Si parla tanto del potere della Rete, e della sua capacità di aggregare le persone attorno ad argomenti più o meno importanti, dalla sensibilizzazione rispetto ad alcuni significativi problemi alla lotta politica, fino a anche a tematiche dal peso specifico sicuramente minore. Volendo portare tre esempi possiamo rispettivamente citare una tematica come la sensibilizzazione rispetto al femminicidio, nel secondo caso la campagna elettorale otto e quattro anni fa di Barack Obama (in assoluto la prima di questo tipo) con un buon uso dei social media, e infine gli immancabili gattini su Facebook.
Probabilmente dopo l’exploit nostrano del Movimento 5 Stelle, il cui ideatore, Gianroberto Casaleggio, aveva anche avuto per primo la felice idea di lanciare questo movimento, poi partito, proprio a partire dal Web, qualcuno aveva pensato di creare qualcosa di analogo, soltanto per scherzo. Uno scherzo, ben realizzato e anche meglio riuscito, da Diego Bianchi, alias Zoro, insieme ad Andrea Salerno e Marco Dambrosio, alias Makkox, rispettivamente autore-conduttore, autore, e autore-disegnatore del programma televisivo “Gazebo”, in onda da lunedì a venerdì verso poco dopo le venti.
Una guasconata iniziata direttamente in onda soltanto alcuni giorni fa prendendo spunto dalla cosiddetta scissione del PD, immediatamente raccolta da quattro circoli romani della Tuscia e che in pochissimo tempo, grazie appunto ai sostenitori della Rete attraverso i suddetti social, ha dato al Movimento Arturo circoli, seppure virtuali, in tutta Italia, nella Città del Vaticano, nelle più importanti città europee, in Nord America, in Giappone fino al Kenya, per tacere di gruppi e sotto gruppi, e già ipotesi di scissione (giusto per non farsi mancare niente!), divenendo almeno a livello mediatico già il quarto partito nazionale in termini di follower, e sicuramente in procinto, e le potenzialità, di arrivare addirittura al terzo posto, e forse oltre.
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Al di là della straordinaria capacità televisiva di Zoro, di provenienza videomaker, insieme a tutta la sua truppa per un successo televisivo assolutamente meritato che ha portato in qualche anno il programma dalla fascia notturna del venerdì sera a un appuntamento quotidiano in fascia preserale (e per chi ne sa di televisione non è assolutamente una cosa da poco), e oltre al gusto ilare che tutto sommato contraddistingue positivamente il carattere nazionale, pensiamo al corollario comico del Futurismo, tutto questo deve necessariamente indurci a riflettere, e anche piuttosto seriamente.
E’ ben evidente che è molto più facile veicolare nella cosiddetta maniera virale un contenuto divertente, e i casi del passato lo dimostrano, forse prima su tutte la candidatura della marmotta Phil (avete letto bene!) alla presidenza degli Stati Uniti alcuni anni or sono, anch’essa sostenuta da comitati locali vari, quando la forza del Web non era pari all’attuale. Paradossalmente un simpatico messaggio del tutto senza impegno si avvicina abbastanza al circuito mediatico, purtroppo ben più serio, delle cosiddette bufale in Rete, anche in questo caso senza alcuna forma di partecipazione se non il retweet, o la condivisione (su Facebook), e qualcosa di analogo per altri social, e una fruizione del tutto virtuale. Altro paio di maniche nel caso di un vero movimento/partito, anche perché poi, al di là di tutto, oltre al voto (perché senza voti un partito è e resta una mera associazione privata, ndr) chi viene eletto all’interno di una qualsiasi assemblea istituzionale potrebbe essere incaricato a governare. Scusate se è poco!
L’innocuo scherzo del Movimento Arturo dovrebbe anche insegnarci che, proprio come avveniva un tempo quando le persone affermavano che qualcosa fosse reale soltanto perché lo aveva detto il giornale, poi la radio e la televisione (adesso su Web), il fatto che quel qualcosa si trovi all’interno di uno di questi media non significa necessariamente che sia vero a prescindere. Proviamo infatti a pensare alla trasmissione radiofonica “War of the Worlds” del 30 ottobre del 1938, in cui Orson Welles l’allora conduttore radiofonico (poi talentoso regista cinematografico, ndr) raccontava minuto per minuto il finto sbarco degli alieni sulla Terra a Grover Mills, nel New Jersey. Nonostante i ripetuti avvisi con cui si annunciava che si trattasse di fiction, si scatenò tra gli ascoltatori una significativa paranoia collettiva (sebbene successivamente montata dagli stessi media per motivi pubblicitari) che li portò a prendere per vero l’adattamento all’omonimo, e anche piuttosto celebre, romanzo di fantascienza di Herbert George Wells. Reale e virtuale sono quindi cose diverse, almeno per adesso, ed è qualche cosa che ognuno di noi, fruitori o meno della Rete, dovrebbe avere sempre ben presente.