Opera del grande giornalista cuneese, uscita postuma, e che inquadra sette idee che noi italiani non dobbiamo più accettare, un po’ vizi capitali che da anni ci sentiamo ripetere, e che, come dimostra Bocca con questo scritto, è arrivato il momento di rispedire al mittente. Una tetra disamina della notte civile in cui da tempo ci si trova, che inizia con la crescita folle, passando al nuovo dio incarnato dalla produttività a tutti i costi, alla lingua italiana sempre più sporca, al dominio della finanza, per passare alla corruzione generale, alla fine del giornalismo, fino a un’idea di Italia senza speranza. Una crescita che si vede dal saluto, che è non più il buon giorno ma del buon lavoro, con l’insano bisogno di riempire gli spazi, incluso quello lasciato dal pensiero critico, fino a scellerate proposte quali l’abolizione della pausa pranzo. Un’idea malata di produttività, la stessa avanzata da figure quali Marchionne, per cui al ricatto del capitalismo globale tutto è sacrificabile, inclusi i diritti fondamentali delle persone. Si passa alla lingua, imbastardita da una parte da tendenze esterofile (alla “What else?”) e dall’altra a secessionismi da operetta che rivendicano l’introduzione del dialetto. It ensures http://icks.org/n/bbs/content.php?co_id=SPRING_SUMMER_2012 on line viagra enough nutrients to all the organs of reproduction and after that the muscles of the organ getting high that makes them relaxed for the further use. Silagra has a proven record that has been working magnificently in countless men all through the world till date with an outstanding sildenafil online india satisfaction. Other factors such as age and underlying medical http://www.icks.org/html/03_conference.php?seq=23 cheap cialis issues were considered. Team members suck up to the leader and pretend the moose doesn’t exist. cost of sildenafil Si giunge dritti verso la “triste scienza”, quella finanza che discetta impunemente di denaro risparmio e affini, in uno scenario in cui supermanager ed esperti strapagati, quelli che hanno in larga parte determinato anche questa crisi, sono gli stessi che dovrebbero risolverla.
Un capitolo viene anche dedicato alla corruzione generale, un fenomeno che comprende la megalomania delle grandi opere, come la costruzione del Ponte sullo Stretto, quanto, mutatis mutandis, la megalitica voragine debitoria della Montedison, passando dall’illegalità gelatinosa scoperta con Mani Pulite all’attuale parassitismo statale dei casi Anemone.
Si passa poi alla cosiddetta fine del giornalismo, in cui il vuoto dell’informazione viene colmato dal nulla dei senza talento, a lezione dal vicedirettore de Il Giornale, Nicola Porro, per cui i suoi cui i due quotidiani condizionamenti sono, nell’ordine, l’essere il giornale del padrone (l’ex ministro del Consiglio, non proprio a caso a capo del maggior impero imprenditoriale dell’informazione), e dall’altra trovare argomenti che aumentino il numero di lettori. “E’ una descrizione perfetta di ciò che non bisogna fare del buon giornalismo” indica senza mezzi termini Bocca, pienamente a ragione. Mentre l’altra informazione, quella buona, deve fare quotidianamente a pugni con l’amplificazione di “casi” nazionali, della bergamasca Yara Gambirasio a quello della perugina Elisa Benedetti fino alla tarantina Sarah Scazzi, un tris di omicidi belli pronti a imbonire lo Stivale intero.
Si chiude con il pessimismo dell’Italia senza speranza, quello del revisionismo canoro sanremese che mette sullo stesso piano “Bella Ciao” e “Giovinezza”, in cui la Storia patria scolorisce nell’ignoranza. Non a caso, Massimo Gramellini su La Stampa ha scritto: “L’Italia non considera l’Italia la sua patria così come non considera patria qualsiasi altra comunità più vasta della sua famiglia”.
Nonostante il pessimismo, in quest’ultimissima occasione Giorgio Bocca ci ricorda di come la nostra nazione, ancora una volta sul punto di soccombere, proprio come durante la Guerra Partigiana, in cui l’autore combatté, può ancora trovare la forza di salvare sé stessa.
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