Foto: Paolo Rossi durante i Mondiali di Calcio 1982 in Spagna
Foto: Paolo Rossi durante i Mondiali di Calcio 1982 in Spagna
Foto: Paolo Rossi durante i Mondiali di Calcio 1982 in Spagna

Si è spento per una grave malattia a soli 64 anni, presso l’ospedale Le Scotte di Siena, il “Pablito” del calcio che aveva portato l’Italia a vincere i Campionati Mondiali del 1982

Paolo Rossi si è distinto nel mondo del pallone pur avendo un fisico gracile e ginocchia “di burro”, tanto da doversi ritirare dall’attività agonistica a soli 31 anni, proprio a causa dell’ennesimo infortunio.

Eppure col le sue doti di velocista e di “rapinatore” d’area, oltre ad attitudine e duro allenamento, era riuscito a mettersi in mostra a suon di gol già ai tempi del Lanerossi Vicenza, una squadra di provincia neopromossa che anche grazie a lui riuscì a sfiorare lo scudetto al suo primo anno di Serie A, nel 1977-78, arrivando seconda dietro la sola Juventus. Militando poi nella stessa squadra torinese ha contribuito alla vittoria di 2 Scudetti, una Coppa Italia, una Coppa delle Coppe, una Coppa dei Campioni e una Supercoppa Europea. Il noto giornalista Giorgio Tosatti lo definì «un impasto di Nureyev e Manolete» (fonte: “Ilfattoquotidiano.it”), in quanto giocatore «con la grazia del ballerino e la spietata freddezza del torero». Non a caso Rossi nel 2011 partecipò al famoso show serale “Ballando con le stelle”, condotto da Milly Carlucci.

Comunque Paolo Rossi si è consacrato ed è divenuto Pablito solo ai campionati mondiali in Spagna del 1982, vincendo nello stesso anno Mondiale, classifica di capocannoniere e “Pallone d’oro”: indimenticabili, per chi le ha vissute, le immagini di esultanza dell’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, a fianco del Re Juan Carlos, nella tribuna dello stadio di Madrid. O gli appassionati festeggiamenti per le strade, quando tutto un paese scese in piazza.

Fuori dal campo “era sempre gentile ed educato”, racconta di lui il calciatore brasiliano Junior ai microfoni di Tv Globo. Era rispettato e benvoluto un po’ da tutti, anche dagli avversari, con il suo sorriso e la sua semplicità. “Un amico e un icona del nostro calcio” – ha ribadito il Presidente della Figc Gravina (fonte: “Gazzetta.it”). E non meno importante è stato anche l’impegno sociale di Paolo, tra l’altro lo ricordiamo testimonial italiano della Fao nel 2009, per la lotta contro la fame nel mondo.

Ma, al di là di tutto, non possiamo comunque dimenticare la macchia ancora oggi non del tutto approfondita per il coinvolgimento nel “calcioscommesse”, che gli è costato 2 anni di squalifica dall’attività professionistica. Una debolezza forse dovuta all’ingenuo, brevissimo incontro di un giovane con le persone sbagliate nel momento sbagliato. Tanto che, scontati i due anni, raccontò: “Due anni di silenzio mi hanno maturato. Proprio in questo momento mi dico: non c’è solo il calcio” (fonte: “Dagospia.com”). Una debolezza, la sua di allora, del tutto umana, e che proprio per questo ci avvicina ancora di più a lui e ce lo rende ancor più simpatico, se possibile. Perché «Paolo Rossi era un ragazzo come noi» per dirla come cantava Antonello Venditti in una sua famosa canzone.