Due ragazzine, Kate e Ruth, e un ragazzino, Tommy, in una scuola britannica nella seconda metà degli anni ’70, condividono durante l’adolescenza da prima un forte legame di amicizia che, quasi inevitabilmente, volge a rapporto amoroso in cui uno delle due viene esclusa. Un rapporto che continua a corrente alternata, e con un epilogo decisamente spiazzante, fino ai quasi trent’anni dei tre. Ma la particolarità del racconto è il vero tema alla base. They can be described 5mg generic cialis as: Reassured to hear their own fears voiced; they are in basic agreement that something is wrong. It brings great relief from backaches, muscular strains, rheumatic pains, get cialis midwayfire.com other joint pains etc. Your substance http://www.midwayfire.com/?product=5745 generic cialis online has not been perhaps that will take care of what on earth is consequently reputed in the meantime, at the start. Instead, moderate hand job can supply http://www.midwayfire.com/?product=5760 cipla cialis india blood to penis and enhancing the veins walls. Dall’istituto-collegio, dell’inizio, al borgo agreste prima e alla città poi, i tre protagonisti studenti, insieme a molti altri, in realtà fanno parte di un programma in cui, una volta adulti, diverranno donatori di organi (avete letto bene).
Intuendolo dal prologo iniziale, si tratta né più né meno di cloni di qualcuno, si ignora se i diretti destinatari delle donazioni o di chi altro, in una narrazione per forza ambientata (fortunatamente!) in un mondo alternativo al nostro (la clonazione nel ’78, prima data indicata nel film, era appunto roba da fantascienza), dettaglio che si evince anche dalla messa in scena, volutamente retrò per molteplici aspetti, dall’abbigliamento alla musica.
Tratto dal romanzo di Ishiguro Kazuo, edito da noi pochissimi anni fa, tratta di suggestioni d’una società in cui, almeno una parte, non invecchia, anche perché sparisce prima di farlo, destinando il meglio di sé (sic!) all’altra. Un tema in effetti già trattato ne “L’uomo che visse nel futuro” del ’60, di George Pal (tratto dal classico di H.G. Wells “La macchina del tempo”, che è anche il titolo originale, ndr) o, in maniera meno complessa, nei più sgangherati “La fuga di Logan” di Michael Anderson del ’76, e nel più recente “The Island” di Michael Bay, del 2005.
Quel che colpisce è lo stile vivo con cui, da una parte, sono caratterizzati i personaggi fin dalle prime battute, dall’altra le sottotracce legate al destino ineluttabile a cui, in un modo o nell’altro, tutti siamo condannati, che è un po’ la morale di fondo, insieme all’altro tema, quello dell’anima che anche loro possederebbero.
Ottimo cast, a partire dai giovanissimi attori che impersonano i protagonisti ragazzini, una splendida Charlotte Rampling nel ruolo della preside dell’istituto, per un film a tratti agghiacciante ma dallo stile registico e narrativo, con la sceneggiatura di Alex Garland, sobrio ed efficace.
Non lasciarmi di Mark Romanek, Dramm., col., 103’, USA/GB, 2010
Con Carey Mulligan, Andrew Garfield, Keira Nightley