Tommaso, dottore in Lettere, e non in Economia e Commercio come credono genitori, sorella e zia, e con l’ambizione di fare lo scrittore, torna nella natia Puglia non solo per annunciare che non intende occuparsi del pastificio di famiglia, come il fratello maggiore, Antonio, ma anche per dichiarare che è gay. Sventuratamente, proprio Antonio, lo batte sul tempo in quest’ultimo proposito, facendosi così cacciare, e scaricando letteralmente addosso proprio su Tommaso i vecchi e i nuovi guai derivanti la sorprendente rivelazione.
Da qui una girandola di eventi che coinvolgono la nonna, l’eccellente Ilaria Occhini (che nel lontano passato è interpretata da Carolina Crescentini, ndr), guida morale della vicenda, e tutti gli altri famigliari, e protagonisti, dalla madre-matriarca, Lunetta Savino, alla zia sciroccata ma onesta, Elena Sofia Ricci, in un intreccio narrativo più intricato di una matassa, ma che nella conclusione, grazie a una sceneggiatura davvero da manuale scritta a quattro mani dal regista con Ivan Cotroneo, ricostruisce un nuovo ordine più saldo e assai meno ipocrita del precedente.
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Il cast funziona alla perfezione in una gara di bravura, dal volutamente poco credibile Scamarcio, gay-che-non-si-vede, al misurato ma più effeminato Preziosi, a tutti gli altri, in una radiografia parallela dell’Italietta omofoba in cui stiamo vivendo, in cui le cose basta farle di nascosto ma senza doverle dire mai, come insegna tristemente la cronaca politica bipartisan di questi mesi.
A mio avviso il più riuscito dei lavori del regista turco-italiano, ancor più geniale alle prese con la tragicommedia che con le storie drammatiche.
Mine vaganti di Ferzan Ozpetek, commedia, col., 110’, I