Di Tullio

14 luglio ore 21.00

CIÒ CHE RIMANE.
Piccole storie della Grande Guerra
di Chiara Bertazzoni, Manuela Galizia, Duilio Papi, Carlo Varano
regia Chiara Bertazzoni

15 luglio ore 21.00

UN COTTAGE TUTTO PER SÈ
di e con Natalia Magni
regia Sonia Barbadoro
Spettacolo finalista al Premio Laura Casadonte 2016

16 luglio ore 21.00

I WON’T EAT
Fondazione Donna Milano Onlus
– progetto L’ultima Luna
di Elisa Denti, Sara Urban
regia Elisa Denti, Pietro Traldi

17 luglio ore 21.00

SHAKE YOUR SPEARE
liberamente tratto da La bisbetica domata, Sogno di una notte di mezza estate e Riccardo III di William Shakespeare
drammaturgia e regia Delia Rimoldi

18 luglio ore 21.00

PERCHÉ SHAKESPEARE AIUTA A VIVERE MEGLIO
di Fabio Banfo
con Fabio Banfo, Serena Piazza

1 – 3 luglio ore 21.00

AGUAS
Primo Studio

Chiara Claudi, Antonio Torella
traduzione del testo a cura di Antonio Torella
con Chiara Claudi
al piano Luca Verri
regia Ida Treggiari

Nel 1973 uscì in Brasile un’intervista destinata a gettare luce su uno dei personaggi più discussi della scena musicale di quell’epoca: Elis Regina. Considerata probabilmente la personalità musicale più complessa della sua generazione, Elis incarnava la caleidoscopica immagine di artista brillante, mutevole ed esplosiva, infelicemente perturbata dalle ombre che accompagnarono in forme diverse l’intera sua carriera.

Chiunque si sia accostato anche solo per un breve momento alla musica e alla cultura del Brasile sa chi è Elis Regina. Nella sua voce ha trovato vita la musica di Gilberto Gil, di Milton Nascimento, di Chico Buarque, di Baden Powell, di Ivan Lins. E naturalmente di Antonio Carlos Jobim. Nata originariamente come fenomeno radiofonico e televisivo, Elis bruciò il suo enorme percorso discografico nell’arco di soli quindici anni, attraverso continui cambiamenti di immagine, di scelte creative, di relazioni intime e collaborazioni professionali. Fino al 1982, anno della sua prematura scomparsa.
L’intervista, che circola col titolo di Programa Ensaio, venne registrata dall’emittente brasiliana TV Cultura e riscoperta solo molti anni dopo la morte di Elis, grazie all’impegno dei suoi figli. Il contenuto originale della registrazione integrale è quasi sicuramente andato perduto, a favore di un taglio registico attraverso cui la figura di Elis potesse venir fuori sotto una nuova luce, nel momento più fulgido del suo percorso professionale.
Noi abbiamo deciso di tradurre quel testo e di farvelo ascoltare.
Il primo studio di Aguas è un tributo pieno d’amore all’arte di Elis Regina, nato in una sera d’inverno dall’incontro di due artisti legati fortemente dalla passione per la cultura musicale del Brasile. Aguas è soprattutto un emozionante esperimento di teatro-canzone che apre per la prima volta al pubblico italiano la possibilità di conoscere i contenuti di quello straordinario documento biografico che fu l’Ensaio.

4 – 8 luglio ore 21.00

TIGERMAN
Episodio I: Fine di un killer
Episodio II: Sette puttane
drammaturgia e regia Alessandro Veronese
con Cinzia Brugnola, Francesca Cassottana, Federica Di Cesare, Federica Gelosa, Elisa Giorgio, Federica Iacobelli, Alessandro Veronese
aiuto regia Francesca Gaiazzi
video Ivan Filannino
elaborazione grafica Rotondo Design
produzione Fenice dei Rifiuti

Ci sono luoghi dove il bisogno di violenza è molto più forte della volontà
Ci sono ore in cui il bisogno di violenza è molto più in alto della volontà
Ivano Fossati, Bella speranza

Il nuovo spettacolo di Fenice dei Rifiuti affonda gli artigli dentro la radice più oscura dell’animo umano, quel luogo nascosto dentro cui è rinchiuso il seme della violenza e della distruzione.
Una storia amara e dark, divertente e cupa allo stesso tempo, che racconta la vicenda di un killer, arrivato al suo ultimo omicidio.
Un viaggio a ritroso fino all’adolescenza, dove tutto è iniziato: la scoperta di sé, l’annullamento di sé, la perdita dei valori e dell’identità, scomparsi insieme all’infanzia, il tentativo fallito di creare una nuova personalità. Fino al primo omicidio, l’imbocco di una strada senza ritorno.

Episodio 1: So esattamente qual è stato il momento in cui è iniziato tutto. Il giorno, l’ora e il secondo in cui ho iniziato a uccidere.
Nelle stanze della mia mente c’era un bambino che gridava e la sigla di un cartone animato che raccontava i combattimenti di un uomo che indossava una maschera da tigre.
Quella sigla è stata il jingle dei miei giorni. Un ritornello che è diventato un’ossessione e che ho iniziato ad usare per non sentire più nessun’altra voce. Quel bambino non mi ha fermato. Ho imparato ad uccidere tutti, con sempre maggiore precisione e cura del dettaglio. Ho imparato le tecniche per farlo senza sofferenza e quelle per procurare dolori infiniti. Ho viaggiato fuori e dentro di me, stando sempre attento a lasciare qualche traccia omicida del mio passaggio.
Fino ad oggi.
Fino al mio ultimo omicidio.

Episodio 2: Ne ho salvate sette e le ho chiuse in un bordello.
C’è Valeria, la matta, che non smette di coprirsi per paura di congelare.
C’è Valentina, la complice, che si è tolta gli occhi per smettere di vedere.
C’è Federica, la ribelle, che non ha ancora smesso di sanguinare.
C’è Elisa, la pianista, affogata nel mare con le dita fratturate.
C’è Francesca, la bambina, a cui ho insegnato l’arte dell’omicidio.
C’è Cinzia, la madre, che le ha conosciute tutte e le ha portate sulla sua schiena.
E poi ce n’è un’altra, che deve ancora arrivare.

9 luglio ore 21.00

OLTRE I CONFINI DELL’EBRO
drammaturgia Alberto Canevali, Sarah Rezakhan
regia Manuel Renga
Youmani Onlus

Due artisti di varietà in un’epoca buia.
Due portatori sani di arte e divertimento vagano per le strade della guerra. Un giorno si imbattono nelle milizie franchiste, inconsapevoli di aver passato il confine dell’Ebro, nato da poco. Sono costretti ad asservirsi al potere militare, sono costretti a fare uno spettacolo davanti ad un pubblico decisamente strano.

Fra numeri comici, operetta, canzoni e balli, ci si troverà di fronte ad una questione importante: l’arte può salvare la vita e l’anima di una persona?

Note di Regia
Questo testo è un grande tributo all’arte, al teatro, alla danza e al canto. Un inno alla vita e alla memoria. Un testo che attraverso l’arte parla dell’intimità dell’esser umano, della scelta tra vita e morte, della scelta di non asservirsi al potere, situazione quanto mai attuale oggi.
Due attori sul palco rivivranno in un continuo salto temporale le vicende di una serata in cui si decide la loro vita, le vicende tragicomiche che porteranno ad un estremo sacrificio. I toni sono decisamente scanzonati, viene fuori tutto il repertorio artistico degli anni ‘30-‘40: un misto fra operetta, arie popolari, danze e numeri di rivista che faranno ridere fino alle lacrime. Risate che si instaurano sullo sfondo di un paese distrutto dalla guerra, come a dire che l’arte, con la sua potenza può nascere ovunque, anche fra le macerie, e forse proprio lì è più necessaria. La scena utilizza elementi semplici e popolari: i panni stesi, la terra, le sedie, il legno. Elementi che appartengono a un’epoca in cui l’arte era, per forza di cose, povera, ma che apriva scorci di immaginazione importanti.

BANCO DI PROVA

10 luglio ore 19.30

DEPERSONALIZZAZIONE e di come l’amore possa ristabilire la realtà
di Michela Giudici
con Eliana Bertazzoni, Antonio Giovinetto, Alessandro Prioletti
regia Laura Tanzi

Università, terzo anno di medicina. Deve iniziare il tirocinio e improvvisamente dimentica chi è, il suo nome, il suo passato, la sua identità. Cerca sé stesso oltre un muro fuori dall’aula, ma vede solo bolle di sapone e figure indefinite.
Quel giorno nasce il suo Gemello. Racchiuso nella sua testa, gli pone domande impossibili, assurde. Perché siamo rosa, perché abbiamo cinque dita ma una sola bocca, come facciamo a riconoscere gli individui che ci circondano, perché vediamo in prima persona. E dal quel giorno Lui non riesce più a vivere. Un continuo scontro mentale tra dei moderni Dr. Jekyll e Mr. Hyde. Sarà così per i successivi tre anni, quando Lei rientra nella sua vita e decide che non vuole più andarsene.

10 luglio ore 21.30

3SOME
di Tommaso Fermariello
con Gianluca Bozzale, Tommaso Fermariello, Sofia Pauly
regia Martina Testa
sound design Giovanni Frison

Lo spettacolo racconta la storia d’amore di due ragazzi: Diego, youtuber di successo, e Pier, ansioso commesso di una libreria.
Quando a Diego viene diagnosticato un cancro le loro vicende prendono una piega grottesca e tragicomica. Diego infatti decide di non curarsi secondo la medicina tradizionale ma, dopo svariate ricerche su internet, sogna di andare in Russia in una costosissima clinica, la Clinica della Nuova Medicina Europea, dove promettono miracolose guarigioni.
Nel frattempo si è unita a loro una ragazza, misteriosa, attraente e svampita, che viene a vivere con loro e diventa parte integrante della coppia.
Così i tre, dopo aver raccolto i soldi necessari per il viaggio grazie a un video diventato virale, partono per la Russia. Ma sarà proprio lì, messi di fronte alla paura della morte, che i personaggi si rivolteranno l’uno contro l’altro.

Note di regia
Quando lessi per la prima volta 3SOME, a colpirmi maggiormente fu l’idea di dare un corpo alla Malattia. Darle un corpo significa smitizzarla, renderla più umana e perciò più leggibile, più vicina a noi. La Malattia spaventa perché è astratta, immateriale. Ma cosa succede quando essa si manifesta concretamente nella vita di una persona? Quando questa persona si sveglia e se la trova davanti e ci può parlare, litigare, sfogarsi? Al centro del nostro lavoro è stato lo svilupparsi delle relazioni che nascono o si modificano sotto l’influenza della Malattia. Perché quest’ultima tocca non solo i malati ma anche chi sta loro intorno, chi li ama. Così tra Diego, Pier e la Malattia nasce un triangolo relazionale, a volte d’amore, a volte di crisi. Cosa succede all’amore quando incontra la malattia, di questo vogliamo parlare. Della malattia che, come la morte, non lascia scampo, ma che a differenza di essa non è mai nobile né gloriosa. È sporca, porta con sé odori di medicine e ospedali, imbruttisce i corpi, allontana chi amiamo. Una quotidianità spezzata eppure impossibile da rovesciare.

11 luglio ore 19.30

UTERI’N’ARIA. Itinerario di sola andata
di e con Antonella Voltan
regia Paolo Panizza
disegno luci Federica Piergiacomi
video Edmondo Annoni

Tre donne, tre percorsi di vita, identificati metaforicamente come tre fasi distinte del parto.

Storie vere, accomunate da una scintilla che improvvisa scompone il tracciato, quell’istante preciso a partire dal quale niente sarà più come prima.
Ognuna di loro ci invita ad assistere a quell’atto di fecondazione del proprio sentire che le trasformerà intimamente e per sempre.
È un viaggio di sola andata, sottolinea il titolo, come il parto: dal momento del concepimento l’embrione intraprende uno sviluppo progressivo verso un’unica direzione, l’uscita dal bozzolo, con cui dare inizio ad una nuova esistenza.
“L’inizio del viaggio (fase prodromica)”, “Nuova meta (fase dilatante)”, “Direzione Ri-Nascita (fase espulsiva) “rendono la maternità spunto per un’indagine più profonda dell’essere umano posto di fronte ad un bivio ed all’urgenza di scegliere: scegliere di non soccombere alla paura, scegliere di aprirsi ad una nuova prospettiva di vita, scegliere di riconoscere un figlio con necessità di costante supporto – terreno fertile per il radicamento di un rapporto fusionale – come altro da sé. Ognuna delle tre protagoniste sarà costretta ad uscire dal bozzolo che le si è stretto intorno, dal proprio” utero in aria” (in aria per quel momento di sospensione in cui ciascuna si trova prima dell’illuminazione che la condurrà altrove) per farsi nuova sostanza.

Un’unica interprete dà voce alle tre storie a sottolineare l’universalità del tema che le sottende: la vita dentro – nello sguardo con cui guardiamo dentro e fuori di noi – ci riporta alla sacralità della vita nella sua accezione più ampia. Al valore della dignità. Alla gioia di esistere

11 luglio ore 21.30

TRITTICO CONTEMPORANEO
di Flavia Todisco
regia Ettore Distasio

Trittico Contemporaneo è un affresco tripartito della società odierna, nel quale tre soggetti – Lui (un marito pluriomicida), Lei (una moglie trucidata insieme ai figli), Noi, la gente (un coro di persone comuni) – commentano un terribile dramma familiare: un uomo ha barbaramente ucciso la moglie e i tre figli, poi è andato a giocare a bowling con gli amici.

Sulla scena, mentre il coro dà voce al processo mediatico e popolare, in corso nell’opinione pubblica, sciorinando giudizi crudeli e stereotipati, Lui e Lei, marito e moglie un tempo, in uno spazio sospeso tra passato e presente, ricostruiscono, ciascuno dal proprio punto di vista, la loro storia d’amore e il suo tragico epilogo.
Il trittico dei personaggi dà così vita a una cruda rappresentazione, nella quale ognuno è chiuso in sé stesso, nella propria verità e non comunica né si confronta con gli altri.
Sull’intera vicenda grava inoltre come un’ombra inquietante l’assenza dei figli.
La violenza sulle donne non sembra avere soluzione: è un dato di fatto, accade e non si può o non si sa evitare. E forse ne siamo tutti, almeno in parte, responsabili.

Note di regia
Uno spazio vuoto a rappresentare la vacuità di una società che ha imparato a spettacolarizzare la violenza e ha disimparato, forse volontariamente, a prevenirla. Gente che si indigna, inveisce, condanna.
Una donna che non è più, che un tempo è stata innamorata, poi ha subito e tollerato. Un uomo che non è mai stato capace di manifestare amore, perché non ne conosce il significato. Figli, solo bambini, rimasti disegni sbiaditi.

12 luglio ore 21.00

A. WILSON
di Daria Morelli
con Daria Morelli, Barbara Sirotti, Lorenzo Castelluccio
regia Lorenzo Castelluccio
pianoforte Carlo Zerri
scene e costumi Pierre Lacroix

Il testo narra la storia di una pazzia che incomincia quando Alma Wilson, bambina, riceve un regalo dal padre. Cosa c’è di più bello di un regalo fatto da un genitore a un figlio? Peccato che non era il regalo che lei avrebbe voluto. Quel dono le segnerà la vita, incanalandola lentamente in una strada senza ritorno, fatta di solitudine, successi, visioni, viaggi incompiuti, luce crepuscolare, ricordi, sofferenze, personaggi immaginari creati dalla sua fantasia, come se, davanti ad uno specchio, scoprisse un’Alma diversa, quella che avrebbe voluto essere ma non è mai stata, per “correre, correre… volare via”.
Alma, che quel regalo ha trasformato in scrittrice famosa, ha una sorella, Alba, donna estroversa e piena di vita che preferisce l’azione alla meditazione e al silenzio. Le due A., diverse tra loro ma unite dalla fratellanza, sono come due facce della stessa medaglia: luce e ombra, giorno e notte, gioia e tristezza, finzione e realtà.
Tutto comincia in un giornata di sole (come sempre) sulle colline di Los Angeles, nella veranda di un’isolata villa con piscina, per poi finire in un posto tutt’altro che luminoso e sereno. O forse è il contrario…
Le due A. parlano, ricordano, si stuzzicano, si lasciano, si riprendono, ballano, bevono, ridono, piangono, sotto lo sguardo dell’uomo della piscina, entità reale e astratta allo stesso tempo, simbolo di altre presenze/assenze maschili.
Poi, improvvisamente, una telefonata, un viaggio, un altro tassello di follia che Alma aggiunge alla sua vita.
E allora il pubblico non potrà fare a meno di chiedersi se tutto quello cui ha assistito, illuminato da una luce che a seconda delle situazioni evidenzierà o nasconderà i lati oscuri della mente, scavando nei suoi abissi e portandoli alla superficie o reprimendoli del tutto, sia accaduto veramente o se invece sia il risultato di una mente malata che non sa più distinguere il confine tra realtà e fantasia. Oppure si chiederà se le maschere della verità e della finzione rappresentino la normale condizione dell’essere umano che, per adattarsi meglio alle situazioni e ai rapporti, toglie e rimette durante tutta la sua vita, con scaltra e patetica maestria. E forse arriverà alla conclusione che ci è impossibile conoscere gli altri per quello che realmente sono, perché nessuno di noi si presenta agli altri per quello che realmente è.
Una commedia/tragedia dai risvolti oscuri come la notte e luminosi come il giorno, o magari il contrario, perché nulla è mai come sembra.

13 luglio ore 21.00

FIRED – Tutto va come non deve andare
drammaturgia e regia Arturo Di Tullio
con Erika Aprile, Daniela Bellante, Margarete von Braitenberg, Cristiana Buonamano, Saul Cenci, Carmine Lemmo, Stefania Matrolia, Elvira Parisella, Giovanni Pavan, Giuseppe Redondi

Un gruppo di top manager che ha perso il lavoro si ritrova ad affrontare le proprie paure, i propri conflitti, i propri sogni e le proprie frustrazioni in una “clinica” specializzata proprio in questo: ridare fiducia, grinta e voglia di lottare a chi, per la crisi in atto, si ritrova a non avere più nulla, con lo scopo di riuscire a trovare una nuova collocazione lavorativa. Gli ex manager sono guidati da due improbabili trainers, una rampante donna manager e suo fratello gemello, che fanno leva sulla psicanalisi, attraverso esercitazioni (ora fisiche, ora psicologiche) esilaranti e grottesche. Questo destrutturato gruppo ci farà ridere e riflettere sulla nostra malata società alienata e totalmente guidata dalle apparenze.

Note di regia
Il lavoro ha come obbiettivo una profonda riflessione sul mondo della produttività ponendo l’accento sulla completa mancanza di empatia tra lavoratori e datori di lavoro. Mi piaceva l’idea di lasciare spazio oltre ai dialoghi, a volte talmente pregni di insoddisfazione e frustrazione da diventare grottescamente ironici, anche ai liberi e più insensati pensieri che l’essere possa elucubrare quando si trova in una condizione di disagio sociale. Questo spettacolo è un drammatico urlo soffocato in una bocca serrata.

14 luglio ore 21.00

CIÒ CHE RIMANE.
Piccole storie della Grande Guerra
di Chiara Bertazzoni, Manuela Galizia, Duilio Papi, Carlo Varano
con Giacomo Arcuri, Valentina Accorroni, Cristina Caridi, Nicoletta Ceaglio, Roberto De Marchi, Gabriele Masiero, Sara Anna Merli, Fulvio Moro, Liliana Polloni, Lorella Sala, Sandra Tognarini, Anna Villari
regia Chiara Bertazzoni
Youmani ONLUS

La Prima Guerra Mondiale compie 100 anni. Cosa resta dopo un secolo? E come questo evento ha influenzato la storia futura? Riflessioni, scene di vita, piccoli eroi e grandi avvenimenti in uno spettacolo dalle molteplici voci e dalle tante sfumature.

Note di regia
Quando siamo partiti con la scrittura di questo testo pensavamo di realizzare alcune brevi storie (corti teatrali) da mostrare al pubblico una accanto all’altra, per creare un quadro dalle diverse sfumature, ma più i drammaturghi lavoravano, più si sentiva l’esigenza di un filo conduttore, la cui individuazione è stata quasi naturale: ciò che rimane. La Prima Guerra mondiale sembra infatti molto lontana, ma sono passati solo 100 anni. Certo in questo secolo il mondo è completamente cambiato, ma portiamo con noi ancora molto di quegli anni, anche se spesso non lo sappiamo. E così sono nati una cornice, una ambientazione comune, un personaggio che abita in una soffitta e che, in qualche modo, custodisce i ricordi.
Le storie sono diverse, i colori hanno molte sfumature e ogni sguardo ha una sua prospettiva laterale, ma il sapore, l’emozione, l’atmosfera sono comuni.
Sono quelli di chi il passato lo ha trovato in cantina, di chi ha scoperto una vecchia foto, di chi ha studiato con passione il periodo e di chi, con umiltà, ha provato a imbastire una piccola storia.
Perché spesso, quando si aprono i vecchi scatoloni, quando si spolverano i mobili antichi della soffitta, quando si ascoltano le storie degli anziani, quando si guarda con occhi diversi qualcosa che è sempre stato lì, allora comincia l’avventura del raccontare.
Così tanti autori, alcuni registi e un “maestro di cerimonie” hanno creato la struttura di questo spettacolo, in cui si muovono gli attori che danno voce e corpo ai ricordi custoditi in soffitta.
L’idea di base è che il lavoro sia unico, ma modulare: ogni piccola storia potrebbe essere vista da sola, ma inserita in un quadro più grande diventa parte di un tessuto che la sostiene e le dà vita.

15 luglio ore 21.00

UN COTTAGE TUTTO PER SÈ
di e con Natalia Magni
regia Sonia Barbadoro
produzione Magnitudo Nove

Spettacolo finalista al Premio Laura Casadonte 2016

Una madre ossessiva, un’amica preoccupata, un sogno da realizzare. Sono gli elementi che trainano la vita di Orsetta, una quasi quarantenne in cerca di stabilità attraverso incontri mancati, regali inaspettati e nuove partenze. Una commedia leggera di piccoli inciampi e grandi passaggi, alla ricerca del solo luogo dove sentirsi veramente a casa.

Orsetta è nell’infelice età tra i poco prima dei quaranta e i quaranta già compiuti. Zitella, senza figli, ha un ex che ha coronato il loro sogno… con un’altra, una madre pronta ad aiutarla nei peggiori tra i modi possibili, una socia e migliore amica felicemente sposata da anni e di nuovo incinta, un lavoro che la mette in contatto quotidiano con l’amore e l’affettività. Una tra le tante, insomma.

Ma Orsetta non cede allo sconforto, impara dai suoi errori, si rimette in gioco, cade e si rialza, mossa dal suo sogno che a piccoli passi, magari in forma imperfetta e imprevista, potrebbe finire per realizzare.

16 luglio ore 21.00

I WON’T EAT
Fondazione Donna Milano Onlus
– progetto L’ultima Luna

di Elisa Denti, Sara Urban
con Elisa Denti
regia Elisa Denti, Pietro Traldi
in collaborazione con Sementerie Artistiche

spettacolo vincitore di UP2U (La Stampa – Teatro Stabile di Torino), 2014
“Teatro…voce della società giovanile”, 2015
“Miglior spettacolo”, “Miglior testo” e “Premio speciale di Gaiaitalia” (NoPS    festival), 2016
“Miglior Regia” (Festival MonoDrama), 2016

I won’t eat nasce per Elisa Denti, attrice e qui autrice, come una riflessione personale e disincantata sull’anoressia. Nasce dall’esigenza di parlare di un problema diffusissimo e radicato soprattutto entro l’universo femminile e dal desiderio di affrontare un argomento tanto delicato quanto spietato mediante un linguaggio teatrale diretto e lieve.

L’origine del lavoro si lega alla lettura di Briciole. Storia di un’anoressia di Alessandra Arachi, che viene citata e omaggiata come fonte nella prima versione del lavoro, che si concretizza in un breve monologo, un corto teatrale.
Sin dal corto teatrale ad essere evidenziata è la difficoltà insita nel rapporto con il cibo che vive la protagonista: il cibo è vita e privarsene è un gesto che allontana da essa.
La voce monologante è una lei che non ha nome, né età precisa, una ragazza come tante: un po’ sovrappeso, che si sente inadeguata, che “non è abbastanza”. Una giovane donna – forse adolescente, forse poco più matura – che ha bisogno di trovare il proprio posto nel mondo.

La sua caduta dentro il lucido incubo dell’anoressia mentale è scandita da piccoli eventi, talvolta casualità, che divengono appuntamenti quotidiani e che l’attrice percorre con ironia e concretezza: l’eccesso di attività fisica, il rito del vomito, la fuga dalla socialità dei pasti, il mutamento nell’abbigliamento. Gesti che divengono – assai rapidamente – fuga e rifiuto della vita stessa.

L’anoressia arriva improvvisa e risucchia tutto: il corpo, la mente, i rapporti umani, le emozioni. È uno schiaffo veloce, rumoroso, secco. Il dolore e la riflessione arrivano solo dopo, soltanto se e quando si riuscirà ancora a mangiare e godere di nuovo della vita.

17 luglio ore 21.00

SHAKE YOUR SPEARE
liberamente tratto da La bisbetica domata, Sogno di una notte di mezza estate e Riccardo III di William Shakespeare
drammaturgia e regia Delia Rimoldi
con Claudio Gaj, Delia Rimoldi
percorso musicale a cura di Davide Benecchi
produzione Compagnia Spazio DiLà

Alcuni dei capolavori del Teatro Buffo di Shakespeare rivivono grazie a tre attori improbabili ma pieni di vezzi, che, proprio come la compagnia di Peter Quince in Sogno di una Notte di Mezza Estate, devono partecipare ad una competizione, per riuscire a mettere un pezzo di pane nello stomaco. Da queste premesse può succedere di tutto, perfino che, per mancanza di materia prima, l’attore che interpreta Petruccio si trovi a dover essere anche Bianca, o che Caterina “scopra” il metodo Stanislawsky. Le musiche sono eseguite dal vivo dalla chitarra di Davide Benecchi e dalle voci degli attori. L’intero spettacolo è un inno alla leggerezza, alla vitalità, poetica e commovente, dello Shakespeare commediografo.

Note di regia
La difficoltà di affrontare testi come quelli shakespeariani è spesso l’aura di sacralità che si percepisce nel sentire comune di registi, attori e studenti. L’adattamento del testo che proponiamo prova a scardinare questa distanza tra l’autore, gli attori che provano un timore reverenziale quando devono interpretare Shakespeare e il pubblico, forse poco abituato ad un tipo di messa in scena tipicamente anglosassone ma che trova le sue radici nella commedia dell’arte e che quindi ci appartiene per gusto e tradizione. La nostra scelta è quella di rispettare la dimensione metateatrale, che è poi quella proposta dall’autore nella sua prima versione originale. Il lavoro sul testo così come anche quello di regia quindi sono volti a rispettare questa direzione con incursioni in altri testi dello stesso autore e cercando una messa in scena atemporale nella quale anche le musiche (eseguite dal vivo) non sono state scelte per una coerenza cronologia ma piuttosto per suggerire atmosfere o per accompagnare il racconto.

18 luglio ore 21.00

PERCHÉ SHAKESPEARE AIUTA A VIVERE MEGLIO

di Fabio Banfo,
con Fabio Banfo, Serena Piazza
produzione Effetto Morgana

Shakespeare non solo ci aveva capiti tutti, ma aveva capito tutto! I suoi testi sono la più fedele e profonda rappresentazione di tutto ciò che è l’Essere Umano. Il Male ed il Bene, le passioni, i sentimenti, le contraddizioni e gli eroismi dei viventi sono plasticamente evidenziati con una precisione e perfezione che lasciano quasi sgomenti. Le sue parole ci aiutano a capirci meglio, a conoscerci, a sapere cosa siamo e cosa potremmo essere e cosa non dovremmo mai diventare.
Un viaggio letterario e filosofico nel mondo di uno dei più grandi drammaturghi di tutti i tempi, attraverso citazioni, letture, frammenti di scene, per guardare meglio e più a fondo dentro noi stessi e per conoscere uno degli artisti più celebri e misteriosi di tutta la storia umana.

INFO:
www.teatrolibero.it