Foto: Giorgio Gallavotti
Foto: Giorgio Gallavotti
Foto: Giorgio Gallavotti © Gaia Gulizia

Giorgio Gallavotti inizia la visita guidata al suo museo raccontando che il 6 Aprile 2014, in occasione della sua ultima intervista sulla Rai, rispose a un giornalista che gli chiedeva secco cosa fosse un bottone: “Il bottone è la memoria della storia: è stato in tutti i palazzi del mondo, dove si decidevano i destini dei popoli, è stato nelle carceri dove venivano martoriati i detenuti, e da maggio/giugno di quest’anno sappiamo che è stato anche nello spazio. Quindi un bottone è in grado di raccontare la storia dell’umanità sotto tutti gli aspetti. Gli aspetti dell’umanità sono vizi e virtù”.

Il piccolo Museo del Bottone è uno scrigno di narrazioni che non lesinano forme e colori: quelle dei suoi piccoli abitanti, i bottoni che raccontano l’umanità e le sue storie attraverso la storia. Non solo la Storia maiuscola, quella degli avvenimenti sociali e politici, delle rivoluzioni e delle cadute, ma anche la storia di tutti i giorni, che dipinge il microcosmo degli esseri umani che abitano il vivere quotidiano.

Il museo è diviso in tre sezioni che ripercorrono la storia del bottone attraverso quattro secoli, dal 1600 al 1900, sconfinando nel nuovo millennio. Le pareti delle due piccole stanze sono ricoperte di teche nelle quali sono racchiusi i preziosi protagonisti del museo.

Giorgio Gallavotti offre una visita guidata da lui stesso: in tre quarti d’ora circa, si viene  traghettati in un avvincente viaggio nella geografia e nella storia. Il cantastorie è lui, Giorgio, un appassionato cantore della vita, nei suoi piccoli importanti dettagli che si offrono come spicchi di specchio nei quali ritrovare, ognuno di noi, il suo riflesso nel volto dell’umanità collettiva.
L’intervista segue alla visita guidata, e la integra con spunti interessanti, da un punto di vista non solo culturale, ma anche umano.

Come e quando è nato il Museo del Bottone? Come ha fatto a recuperare tutti questi bottoni?

Io, mio padre e mia moglie abbiamo venduto bottoni per tutto il ‘900, in un’importante merceria. Mio padre negli anni ’20 ha rilevato un vecchio bazar che era chiuso da vent’anni. Dentro questo vecchio bazar, fra tante altre cose, c’era anche una parete di bottoni fine ‘800 – primi ‘900 in stile Liberty-Art Deco, che si chiamava Art Nouveau. L’Art Noveau disegnava oggetti di uso comune: molti di questi oggetti sono invenzioni e avvenimenti avvenuti nella società. Io negli anni ’80 ho iniziato a creare il Museo del Bottone, pensando al costume e alla moda, però siccome quando avevo 8 anni sentivo Radio Londra con mio padre – a casa nostra non sono mai mancati i quotidiani, settimanali, e soprattutto tanti libri di storia di personaggi che hanno fatto il mondo, che hanno cambiato il mondo e hanno lasciato un’impronta nel mondo – La nostra famiglia è stata sempre aperta al sociale, e tutte le mattine quando ti alzi, se non leggi un giornale, non senti un giornale-radio, o un telegiornale, sembra di essere fuori dal mondo. Io ho girato il mondo (come avevo detto prima), perché non abbiamo mai, io e mia moglie e i figli d’accordo, non siamo andati mai in oreficeria a comperare: la nostra oreficeria erano i biglietti aerei per girare il mondo….hai capito? Quindi ho cominciato da quella vecchia parete di mio padre a cominciare a creare il Museo del Bottone; mi sono trovato 10,15, 20 bottoni che mi facevano venire in mente gli ultimi avvenimenti della società. Ho capito una cosa: che la simbologia non è mai un caso. Quando qualcuno fa un disegno lo fa sempre in base a un qualcosa di ben preciso. Ed ecco che ho capito che si poteva raccontare la storia attraverso la simbologia del bottone. Quando ho aperto, fino al 1995, conoscevo solo il mio mondo, perché era quello del negozio. Poi, nel 1995 abbiamo creato – e di questo sono stato un fondatore – l’Associazione Collezionisti Italiani Bottoni. Avevamo la sede a Firenze, in una sede televisiva. E ci riunivamo 2-3 volte all’anno, e facevamo i cambi, come i collezionisti, oppure si comperava e via di seguito…e ho cominciato a conoscere il mondo antico, che non pensavo mai che fosse così, veramente eccezionale.

Infatti volevo proprio chiederle: che simbolo rappresenta, per lei, un bottone?

L’ho pur detto, l’ho detto prima: la memoria della storia.

… sì, infatti, l’ha detto, era proprio una domanda che mi ero preparata…

…la memoria della storia, e anche uno status symbol, diciamo così….sono più cose…e anche la seduzione (se ritorni ti racconto la storia con i bottoni in stile liberty che erano lì…e alla fine andiamo a vedere la seduzione la provocazione…attraverso il gioco del ventaglio.)

Ah sì, l’ho sentito, perché ho preso l’Audio Guida (n.b.: di )…c’è il ventaglio, con il bottone, c’è un bottone con il ventaglio. E abbiamo fatto bingo, perché in 8 anni abbiamo superato i 350.000 visitatori. Abbiamo 50 bottoni di nazioni straniere, arrivati da tutto il mondo, quando avevamo aperto ne avevamo ottomila e cinque, adesso andiamo ai 13000, (due sono arrivati anche dallo spazio), ma abbiamo anche su 196 nazioni che ci sono nel mondo, noi abbiamo … di 143 nazioni e gli Stati Uniti sono stati contati per una nazione. Abbiamo articoli sui giornali di undici lingue straniere, quindi quando viene un cinese, un russo, un turco, un….ehhhh….aspetta (un giapponese?) no, un bulgaro anche….no un giapponese non ce l’ho, ce l’ho in cinese…oppure i portoghesi, i brasiliani, leggono gli articoli sui loro giornali. Oltre alle lingue classiche: francese, inglese, spagnolo, e via dicendo.

E lei ai visitatori che vengono qua cosa desidera comunicare?

Bhé, io, prima di parlare, cerco di capire la personalità della persona. Poi vedo se sono disposti, se sono venuti apposta, come voi altri, a conoscere il Museo del Bottone, io racconto anche tutto. Se no si va un pochino più radi nel raccontare.

Sente che questo suo progetto sia per lei una forma di espressione, qualcosa di creativo?

Senz’altro. Questo è un Museo. Uno l’altro giorno ha scritto una dedica che è bellissima (va a cercare la dedica nel Libro degli Ospiti)…non l’ho sottolineata, ma è bellissima…adesso non la trovo, sempre così….ecco qua: “Creare vuol dire realizzare opere d’arte che nel tempo raccontano la storia. Complimenti per l’impegno e la passione”.

Creare vuol dire realizzare opere d’arte (ripete…)

Tutto quello che c’è qui dentro, al di fuori della sedia e di quel quadro là che sono stati regalati, ho creato tutto io, tutti i disegni li ho fatti io …

Quindi per lei è una forma di creatività …

It causes hair loss browse this shop cheapest brand cialis Hair loss is a genetically determined, complicated process and in no way fail to be open concerning the scenario. Infertility is caused when the person is not having an canada super viagra erection during the intercourse for such long period can also be the cause of the pain. Online drug learningworksca.org viagra sale store makes men simpler towards purchasing this item as for being careful their dispensary of ED or ineptitude and even let men enlightening about the ED event and also session its prescriptions. Most of the time the reason being dull http://www.learningworksca.org/item-5061 cialis prescription sexual life, busy lifestyle.

E’ la mia espressione, il modo di comunicare con gli altri. Presentare le cose in una determinata maniera…quella serie di bottoni presentarla in quel modo, un’altra serie presentarla in un altro modo.

Quindi si può dire che la creatività sia anche la comunicazione…

E’ logico.

Lei è originario di Santarcangelo …

Ho un bottone del 1830 che si collega con la mia famiglia. Ti dò il foglio, c’è anche il bottone…perché è troppo lungo da raccontare. Tu do l’articolo che è apparso sui giornali (n.a.: va a cercarlo).

Questo è l’articolo che è apparso sul giornale, e questo è il comunicato che ho mandato al giornale, e poi dopo ha tirato fuori quell’articolo.

Quali sono i luoghi di Santarcangelo che ama di più?

Io soprattutto amo i veri Santarcangiolesi, (fin che) sono i luoghi di Santarcangelo. Per il semplice fatto che i Santarcangiolesi sono veri romagnoli, perché sono aperti, danno subito del tu a tutti….sono espansivi, ed accoglienti, molto accoglienti.

Quindi anche vivere in un posto così raccolto, piccolo, è bello…

Sì, adesso ci siamo “imbastarditi” un po’. Quando eravamo ragazzi ci trovava nel bar, giovani, vecchi e anziani, e avevamo tutti la stessa età!

Com’è l’incontro con chi viene da fuori?

Il parlare, fare entrare la gente, è una cosa bellissima. Il rapporto umano….(n.a.: si interrompe per farmi vedere un bottone)…Perché la vita è il rapporto fra persone, non il rapporto fra cose e persone.

Una domanda che per me è collegata con il discorso dei rapporti….cos’è per lei la “casa”?

La casa? E’ la cosa più bella che ci sia. Il rapporto della la famiglia, e soprattutto è il rapporto fra le mamme, i babbi, i figli, i nipoti, tutto. E’ la cosa più bella che ci sia. Deve essere un luogo dove si parla di tutto: si deve tenere spenta la televisione, e si parla. Io a casa mia, aspettavamo, io e mia moglie, avevamo il negozio, arrivavamo a casa all’una, magari i ragazzi, uno arrivava all’una e mezzo, l’altro arrivava alle due dalla scuola, aspettavamo a mangiare l’ultimo. Poi si metteva la clessidra, perché ognuno deve raccontare quello che è successo in quella vita. Ancora adesso, che io ho ottant’anni, e i miei figli ne hanno cinquanta e più, però il rapporto è bellissimo, insomma.

Soprattutto adesso in questo periodo, che sono rimasto da solo, perché io sono venuto su da mia moglie, che è in clinica, e adesso quando vado a casa mi faccio da mangiare, sono da solo e sempre tutti i giorni ho contatto coi figli, gli chiedo come stanno come non stanno. Sia la figlia che la nuora, due tre volte alla settimana: “Giorgio vieni a mangiare da noi stasera”, e via di seguito…hai capito…dopo lì si parla di tutto e di più.

Grazie davvero, perché al di là del museo che è bellissimo, la cosa più importante è stata ascoltare i suoi racconti e i suoi spunti…

Se vuoi ti faccio vedere una serie di bottoni in stile Liberty-Art Deco.

e mi accompagna in un colorito viaggio fra bottoni dalle forme più fantasiose e inaspettate, uno per ogni personalità, per ognuno una piccola storia diversa; racconta l’uso del  ventaglio come alfabeto morse che aiuta la comunicazione amorosa e la seduzione, integrato da un affresco della codificazione dell’”appuntamento” come lo immagina lui (dopo essersi chiesto:“Ma tu Giorgio, se fossi stato un uomo del ‘700 come avresti fatto per andare a leggere le avventure di D’Artagnan?”).

Giorgio Gallavotti racconta con un gusto contagioso, come l’appetito: ci invita a una tavola imbandita da lui stesso, una volta seduti alla quale è impossibile non “favorire”.

“Il bottone è il confine immaginario e fisico fra il mondo esteriore e il mondo interiore”.