Quello di Agota Kristof è un mondo fatto di chiaroscuri della memoria, dove il presente si confonde con il passato o, meglio, s’identifica in esso dando origine a una linea di continuità per cui il ricordo può divenire anche azione. Tratto dal romanzo Ieri dell’autrice ungherese, L’Insonne, andato in scena nella sala del Teatro dell’Arte dall’11 al 23 febbraio scorsi, è il risultato di un laboratorio di ricerca drammaturgica che Lab 121, con la direzione di Claudio Autelli e l’adattamento drammaturgico di Raffaele Rezzonico e lo stesso regista, ha condotto in residenza presso il nuovo CRT Milano. Protagonista è Sandor, un uomo che oscilla tra una riconciliazione con il proprio trascorso di transfuga e l’affermazione di una nuova vita che ritrova gesti e affetti rinchiusi negli anfratti della memoria. La fuga dall’est, il cambio del proprio nome, il tracciato di alcuni episodi giocosi e di convivialità dell’infanzia unitamente ad altri violenti, sono il bagaglio che l’uomo si porta con sé quando ritrova Line, l’amante sorella, sua amica d’infanzia. La incontra per caso, sull’autobus. La rivede dopo il processo a Ivan, un connazionale che ha aggredito una guardia durante una rapina per cibo, e il suicidio di Vera, una ragazza appena diciottenne, assunta in un bistrot frequentato da Sandor dopo il lavoro in fabbrica: la prima suicida del suo paese, a cui ne seguono altri, al punto da far diventare il funerale un intrattenimento per stranieri, anche perché lì, dove vive, uno rimane straniero anche dopo dieci anni di permanenza. Line non sa che lei e Sandor, che conosceva come Tobias, sono figli dello stesso padre, un insegnante che si è sempre disinteressato del figlio illegittimo e che per questo è stato dal medesimo aggredito per ritorsione insieme alla madre, e vive il loro incontro in Occidente e la loro conseguente unione come un rifugio poetico, nei confronti di un marito superficiale e assente. Sandor e Line lavorano nella stessa fabbrica di orologi, in due reparti vicini, ma lui vuole diventare uno scrittore famoso. O forse, semplicemente, uno scrittore che riesce a catturare l’amore di Line, che progetta invece di tornare nella madrepatria con il marito e la figlia.
La costruzione scenica dello spettacolo si avvale di una contaminazione garbata di linguaggi, che interagiscono nella cornice di un climax studiato opportunamente per creare una sfera di atemporalità, e suggerisce efficacemente il plot narrativo dell’autrice. Come in un film di Tarkovskij tutto appare senza limiti cronotopi, il vissuto più recondito riappare nella dimensione vivida di un quotidiano divenire, che risuona quale urlo di speranza di un sentimento mai appagato. Luci, suoni , la stessa voce fuori campo di Paola Tintinelli accompagnano l’interpretazione di Alice Conti e Francesco Villano negli anfratti di un’anamnesi dove ad essere sconfitto è l’oblio, generando un percorso onirico che coinvolge lo spettatore in quanto osservatore silenzioso di anime vaganti senza meta, ma perennemente in viaggio.
Giudizio: ***1/2
Produzione CRT Milano/Centro Ricerche Teatrali
LAB121
L’Insonne liberamente tratto da Ieri di Agota Kristof
Drammaturgia di Raffaele Rezzonico, Claudio Autelli
prima nazionale
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Regia di Claudio Autelli
Assistente alla regia: Piera Mungiguerra, Andrea Sangalli
Scene e costumi: Maria Paola Di Francesco
Luci: Simone De Angelis
Suono: Fabio Cinicola
Voce registrata: Paola Tintinelli
Milano, Triennale Teatro dell’Arte, viale Alemagna 6
Dall’11 al 23 febbraio 2014