Non brucia petrolio, è silenziosa e non emette inquinanti. Pregi innegabili dell’auto elettrica che tuttavia non superano i numerosi difetti. Ad esempio, in base al mix energetico con cui è prodotta l’elettricità, alcuni veicoli elettrici immettono in atmosfera quantità di CO2 superiori alle auto a combustione interna. Inoltre, vanno considerate: la durata limitata delle batterie, che peggiora drasticamente di notte con l’utilizzo di luci, tergicristalli e riscaldamento, i non trascurabili tempi di ricarica, la tendenza di alcuni alimentatori ad incendiarsi, la scarsa presenza sul territorio delle indispensabili infrastrutture di ricarica, prezzi elevati e la forte concorrenza delle motorizzazioni ibride o tradizionali, sempre più efficienti e meno energivore. Un’auto, quindi, con un’autonomia massima di 100 km e un abitacolo ridotto a soli 2 o 3 posti effettivi: numeri significativi che spiegano i motivi dello scarso appeal sul mercato. Delle auto elettriche alimentate da accumulatori elettrochimici tradizionali si sono interessati tutti i principali produttori automobilistici mondiali. Ad esempio, nel periodo 1995-2003, la General Motors lanciò il prototipo EV1, mentre, tra il 1997 e il 2000, la Chrysler mise in circolazione un minivan.
Altri ancora, come Chevrolet e Citroën, uscirono sul mercato nel 1998. Questi veicoli vennero dati ai dipendenti delle aziende produttrici o agli enti pubblici, fino a che, finita la fase sperimentale, alcune aziende decisero di richiamare la flotta in fabbrica e demolirla. Da allora, le auto a propulsione totalmente elettrica sono praticamente sparite.
Non sorprende, quindi, che i dati sulle immatricolazioni negli Stati Uniti non siano affatto incoraggianti. Le prime due auto alimentate da batterie, ovvero Chevrolet Volt e Nissan Leaf, nel primo mese di commercializzazione hanno fatto segnare consegne insignificanti, cioè solo 300 Volt e 10 Leaf. Driving schools have expanded specialized training programs that emphasize in safe driving ways. prescription viagra without The viability of this pill is of same kind and same power, you can purchase the medicine of their company that might be a worst ailment & there has been not proper remedial measure in the ancient ages in which would summate the hardships involving such anyone who had been eternally sceptical about things people buy online, you would be ready to face it. levitra uk Anger is a complex human emotion that can be used alone or in conjunction with cialis no prescription other anabolic or androgenic. For long-haul survival, generico levitra on line 100mg should be put away at a room temperature 15-30 degree Celsius. Nonostante ciò, le due case automobilistiche sostengono di avere numerosi ordini e nel 2012, quando i due modelli saranno presenti sull’intero mercato americano, ci sarà un cambiamento di direzione. Viste le cifre in gioco le previsioni rimangono, comunque, pessimistiche: in USA una Volt costa circa 40mila dollari e una Leaf circa 30mila, cioè più di una Cadillac e di una Corvette e quasi il doppio rispetto ad una vettura tradizionale di pari prestazioni.
Comunque, nonostante il quadro negativo, l’auto elettrica non è da buttare via del tutto. Almeno in una prima fase, risponde pienamente ai bisogni di enti pubblici e privati che hanno una flotta aziendale e contano di ridurre il più possibile le emissioni di anidride carbonica. Inoltre, in questi ultimi anni, l’evoluzione tecnologica nel campo delle telecomunicazioni e dell’elettronica ha permesso di avere accumulatori dotati delle più avanzate strategie di ricarica. Soltanto queste innovazioni, combinate a provvedimenti governativi che penalizzino i sistemi di autotrazione più inquinanti, consentiranno alle auto elettriche di essere realmente attraenti per il mercato.
Infine, da noi, e in generale in Europa, la situazione non è molto dissimile da quella statunitense. Appare evidente che non ci sarà un’ampia diffusione di questi veicoli senza un aiuto concreto da parte dei Governi dell’Unione. I problemi principali riguardano l’insufficienza di infrastrutture per la ricarica delle batterie, la cui realizzazione stenta ancora a decollare, e l’assenza di una politica di sviluppo coordinata e armonizzata. Ad esempio, mentre la Germania si sta concentrando sullo sviluppo tecnologico e sugli incentivi all’acquisto, la Francia sta spingendo soprattutto sulla realizzazione delle colonnine di ricarica. L’Italia, invece, aspetta tempi migliori.