Com’è possibile, nonostante la sentenza di Pisa pubblicata il 17 febbraio, che la quasi totalità degli enti teatrali di prosa continui a obbedire ai decreti incostituzionali del governo senza porre alcuna obiezione? Forse non per assenza cognitiva, ma per condivisione ideologica piuttosto che per livore verso chi ha avuto il coraggio di dire no
Già in passato ho dimostrato il mio dissenso verso la gestione governativa dell’emergenza sanitaria. Allo stesso modo, ho condannato alcune regole restrittive che già nelle precedenti stagioni hanno riguardato il teatro italiano, alle quali stranamente la quasi totalità degli enti teatrali, al contrario degli esponenti di altri settori, ha condiviso nella loro azione discriminante. Oggi ci troviamo nella società addirittura a un’azione persecutoria, foriera di privazioni e diritti fondamentali, che avrebbe dovuto scatenare la condanna di chi ha fatto del teatro di denuncia il proprio cavallo di battaglia, con testi di alto spessore culturale e civile.
Oltretutto, negli ultimi tempi, si è aggiunta un’importante novità. Grazie a un giudice coraggioso, la dott.ssa Lina Manuali, a Pisa è stata emessa una sentenza inoppugnabile (n°1842/2021) nei confronti di soggetti multati per non avere rispettato i Dpcm (acronimo di Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) del governo Conte bis in materia di provvedimenti anti-covid, con una piena assoluzione in quanto i fatti descritti nell’imputazione non sussistono, sentenza che nega la possibilità di un successivo appello e il ricorso definitivo alla Cassazione (si veda, dal sito di Avvocati Liberi, il testo della sentenza emessa il giorno 8 novembre 2021 e pubblicata il 17 febbraio 2022). La premessa a tale decisione è un vero e proprio trattato giuridico che non riconosce alcuno stato di emergenza e quindi annulla ipso facto i decreti in questione e quelli successivi, in quanto illegali e non conformi alla Costituzione. Una sentenza bomba che avrebbe dovuto invalidare qualsiasi provvedimento restrittivo, ma che grazie a un mainstream mediatico complice della governance unito all’indifferenza della politica e all’ignavia degli enti interessati, sia pubblici sia privati, è passata quasi inosservata. Dico “quasi” poiché in realtà è in vigore e serve ad annullare qualsiasi abuso delle autorità in sede giudiziale. In definitiva, applicare le restrizioni dei Dpcm è un reato, inclusa la richiesta del green pass rafforzato come delle mascherine obbligatorie.
Bene. Non posso credere che produttori e dirigenti teatrali che hanno messo in scena lavori sulle dittature di Videla e Pinochet, piuttosto che sulla Shoah e il fascismo storico, possano non capire ciò che avviene oggi. Significherebbe che non hanno capacità cognitive o che gli autori e promotori non sono quelli indicati sulle locandine. In alternativa, ci si trova di fronte a una linea gestionale non scevra da vigliaccheria.
Non intendo qui affrontare di nuovo l’inefficacia dei cosiddetti “vaccini” come già indicato da alcuni report scientifici nazionali e internazionali, inclusi quelli provenienti dal nostro Istituto Superiore della Sanità, piuttosto che dimostrare la responsabilità del governo sul protocollo “tachipirina e vigile attesa”, di nuovo benedetto dal Consiglio di Stato, che impedisce le cure contro il virus indicato; l’ho già fatto con tanto di fonti in precedenti articoli. E nemmeno voglio riportare per l’ennesima volta i parallelismi tra le discriminazioni presenti e quelle del passato. Il fatto è che chi obbedisce a regole criminali è a sua volta un criminale, e pertanto chi non disobbedisce al super green pass è di fatto complice di una logica illegale.
L’unica conseguenza è la seguente: i teatranti che sostengono i dettami del governo non fanno teatro, ma una passerella d’ipocriti da palcoscenico. Ovviamente non mi riferisco alle lavoratrici e lavoratori che sono costretti a subire queste regole scellerate, ma ai loro responsabili, che si sono genuflessi al potere o, peggio, ne hanno approvato gli indirizzi discriminatori (e persecutori) con dichiarazioni pubbliche anche a mezzo social, con tanto di accuse e giudizi offensivi nei confronti di chi ha deciso diversamente sulla propria salute. E perché ciò? Forse per un’ignavia generata da una rabbia sopita verso se stessi, causata dall’accettazione di simili imposizioni, nonché, da perfetti cavalier serventi della nomenklatura di potere, per vile reazione verso chi ha mostrato più coraggio di loro, i disobbedienti verso i decreti anticostituzionali voluti innanzitutto dai principali partiti “disinistra” con la complicità di tutti gli esponenti politici di questo governo.
Un grande Presidente del passato, Sandro Pertini, dichiarò apertamente che contro una legge ingiusta la Resistenza è un dovere, e non credo che per questo possa essere additato alla storia come sovversivo. Al contrario, chi non adempie a questo obbligo morale può ritenersi fiancheggiatore di un sopruso. Ragione per cui non considererò più teatro, nemmeno in futuro, quello messo in scena dai giullari collaborazionisti del regime. E non ritengo necessario aggiungere altro.