Vita e carriera di un’icona del cinema italiano scomparsa in silenzio
Pochi tra attrici e attori son riusciti ad attraversare la storia del cinema nostrano come Laura Antonelli, mischiando con tanta facilità vari generi cinematografici in realtà non proprio così vicini tra loro.
Risparmiandovi la dettagliata filmografia di Laura, nata Antonaz, a Pola, nel ’41 e, come facilmente immaginabile, esule istriana nel Dopoguerra, la Antonelli ha lavorato in pellicole quali “Il merlo maschio” (’71) di Pasquale Festa Campanile, nel più celebre “Malizia” (film per cui si aggiudicò il Nastro d’Argento per la Migliore Attrice non protagonista e il Globo d’Oro come Miglior attrice rivelazione) con Turi Ferro, e in “Peccato veniale”, entrambi di Salvatore Samperi rispettivamente del ’73 e del ’74, in “Divina creatura” nel ’75 di Giuseppe Patroni Griffi (celebre per una sua scena di nudo integrale durata quasi sette minuti) e ne “La Venexiana” nell’85, ispirata all’omonima commedia cinquecentesca, in cui si contendeva con Monica Guerritore le grazie di Jason Connery, figlio di Sean.
Contrariamente a quanto qualcuno ha erroneamente scritto e affermato senza documentarsi, il suo contributo artistico non è stato tuttavia dato soltanto al cosiddetto filone erotico all’italiana, ma anche a commedie tout court. Si va da “Il malato immaginario” a “L’avaro”, diretti entrambi da Tonino Cervi e sempre con Alberto Sordi, rispettivamente nel ’79 e nel ’90, oltre a pellicole che possiamo considerare d’autore quali “Gli sposi dell’anno secondo” di Jean-Paul Rappeneau (’71) insieme a Jean-Paul Belmondo (quest’ultimo suo compagno dal ’72 all’80), “Trappola per un lupo” di Claude Chabrol (’72), “Mio Dio, come sono caduta in basso!” di Luigi Comencini (nel ’74, film per cui vinse il suo secondo Globo d’Oro, ndr), “L’innocente” di Luchino Visconti e “Gran bollito” di Mauro Bolognini, entrambi del ’77, “Passione d’amore” di Ettore Scola (’81, per il quale ricevette una candidatura al David di Donatello come Attrice non protagonista), “Gli indifferenti”, nell’88, di Mauro Bolognini e “Disperatamente Giulia” diretto da Enrico Maria Salerno, queste ultime due entrambe miniserie televisive rispettivamente dell’88 e dell’89.
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Un’alternanza che forse non ha contribuito alla sua stabilità personale ed emotiva, come raccontato in fatti di cronaca ampiamente riportati anche con dettagli poco edificanti. Tutto questo per un’attrice che, oltre a conoscere il proprio mestiere assai meglio di altre sue colleghe, è stata considerata un’indiscussa, a buon diritto, icona sexy per quasi due decenni, nonostante disse di se stessa: “Sono bassina, un po’ tondetta e ho le gambe piuttosto corte: chiassi perché piaccio?”. Contrariamente purtroppo a quanto è accaduto a un’altra icona sexy dello stesso periodo, quale Edwige Fenech, che si è intelligentemente riqualificata come produttrice cinematografica, o a un Tomas Milian che, alternando il cinema d’autore, per esempio con la regista Liliana Cavani, a commedie definite trash, nei panni del commissario Giraldi noto come Er Monnezza, è divenuto ugualmente un’icona (senza avere per questo un epilogo tragico!), la personale fragilità di Laura Antonelli ha contribuito a un suo inarrestabile declino.
Oltre agli appena accennati problemi personali che non intendo approfondire, scellerata fu la scelta di interpretare “Malizia 2000”, sempre diretto da Samperi nel ’91, ideale prosecuzione del film che la lanciò. Perché se è vero che gli attori sono liberi di fare quello che vogliono, è altrettanto vero che il cinema italiano, e più in generale lo showbiz, di quello come di questo periodo, si dimostrano spesso spietati quanto ottusi tritacarne funzionanti quasi solo per odiosi cliché, per cui se sei sexy a 20/30 anni dovrai innaturalmente esserlo sempre o non ti proporranno più altri ruoli (da cui, per esempio, il diffuso uso e abuso della chirurgia estetica). Salvo poi, naturalmente, nei casi di legittimo rifiuto, perché una o un cinquantenne che giocano a fare i ventenni sono patetici, biasimare gli stessi tacciandoli di snobismo intellettuale, o anche peggio. Questo naturalmente senza considerare nella maniera più assoluta che riproporre a distanza di quasi vent’anni gli stessi personaggi per giunta in situazioni analoghe (senza essere Alexandre Dumas!) non è solo stantio quanto controproducente ma anche piuttosto stupido. Tant’è che di fatto quell’inutile commediola pasticciata, in più punti involontariamente comica, ai limiti del grottesco, rappresentò il suo canto del cigno, con il definitivo abbandono del cinema a soli 50 anni.
Il biasimo nei confronti di chi l’ha osannata ma che non ha fatto assolutamente nulla per impedirne declino e tracollo, e una scomparsa in solitudine ai limiti dell’indigenza, deve cedere il passo a personaggi nobili (e ve ne sono) come per esempio l’attore Lino Banfi e il cantautore Simone Cristicchi. Il primo infatti, amico personale dell’attrice, nel 2010 chiese pubblicamente in favore di quest’ultima all’allora ministro della Cultura, Sandro Bondi, attraverso un appello pubblicato sulla pagine de Il corriere della sera, il sostegno economico previsto dalla cosiddetta Legge Bacchelli, mentre il secondo nel 2013 voleva portare al festival di San Remo il brano “Laura” a lei dedicato. Purtroppo a causa del suo stato personale, e del profondo desiderio di essere dimenticata, l’attrice rifiutò entrambe le proposte.
Un’amara conclusione che tuttavia non riuscirà a farci dimenticare la sua genuina bellezza, sullo schermo come nella vita.