Ne I fratelli Karamàzov, il capolavoro e opera ultima di Fëdor Michajlovič Dostoevskij, esiste un capitolo intitolato Il Grande Inquisitore – peraltro ispiratore de La leggenda del Grande Inquisitore, celebre opera di Vasilij Rozanov che per primo capì l’importanza letteraria e filosofica dell’episodio – in cui Ivàn Karamàzov, in un percorso narrativo dedicato alle opere mistiche in relazione con la vita quotidiana degli uomini, tra i quali eccelle il suggestivo poemetto monastico La Madre di Dio tra i tormenti dedicato alla forza del perdono, espone al fratello Alëša un racconto di sua invenzione, ambientato nella Siviglia del XVI secolo. Qui Gesù fa ritorno dopo quindici secoli. Il Cristo non viene mai menzionato per nome, tuttavia il popolo lo riconosce e lo acclama come Salvatore. A questo punto il Grande Inquisitore lo fa incarcerare, lo accusa di aver portato confusione a un popolo che è incapace di usufruire della libertà che il Redentore ha sempre professato nel passato come nel presente, e che pertanto lo deve far giustiziare per riportare la pax sociale che la Chiesa è riuscita faticosamente a costruire in tanti secoli per compensare gli effetti deleteri della Sua azione. Il Grande Inquisitore prosegue spiegando al Cristo la necessità di un’autorità forte che soddisfi i bisogni materiali del popolo, autorità che egli stesso rappresenta; di conseguenza, il rogo è l’unica soluzione, una sentenza che verrà eseguita il giorno successivo. Ma ecco l’inaspettata reazione di Gesù, che si avvicina al grande Inquisitore per baciarlo sulla sue “vecchie labbra esangui”. Questi rimane attonito, non sa come reagire, e alla fine congeda Gesù dicendogli di andare e non farsi più vedere. Il Redentore esce, per sparire tra le vie oscure della città, ma il vecchio Inquisitore, pur avendolo liberato, non muta il proprio giudizio e opinione sugli effetti della Sua parola.
Oltre ad essere una pesante critica nei confronti della Chiesa cattolica, accusata di aver perso il senso originale dell’Opera di Cristo per divenire una macchina burocratica fine a se stessa e addirittura in opposizione agli stessi intendimenti di Gesù, il racconto di Dostoevskij suscitò nei decenni l’interesse di filosofi e intellettuali circa la visione dello scrittore sulla natura dell’animo umano in relazione al principio di libertà.
Per il ciclo In scena per una sera ovvero Il talento sconosciuto di milanesi conosciuti ideato da Claudia Buccellati presso il Teatro Litta, in una serata di beneficienza organizzata dalla “Fondazione Palazzo Litta per le Arti Onlus” a sostegno del restauro di uno dei più antichi teatri della città, Gherardo Colombo, ex magistrato di Mani Pulite e attualmente presidente della casa editrice Garzanti, intrattiene e interagisce con il pubblico in una conferenza/spettacolo sull’argomento. buying that generic viagra online There is everything from whimsical and dainty “silver jewelry” to eye-catching bold animal prints. The main drawback is that the product coverage of viagra uk cheap plants with yellow flowers, interacts with other drugs metabolized by the enzymes present in the liver and excreted by both the liver and kidneys. The drug must be taken 1 hour icks.org buy generic levitra prior getting into sexual relationship, as it takes 30 minutes to deliver a rock hard-on. This drug should not be absorbed cheap viagra pfizer by the body faster. A partire dal capitolo de I fratelli Karamàzov, approfondisce il significato di libertà, in relazione alla visione dell’animo umano di Dostoevskij, nonché l’importanza del perdono nell’esercizio di una giustizia non vendicativa, come probabilmente lo stesso bacio di Cristo al Grande Inquisitore suggerisce. Da qui l’importanza delle regole, non più viste come imposizioni di un regime restrittivo e punitivo, ma in quanto garanti di quello stesso senso di libertà troppo spesso congedato da irruzioni esterne. Un percorso che conduce inevitabilmente al concetto di “governo del popolo” e alla sua irrinunciabilità per l’affermazione di una condizione umana perfettibile, affrontato compiutamente nel suo recente saggio Democrazia edito da Bollati Boringhieri, e al punto cardine che ne garantisce la possibile realizzazione: la partecipazione di ogni singolo individuo a quei valori, principi e finalità che la costituiscono, con il suo bagaglio di regole che un’appropriata educazione civica insegna. Il popolo è sovrano, ma se abdica il pieno potere sulle coscienze viene assunto da una “sovranità forte” come quella emulata dal Grande Inquisitore.
La serata al Litta si è così trasformata in un focus sugli aspetti che caratterizzano l’esercizio democratico e l’impegno per la sua stabilità. Come ama sottolineare Colombo, lo stesso Art. 1 della Costituzione, nel dichiarare la nostra repubblica fondata sul lavoro, può in un’estensione interpretativa indicare non solo l’aspetto occupazionale, ma anche la costante e vigile attività necessaria da parte di ognuno per mantenere vivo lo spirito fondatore dello Stato democratico. Una lezione sul senso civico del dovere, non scevro da considerazioni cristologiche inserite nel contesto laico, orientato ad affermare quella libertà rispettosa del prossimo, quale condizione imprescindibile per una reale evoluzione dell’umanità.
Il Grande Inquisitore con una riflessione sul peso della libertà
Da I fratelli Karamàzov di Fëdor Michajlovič Dostoevskij
Di e con Gherardo Colombo
Milano, Teatro Litta, C.so Magenta 24
Lunedì 23 gennaio 2012 ore 20,30