Quattro cani parlanti e pensanti; un solo essere umano, silenzioso e inquietante. A centro palco una teca in plexiglass, in cui le luci sono quelle fredde e asettiche di un laboratorio di sperimentazione. Jacopo Gassman sceglie di inserire la sua lettura scenica di La pace perpetua – testo del madrileno Juan Mayroga, matematico, filosofo e drammaturgo – in un contesto surreale, completamente distaccato dal mondo, dove a vivere e confrontarsi (o meglio scontrarsi) sono gli aspetti più profondi della natura umana e animale che alberga in ognuno di noi, costantemente in bilico tra istinto e ragione, fragilità e vigore. Tre cani – allegoria di tipi umani ben definiti e paradigmatici – si contendono il collare bianco per entrare a far parte del commando d’élite V7, il corpo speciale antiterrorismo. Ognuno porta con sé un progetto, un passato che ne ha forgiato il carattere e ne condiziona le scelte. Odin è il cane di strada, astuto e mercenario, cinico manovratore privo di moralità. John-John è il cane “in provetta”, tutto muscoli e niente cervello, nato dall’incrocio di più razze selezionate dall’uomo per creare l’esemplare perfetto. Immanuel è il cane filosofo (“Immanuel Can” come lui stesso si definisce in una gustosa battuta) che dispensa citazioni da Kant a Hobbes, mantenendosi sempre neutrale, riflessivo e animato da valori autentici di fedeltà verso l’uomo. A dover decretare chi tra loro sarà degno di indossare il collare bianco è il vecchio Casius, autorevole e autoritario, ormai consumato dalla vita. In un dialogo trasversale che attraversa la storia della filosofia, dall’antichità ai giorni nostri, emergono tutta la complessità e i paradossi del mondo, le grandi domande e le eterne contraddizioni dell’umanità. Il teatro si fa quindi strumento di riflessione universale, spirituale, politica e morale, abbracciando i grandi temi delle opere kantiane, a partire da La Pace Perpetua che dà il titolo alla pièce. Ne emergerà che non bastano fiuto, muscoli, istinto e riflessi per incarnare il “cane perfetto”. La sua missione, infatti, non sarà solo quella di difendere la vita del padrone, ma soprattutto i suoi ideali, guidandolo nelle sue incertezze e nei suoi laceranti contraddittori interiori. Jacopo Gassman realizza una regia tecnicamente perfetta, dallo studio dei movimenti all’interno della teca sino alle accurate scelte musicali che lo porteranno a viaggiare dalla musica classica al repertorio contemporaneo, con estemporanee fughe sulle note della celebre aria della Regina della Notte dello Zauberflote. Un affascinante Enzo Curcurù interpreta con altissima intensità emotiva l’unico essere umano della pièce, portando in scena un personaggio che da subito suscita inquietudini, interrogativi e timori, per liberare infine una carica umana forzosamente trattenuta in oltre un’ora di granitico silenzio, facendo emergere tematiche quali la libertà, la morale, i valori, i rapporti tra gli uomini e ponendo interrogativi profondi che accompagneranno lo spettatore oltre la fine dello spettacolo.
È proprio Enzo a concederci un’intervista nella quale, passando dall’analisi dello spettacolo a riflessioni più ampie sul teatro, emergono interessanti aspetti della sua carriera artistica che, a soli 35 anni, lo ha portato ad essere uno dei volti più noti del teatro e della fiction televisiva italiana.
Raccontaci come è iniziata la tua carriera
“Faccio questo da quando avevo 16 anni. Dapprima ho frequentato un corso con Piero Mazzarella e recitato con la sua compagnia. In seguito ho frequentato l’accademia e, passando attraverso tanti provini, esperienze e incontri, sono arrivato fino a qui. Ma, fondamentalmente, da sempre il motore di tutto è la passione”.
Qual è stato il personaggio che, nel corso della tua carriera, ti ha fatto crescere maggiormente, segnando una tappa fondamentale nel tuo percorso artistico?
“Recentemente mi sono misurato con il Martedì al Monoprix di Emmanuel Darley, per la regia di Raffaella Morelli, portando in scena un intenso monologo che racconta la storia di una transessuale, ma soprattutto il bisogno che tutti noi abbiamo di riconoscerci, di ritrovarci nel rapporto a volte con conflittuale con la famiglia e con la società, in particolare a 35 quando ci si avvia verso la maturità, sentendo la necessità impellente di trovare noi stessi, la nostra identità più vera e profonda”.
Quali sono le scelte vincenti di questo allestimento di La Pace Perpetua?
“Jacopo Gassman ha scelto un testo magnifico, un cast strepitoso e collaboratori tecnici che hanno saputo creare una sinergia unica che, ogni sera, fa vivere sul palcoscenico un prodotto di alta qualità sotto tutti i punti di vista, dalle luci ai movimenti scenici, dalla regia all’interpretazione”.
Cosa ti sentiresti di dire a un giovane che desideri intraprendere la carriera di attore? Cosa significa fare teatro oggi?
“Fare questo mestiere significa stare sempre “in ascolto”, verificare su te stesso le sensazioni, le emozioni, le esperienze che ti capitano nella quotidianità della vita; leggere, informarsi, capire il teatro e il mondo ma soprattutto conoscere se stessi, riconoscere e sviluppare una propria cifra stilistica, per essere autentici in ciò che si fa, mettendo sempre una parte di noi nei personaggi che interpretiamo”.
Giudizio: ***
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Produzione Società per Attori
in collaborazione con Insituto Cervantes Roma
La pace perpetua di Juan Mayorga
traduzione Antonella Caron
Con Pippo Cangiano, Enzo Curcurù, Giampiero Judica, Davide Lorino e Danilo Nigrelli
Regia di Jacopo Gassmann
Movimenti: Marco Angelilli
Scene: Alessandro Chiti
Costumi: Sandra Cardini
Lightdesigner: Gianni Staropoli
Suono:David Barittoni
Milano, Teatro Elfo Puccini, Sala Fassbinder, C.so Buenos Aires 33
Dal 5 al 16 febbraio 2014
www.elfo.org