“Addio mia cara, dormi finalmente in pace”.
Con queste parole l’attore e regista Italo Dall’Orto annuncia che la moglie Elena Mannini ci ha lasciato il 22 agosto, dopo una lunga malattia. Aveva compiuto 86 anni il 22 luglio scorso
L’Erta canina è un antico sentiero bordato di mura che conduce da porta San Miniato, quasi in riva d’Arno, al viale Galileo, poco sotto la basilica di San Miniato al Monte. Da un portoncino quasi al culmine, su per un breve gomito di scale bianche, si accedeva a un interno mosso e magico affacciato su uno dei più straordinari panorami di Firenze. Casa e bottega di Elena Mannini furono in questo luogo, frequentato da tanti artisti e amici illustri, tra i quali ricordiamo Sandro e Carla Pertini, assidui su questo colle (cfr. Fra teatro e politica la storia di un’amicizia. I Mannini – Dall’Orto e la famiglia Pertini, Comune di Firenze, 2015).
Non è facile descrivere in poche righe una personalità tanto poliedrica e immaginifica che, nel corso d’una carriera iniziata a diciassette anni con Gillo Pontecorvo – “Giovanna”, 1955 -, contribuì a più di duecento produzioni tra film, opere liriche, sceneggiati televisivi, spettacoli di prosa e di danza in Italia e all’estero, disegnando costumi, scene, ambienti, oggetti, tratteggiando e dando vita a mille personaggi. Ancor meno facile se questa grande artista ha avuto un ruolo importante nella nostra vita.
Il vostro cronista deve infatti arginare la memoria per non virare un breve coccodrillo in un grande capodoglio, per l’emersione di ricordi personali che risalgono all’infanzia e ricordi professionali che attraversano la storia dello spettacolo. La ragione è che ne sono nipote e che il suo intervento fu determinante in un momento critico della giovinezza, dandomi accesso a esperienze indimenticabili nella produzione cinematografica di tutti gli anni ’80. Anche se questa, come si dice, è un’altra storia, gliene sarò grato per sempre.
La sua intensa e meravigliosa vita professionale è scolpita nelle realizzazioni che ognuno può rintracciare in molti archivi, digitali e non. Dagli inizi in teatro sotto la regia di Beppe Menegatti, firmando i costumi per “Sogno di una notte di mezza estate” con Carla Fracci, Gianmaria Volontè e Giancarlo Giannini, per “La tempesta” di Shakespeare, per “Nozze di sangue” e “La casa di Bernarda Alba” di Garcia Lorca o per una “Bohème” diretta da Gavazzeni ancora con la regia di Menegatti.
Nel 1969 fu chiamata da Luca Ronconi per l’“Orlando furioso” al Festival di Spoleto, che sfociò in una tournée mondiale di grande successo. Ancora con Ronconi, un’inedita Katchen von Heillbronn di Kleist sul lago di Zurigo, la Tragedia del vendicatore di Webster e la partecipazione al Laboratorio di Prato per Las meninas. Non solo costumi, ma veri e propri interventi autoriali.
I suoi disegni, bozzetti e opere hanno segnato la nostra fantasia. Tale era la forza delle sue raffigurazioni che si depositavano in profondità con permanenza icastica, riemergendo in modi e momenti imprevedibili. Credo che il potere della sua coltivatissima fantasia di incidere con un calco retinico sull’immaginario, fosse una delle chiavi del suo successo. E questo si può comprendere anche dalle poche immagini qui riprodotte.
I quotidiani di questi giorni citano le sue collaborazioni con Dario Argento per “Profondo rosso”, Celentano per “Yuppi du”, “Geppo il folle”, “Joan lui”, Michele Placido per “Un viaggio chiamato amore” che le valse una nomination al David di Donatello, ma sono davvero moltissime e assai eterogenee.
Tra i suoi ultimi contributi all’opera lirica ricordiamo un Idomeneo di Mozart al Mozarteum di Praga, per la regia di Yoshi Oida (2010-2011).
La Mannini fu anche docente all’Istituto d’arte, all’Accademia di belle arti di Firenze e all’Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio D’Amico di Roma. Negli anni ‘80 Vittorio Gassman la chiamò alla Bottega Teatrale di Firenze, dove iniziò una lunga attività con lui e con Giorgio Albertazzi, coinvolto nell’insegnamento, con il quale ebbe un’intensa collaborazione per molte produzioni teatrali e televisive.
Mi sia concesso ricordare un piccolo episodio personale, riferito a un cortocircuito onirico non lontanissimo. Nel marzo 2009 le scrissi queste righe:
«Carissima zia Elena, (…) stanotte ti ho sognata in un bellissimo teatro. La scena era completamente coperta di sabbia, inumidita a chiazze con un effetto di “marmo sgretolato”, esteso a tutta la platea, immersa in una penombra appena dorata di luci. Gli attori entravano a loro volta coperti di sabbia, reggendo con il braccio teso una maschera di cuoio simile a quelle della commedia dell’arte, ma di una foggia che non ho mai visto. Ho provato a farne uno schizzo appena sveglio (…) perché mi ha irresistibilmente rievocato certe cose tue (…)
Un abbraccio con amore,Francesco»
Mi chiamò allora per dirmi che sorprendentemente stava lavorando a qualcosa di simile, a Praga se ben ricordo, cosa di cui ero totalmente all’oscuro. Certamente di vicende analoghe è costellata la sua vita, molti testimoni della quale potrebbero e potranno rievocarli.
Con il compagno Italo Dall’Orto, maestro del teatro italiano, il figlio musicista Gionni Dall’Orto e la nipote Gea Dall’Orto, attrice, la sua eredità artistica vivrà sempre nella memoria condivisa e nella storia.
Dunque, à chaque jour “La” Mannini, lasci il mondo più ricco e migliore di come lo trovasti, per questo non scompari.
Approfondimenti su Elena Mannini
Per saperne di più su Francesco Rampichini
Bravo Francesco. Ben documentato e (come puoi immaginare) per me, suo compagno di una vita)molto commovente
Grazie a te per l’approvazione
È proprio vero che la bellezza è contagiosa e che si espande, questo è quello che ha prodotto anche in me.
Francesco grazie.
Grazie per questo articolo così intenso
Grazie a te per averlo letto e apprezzato
Francesco ciao, ieri ho commentato la bellezza di quanto hai pubblicato, ma non sono sicuro, data la mia poca pratica digitale, se sia arrivato il mio pensiero. La BELLEZZA contagia.
Grazie carissimo un abbraccio