Giancarlo Cerri, Antico Po, 1969, olio su tela, cm 60x75
Giancarlo Cerri, Antico Po, 1969, olio su tela, cm 60x75
Giancarlo Cerri, Antico Po, 1969, olio su tela, cm 60×75

Martedì 28 maggio 2024 ore 18

Inaugurazione mostra

GIANCARLO CERRI
FORMATO MEDIO
A cura di Luigi Codemo
Intervista in catalogo di Francesca Bellola

Centro Culturale di Milano
Largo Corsia dei Servi 4, Milano
28 maggio – 21 giugno 2024
Ingresso libero

Orari di apertura
Da lunedì a venerdì 10-13 e 14.30-18
Sabato 15-19
Chiuso domenica

 Informazioni al pubblico
02.86455162 segreteria@cmc.milano.it

Giancarlo Cerri, artista milanese classe 1934, in occasione del suo 90esimo compleanno torna ad esporre dal 28 maggio al 21 giugno 2021 al Centro Culturale di Milano in Largo Corsia dei Servi 4 con l’antologica dal titolo “Formato medio”.
L’esposizione sottolinea come, sin dagli esordi, la ricerca artistica di Giancarlo Cerri si sia contraddistinta per rigore, essenzialità e lucidità espressiva.
Inizialmente influenzato dai grandi maestri come Carrà e Morandi, ma anche dagli espressionisti tedeschi, Cerri sviluppa un suo segno pittorico, con il colore come elemento dominante.

Negli anni Settanta (è del 1972 la sua seconda mostra personale nella storica Galleria Barbaroux di Milano) la figurazione si evolve, il colore diventa il protagonista e l’autonomia dell’opera si afferma. Ne sono esempi dipinti come “Antico Po” (1969) e “La mareggiata” (1971), dove Cerri valorizza il potere espressivo del colore.
Negli anni ’80, la pittura di Cerri si libera dalla fedeltà al soggetto per concentrarsi sulla concretezza della materia pittorica. Le sue opere, come la serie delle “Colline” e delle “Cave”, rappresentano il paesaggio lombardo in una forma organica e immersiva, dove il colore e la materia si fondono.

Giancarlo Cerri, Giardino d'estate, 1988, olio su tela, cm 60x70
Giancarlo Cerri, Giardino d’estate, 1988, olio su tela, cm 60×70

Il passaggio all’astrazione è evidente nelle “Grandi Foreste”, dove Cerri esplora la potenza del colore e della forma.
Scrive Luigi Codemo nel suo testo in catalogo: «Il quadro diventa sempre più un campo di forze. Cerri si allontana dalla vista degli oggetti, dalle rocce, dai pendi, e dagli alberi stessi. Perché è nella distanza che appare la foresta, è nell’altezza che l’artista avverte come sismografo la potenza tellurica del colore. La visione dall’alto coincide con la visione dall’interno».
L’astrazione non è semplice rimozione, ma una ricerca dell’essenziale, come dimostrato negli “Omaggi al paesaggio” e nelle “Sequenze” degli anni Novanta, dove il colore, la luce e la linea diventano centrali, e dove il nero onnipresente e onnipotente, sempre elaborato e mai uguale a se stesso, diventa elemento-simbolo di mistero e rigore, incarnando le leggi del quadro stesso.
La mostra si conclude con una riflessione in quattro tempi sulla Croce, dove Cerri ne esplora la simbologia in un contesto di meditazione laica, filosofica e spirituale attraverso tre opere.
Le prime tre opere, dal medesimo titolo “Nel segno della croce” e tutte del 2004, raccontano di una meditazione antropologica e non teologica sulla sofferenza umana attraverso due gesti, uno orizzontale e l’altro verticale, che rendono visibile e tangibile il calvario della croce.
La quarta e ultima tela, “Aldilà” del 2005 e fino ad oggi mai esposta, presenta invece una visione frammentata e ravvicinata della croce, non più direttamente riconoscibile, e la sofferenza diventa emotiva e fisica attraverso la stessa pittura, ma non senza un senso di pace nella tragedia.

Ritratto Giancarlo Cerri © Alfredo Felletti
Ritratto Giancarlo Cerri © Alfredo Felletti

Giancarlo Cerri / Nota biografica
Nato a Milano negli anni Trenta, città in cui da sempre vive e lavora, Giancarlo Cerri ha iniziato a dipingere giovanissimo nella metà degli anni Cinquanta. Dal 1956 al 1976 la sua attività si svolge fra pittura e grafica pubblicitaria.
Dal 1977 si dedica esclusivamente alla pittura, con alcune incursioni nel campo della critica d’arte. Dal 1988 al 1995 è direttore artistico del Centro Culturale De Gasperi di Milano.
Per una grave forma di maculopatia ha smesso di dipingere nel 2005, per poi riprendere in mano i pennelli nel 2018.
Nel mese di febbraio 2012 ha pubblicato “La pittura dipinta – le mie quattro stagioni”, un volumetto dove egli spiega le sue quattro stagioni di pittore: 1955-1975, figurazione tipicamente italiana con riferimenti alla pittura novecentista in cui prevale la tematica del paesaggio; 1976-1991, periodo informale materico naturalistico, eseguito su tele di vaste dimensioni aventi per tema dominante le “Grandi foreste”; 1992-2005, percorso nell’astrattismo essenziale, opere dipinte con il solo uso di due-tre colori, ovvero le “Sequenze” e “Grandi Sequenze”.
Tra il 2001 e il 2005, dipinge un ciclo di quadri di arte sacra aventi quale principale soggetto la Croce, intesa come simbolo della umana tragica sofferenza.
Le sue ultime mostre, “I quadri dell’orbo” (2019) e “Quando l’orbo ci vedeva bene” (2021), si sono svolta al Centro Culturale di Milano.

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