Il fascino indiscreto della Settima Arte nella vita di un suo protagonista
Chi si incarica di narrare qualcosa mette in scena fatti e situazioni del periodo storico che meglio conosce, che il più delle volte è quello che ha vissuto direttamente. Secondo questo principio Ettore Scola, classe ’32, è riuscito a raccontare dietro alla macchina da presa quell’Italia che lui ha più o meno direttamente visto fin dall’infanzia. Per rispetto nei confronti di chi legge premetto fin d’ora che per esigenze di lunghezza non menzionerò tutti i film girati dal maestro.
Trasferitosi giovanissimo a Roma con la famiglia dalla nativa Campania, l’appellativo di narratore gli è stato quanto mai calzante, in quanto già da ragazzino collaborò con il settimanale umoristico Marc’Aurelio. Da vignettista a sceneggiatore, per quanto potrebbe sembrare strano, il passo fu relativamente breve, in quanto già negli anni ’50 in collaborazione con Ruggero Maccari fu autore di format televisivi e radiofonici (allora c’era soltanto la RAI e si chiamavano più semplicemente programmi) tra i quali le esileranti scenette di Mario Pio interpretate da Alberto Sordi. La collaborazione con Maccari continuerà anche dopo, il quale, insieme ad Age & Scarpelli, sarà tra i suoi sceneggiatori più importanti.
Nel ’64 debutta con la sua prima regia cinematografica con Se permette parliamo di donne, ma il successo arriva quattro anni dopo con Riusciranno i nostri eroi a trovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa?, interpretati da Alberto Sordi, Bernard Blier e Nino Manfredi, che potremmo considerare la versione nostrana e volontariamente strampalata de L’uomo che volle farsi re. Seguono negli anni successivi Il commissario Pepe e Dramma della gelosia, tutti i particolari in cronaca, nei quali, seppure sperimentando generi sensibilmente diversi tra loro, racconta l’italietta del dopo Boom economico sempre in bilico tra atavico provincialismo e desiderio di modernità. E’ anche da considerare che in questi cast troviamo Monica Vitti, Marcello Mastroianni, Ugo Tognazzi e Giancarlo Giannini, tra i migliori e più popolari attori del periodo.
Quello che da molti viene riconosciuto come il suo capolavoro è C’eravamo tanto amati del ’74, un quartetto interpretato da Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Stefano Satta Flores e Amanda Sandrelli, un trentennio di storia nostrana a partire dalla Resistenza. Dedicato a Vittorio de Sica, con ironia ma anche con struggente malinconia racconta di tre uomini innamorati della stessa donna e i cui destini sono inevitabilmente destinati a separarsi, come si comprende già dalla primissima scena.
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E’ del ’77 l’originale pellicola Una giornata particolare, anche per la tematica più che mai attuale, ambientata il 6 maggio del ’38, giorno in cui Hitler fece visita a Roma al nostrano duce. Marcello Mastroianni indossa i panni di uno speaker cacciato dall’EIAR, l’ente radiofonico di allora, per presunta omosessualità e che vive la giornata del titolo all’interno di una palazzina popolare insieme a una casalinga, interpretata da Sophia Loren, un po’ invecchiata per l’occasione, probabilmente nel ruolo migliore per entrambi gli attori.
Dell’80 è La terrazza, con Jean-Luis Trintignant, Tognazzi, Mastroianni, Gassman, Satta Flores, la Sandrelli, Carla Gravina e Serge Reggiani, in cui un gruppo di intellettuali si incontra da prima a una festa su di una terrazza, da cui il titolo, appuntamento che si ripeterà successivamente, e sarà il teatro dell’esplosione delle reciproche e nemmeno così latenti nevrosi. Memorabile è La famiglia dell’87, che racconta una storia famigliare dalla nascita del futuro capofamiglia dal 1906 fino all’86. Altro parterre de roy per quel che riguarda il cast, in cui il microcosmo famigliare è indissolubilmente legato a quanto avviene nel mondo esterno, in cui la Storia con S maiuscola segue il suo corso.
Con Che ora è? dell’89, con Mastroianni e Massimo Troisi, Scola propone lo strano rapporto di un padre e un figlio che sembra inizino a conoscersi soltanto allora. Infine, con Concorrenza sleale, del 2001, con Sergio Castellitto, Diego Abatantuono e Gerard Depardieu, il cineasta riprende in qualche modo almeno storicamente il periodo di Una giornata particolare. Infatti è la disputa di due commercianti di tessuti, di cui uno ebreo, prima e dopo la promulgazione delle leggi razziali del ’38, una rivalità che si trasforma via via in solidarietà fino al drammatico epilogo.
E’ facile oggi parlare di questo maestro della Settima Arte, il cui successo è arrivato oltre che per il coraggio di certe scelte per l’epoca non così facili (tra le altre cose militò nel partito Comunista Italiano, facendo anche parte al cosiddetto governo ombra) anche grazie alla grande qualità dei propri collaboratori, i sopra citati Age, Scarpelli e Maccari, e in qualche modo per la lungimiranza di chi ha prodotto i suoi film. Se il resto è storia, quella capacità di raccontare il proprio tempo oggi sembrerebbe essere quasi del tutto affogata in favore, da una parte, in favore di una comicità troppo scontata e mai veramente graffiante, e dall’altra in intellettuali esercizi stilistici alla lunga fine a se stessi.