Dopo 32 anni torna in scena fino al 20 ottobre, con i giovani attori dell’Accademia Silvio D’Amico, il frutto del leggendario incontro tra il drammaturgo tedesco e il regista americano
Primo dei tre spettacoli che vedono protagonisti al Piccolo Teatro Studio Melato i giovani attori dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”, Hamletmachine (Die Hamletmaschine) è una riflessione postmoderna sul mondo dove il protagonista abbandona il proprio ruolo teatrale per riconsiderare in una sorta di anamnesi spaziotemporale il suo essere attore.
Le cinque parti del testo originario del 1977 (Album di famiglia, L’Europa delle donne, Scherzo, Pest a Buda battaglia per la Groenlandia, Nell’attesa selvaggia/Dentro la orribile armatura/Millenni) danno luogo a una kermesse allegorica in cui la destrutturazione dell’opera shakespeariana si sovrappone come ombra diafana su avvenimenti topici della storia contemporanea.
Il lavoro, rappresentato per la prima volta nel 1978 a Bruxelles, nacque proprio dall’incontro tra Heiner Müller e Robert Wilson dopo il primo viaggio in America dell’autore dalla Ddr, dopo aver tradotto l’Amleto di Shakespeare per un teatro di Berlino Est. Opera che considerò molto americana, suggestionata da Eliot, Warhol, Pound, e che fu ispirata dall’analogia storica tra i figli di Lazlo Raijk, ministro ungherese degli interni stalinista giustiziato per tradimento nel 1956 e successivamente riabilitato come comunista, e la figura di Amleto.
Come dichiarò lo stesso autore, ci si trovava di fronte a una situazione simile a quella del principe di Danimarca « […] che è una situazione shakespeariana. Un uomo che è stato giustiziato ingiustamente, anche se, in realtà, era un assassino, viene riesumato e gli viene fatto un nuovo funerale, al quale partecipano duecento mila persone. Avesse saputo che gli stavano dimostrando il loro sostegno, li avrebbe abbattuti. Questo è Shakespeare.»
La versione wilsoniana di Hamletmachine uscì nove anni dopo la sua ideazione, uno spettacolo che lo stesso autore considerò «il migliore di sempre» di tutta la sua carriera, sia per l’impianto scenico visivo e illuminotecnico sia per l’elisione quasi totale dell’interpretazione, di fatto sostituita da una fantasmagoria di movimenti, suoni, richiami del presente, il tutto molto ben coordinato dai giovani attori dell’Accademia Silvio D’Amico. Un’operazione performativa unica, tornata in scena dopo 32 anni, manifesto dai parametri antiteatrali sul diaframma e incontro tra i luoghi del mondo e l’opera classica moderna.
Giudizio: ****
Hamletmachine di Heiner Müller. Drammaturgia originale di Wolfgang Wiens
Ideazione, regia, scene e luci Robert Wilson
Con Giovanni Firpo e i performers di Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”: Liliana Bottone, Grazia Capraro, Irene Ciani, Gabriele Cicirello, Renato Civello, Francesco Cotroneo, Angelo Galdi, Alice Generali, Adalgisa Manfrida, Paolo Marconi, Eugenio Mastrandrea, Michele Ragno, Camilla Tagliaferri, Luca Vassos, Barbara Venturato
Collaboratore alle luci: John Torres
Collaboratore alle scene: Marie de Testa
Musiche: Jerry Leiber, Mike Stoller
Costumi: Micol Notarianni dai disegni originali di William Ivey Long, make-up & hair Manu Halligan
Nuova versione basata sulla produzione originale del 7 maggio 1986 alla New York University
progetto di Change Performing Arts, commissionato da Spoleto Festival dei 2Mondi per Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”
Si ringrazia RW Work ltd New York, www.robertwilson.com
I diritti dell’opera Hamletmaschine di Heiner Müller sono concessi da Zachar International, Milano, su licenza di henschel Schauspiel, Berlino
Milano, Piccolo Teatro Studio Melato, via Rivoli 6
www.piccoloteatro.org