Dal 14 marzo al 27 giugno 2010 si tiene a Mantova la mostra temporanea “Gli arazzi dei Gonzaga”, allestita nelle sale di Palazzo Te, del Museo Diocesano e del Museo di Palazzo Ducale, organizzata sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e della casa reale belga, in collaborazione con Skira. Si tratta del primo progetto espositivo ideato e voluto dal neonato Comitato Scientifico del Centro Internazionale d’arte e cultura di Palazzo Te, presieduto da Salvatore Settis.
Oggetto dell’esposizione sono oltre 30 pregiati e raffinati arazzi commissionati dai Gonzaga (figli di Isabella d’Este e Francesco II), in particolare da Ercole, cardinale del casato, e Ferrante, generale, viceré di Sicilia e Governatore di Milano. Sono datati tra il XV e il XVI secolo e rappresentano uno straordinario patrimonio che viene per la prima volta riunito ed esposto in una manifestazione imponente che a Mantova non ha precedenti.
Una scelta ardita, ambiziosa, che punta a sorprendere il visitatore, proponendo un tema raro, nuovo e inconsueto. La rappresentazione delle preziose tappezzerie che decoravano gli appartamenti e le sale dei palazzi mantovani nel Rinascimento, infatti, costituisce una dimensione che fino ad ora non è mai stata oggetto d’esposizione in Italia e mostra un aspetto dell’immenso patrimonio artistico dei Gonzaga.
La mostra, curata dal fiammingo Guy Delmarcel, massimo studioso dell’argomento, è frutto di un meticoloso lavoro di ricerca, che ha permesso, oltre a riunire opere che nel tempo hanno conosciuto numerose diaspore, anche riportare temporaneamente, nel loro ambiente naturale, oggetti d’arte altrimenti dispersi nei vari meandri del mondo.
Il complesso e audace progetto espositivo è stato reso possibile grazie all’impegno, al dialogo e alla collaborazione di comunità culturali sia italiane che internazionali (Milano, Firenze, Mantova, Parigi, Belgio e Chicago, solo per citarne alcune). Alcuni esemplari provengono da collezioni private (come ad esempio i sei pezzi messi a disposizione dalla famiglia Marzotto), altri dai musei americani , francesi e olandesi.
Gli arazzi, oggi spesso considerati come espressione di arti minori e ingiustamente trascurati, contrariamente a quanto si può pensare non sono semplicemente oggetti di arredamento, ma possono diventare dei veri e propri tesori, opere monumentali e uniche, simbolo di lusso, grandezza e magnificenza. Il valore storico e artistico di questi manufatti è testimoniato da eventi storici. Basti pensare che la restituzione dell’arazzo raffigurante gli atti degli apostoli, incluso nella mostra e realizzato su disegno di Raffaello, è stato oggetto di contesa e addirittura inserito nei trattati con l’Austria. Fin dall’antichità, inoltre, i tessuti preziosi, tra cui gli arazzi, sono stati la componente ornamentale prediletta dei castelli e dei palazzi dei nobili di tutta Europa, sia per la funzione di difendere dal freddo che per la capacità di promuovere le gesta, la ricchezza e la grandezza dei proprietari. Considerati più come veri e propri oggetti d’arte da collezionare che come semplici tappezzerie, gli arazzi garantivano flessibilità: avevano l’importante caratteristica di essere facilmente trasportabili, si potevano sovrapporre alle decorazioni murarie e riuscivano a proporre di continuo spazi fantastici e inattesi, con innumerevoli varietà di combinazioni.
Non è, quindi, un caso che questi manufatti abbiano da sempre rappresentato, nell’ambito della raccolta d’arte posseduta dai Gonzaga, un genere artistico d’inestimabile valore. Quelli oggi in mostra sono solo una selezione degli innumerevoli esemplari posseduti dal casato, molti dei quali furono distrutti, andati perduti o consumati dall’uso.
Quasi tutti furono realizzati nelle Fiandre, considerate l’Industria d’arte d’Europa, o in Italia ad opera di arazzieri di origine fiamminga, come Nicola Karcher, al quale viene attribuita la realizzazione di alcuni di quelli presenti in questa mostra.
Sono un’arte antica, espressione e sintesi di una pluralità d’ingredienti e del lavoro di molti. Questa tecnica artistica, poco conosciuta, dal fascino indiscutibile, è forse una delle poche che riesce a sintetizzare il lavoro artistico con quello tessile-artigianale.
La creazione di un arazzo poteva coinvolgere, infatti, molti soggetti: dall’artista, al cartonista, ai vari tessitori che ne curavano la realizzazione. Even though all these methods may help some men, natural alternatives can be generic viagra pill just as effective, but available at a fraction of the price. Anxiety and pressure of performing often discourages online levitra no prescription erection. Sildenafil citrate is used to make lot of other drugs used for online levitra http://www.slovak-republic.org/work/comment-page-2/ the same purpose. To cope with event of mortality, I try cheap tadalafil tablets to live as happily as possible. Attori che dovevano fare gioco di squadra, agire all’unisono, in modo interconnesso, proprio come trama e ordito, perché il contributo di tutti era determinante per trasformare una semplice stoffa in opera d’arte. I tessuti potevano andare dalla tessitura di fili di lana a seta, argento e oro, variabili a seconda dell’importanza e della disponibilità finanziaria del committente.
Potevano essere prodotti in serie, ma gli esemplari più pregiati, come quelli in mostra
, erano commissionati e fatti tessere sulla base di un modello, costituito dal cartone o dal disegno di grandi artisti.
I maestosi e imponenti parati fatti commissionare dai Gonzaga nel Rinascimento offrono uno spettro molto ampio e rappresentativo dell’arte dell’arazzo, sia per la varietà dei soggetti che per la bellezza e la finezza del disegno, realizzato da artisti del calibro di Raffaello, Mantegna e Giulio Romano, il cui tratto delicato e ineguagliabile contribuisce a conferire ancora maggior valore a questi tesori d’arte.
Anche grazie al contributo di questi eccellenti artisti, la mostra porta alla ribalta un periodo storico e artistico molto fecondo, quello del Rinascimento, vissuto in una città come Mantova, uno dei massimi centri di espansione di arte e cultura dell’epoca e uno dei più significativi esempi di mecenatismo artistico di respiro internazionale, in grado di apprezzare forme d’arte il cui centro di produzione era situato in paesi lontani come le Fiandre.
Questi quadri di tessuto parlano d’arte, di poesia, di usi e costumi ed esprimono la genialità artistica che predispone il disegno. Raccontano le mode, i canoni estetici e i gusti dell’epoca, le vicende storiche e sociali, nonché celebrano in modo più o meno allegorico le gesta e la grandezza del casato.
Il percorso espositivo, dislocato nelle tre differenti sedi del Palazzo Te, Museo Diocesano e Museo di Palazzo Ducale, è concepito come un racconto che crea emozioni e suggestione e fa rivivere l’atmosfera del Rinascimento e delle corti delle signorie.
Per agevolare la visita completa è stato proposto un biglietto cumulato unico, che dà la possibilità di accedere a tutti e tre le location.
E’ possibile raggruppare gli arazzi in esposizione a seconda dei diversi temi rappresentati, ossia paesaggi floreali, giochi di putti, amari frutti della guerra e storie tratte dalla bibbia e dalla mitologia.
Con il termine Millefiori si definiscono quegli arazzi che hanno come tema prevalente decorazioni floreali, arricchiti da piccoli animali. Due manufatti di questa serie sono esposti al Museo Diocesiano, uno è stato spostato per l’occasione a Palazzo Te, eloquente espressione di una dimensione ideale e fiabesca. Questa tipologia contiene rappresentazioni minuziose e dettagliate di decorazioni floreali, animali reali e fantastici, tra cui ad esempio l’unicorno, accanto agli stemmi della famiglia che ha commissionato l’opera. Temi frequentemente rappresentati nelle “fabbriche” franco-fiamminghe, non necessariamente pregiati, spesso fatti in serie e destinati prevalentemente all’arredo corrente.
I giochi di putti sono attribuiti al disegno di Giulio Romano, raffigurano giochi di angeli in contesti floreali. Uno dei più suggestivi esempi è la danza che raffigura balli e giochi davanti ad un viale alberato, sullo sfondo il Castello Sforzesco, residenza di Ferrante e Villa Simonetta.
Il fructis belli è invece una serie di arazzi, probabilmente commissionati sempre da Ferrante, che illustra luci e ombre della guerra. Illustrano episodi tratti dalla vita militare, che inducono ad una riflessione ironica sull’uso delle armi e sulla rovina da questa provocata, quindi sugli amari frutti della guerra. Tre cartoni delle otto composizioni, si presume di Giulio Romano, provengono dal Louvre di Parigi.
Le serie mitologiche illustrano vicende tratte dalla Bibbia, dalla storia antica (Giasone e Medea) e dalla mitologia (Enea e Didone).
Le “Storie di Mosè” mostrano alcuni episodi della sua vita, probabilmente un’allegoria del ruolo di capo spirituale di Ercole Gonzaga.
Il progetto espositivo si caratterizza per un alto contenuto scientifico, evidente nell’innovativo sistema d’illuminazione utilizzato, non sempre facile, in quanto si scontra con esigenze di conservazione di questi tesori d’arte.
Una mostra, quindi, che sicuramente suscita molta curiosità e genera forti aspettative, che l’altissimo livello di qualità artistica, la spettacolarità e la rarità dei capolavori d’arte in mostra è in grado di appagare in modo più che soddisfacente. Permette al visitatore di fare un viaggio nel rinascimento, ricco di emozioni, e di avere un piccolo assaggio dello straordinario patrimonio storico e artistico di Mantova, di recente nominata patrimonio dell’Unesco.