Orfeo, accompagnato dalla sua lira, discende negli inferi per ricondurre alla vita l’amata Euridice. Val, stringendo la sua chitarra, intraprende un lungo viaggio che lo porterà ad imbattersi in Lady, prigioniera del suo inferno personale, resa schiava da un uomo che ha dapprima ucciso suo padre per poi comprarla come merce a poco prezzo. Orfeo, temendo l’inganno, si volterà prima di aver varcato la soglia che separa il regno dei morti da quello dei vivi: in tal modo perderà per sempre Euridice. Val, per amore di Lady, deciderà di sfidare la morte e con lei soccomberà alla crudeltà degli uomini. È da questa doppia lettura che muove la riflessione di Tennessee Williams e l’ideazione di un testo che, tra melodramma e analisi antropo-sociologica, arriva sino a noi più tagliente e attuale che mai. La vicenda ha inizio attorno a un tavolo dove una compagnia teatrale si riunisce per iniziare le prove di La discesa di Orfeo. Puro teatro nel teatro d’ascendenza brechtiana: da subito lo straniamento invade la platea e gli spettatori, a metà strada tra stupore e curiosità. A coordinare le prove è un affascinante regista dallo sguardo celato sotto gli occhiali scuri, caratterizzato da movenze sospese ed eleganti, dall’avvicinare il lungo bocchino alle labbra sino alle pose ricercate assunte durante l’osservazione degli attori. Cristian Giammarini – in una magistrale interpretazione, straniante e straniata – ci introduce nell’America decadente della grande crisi, invitandoci ad osservare il dramma con occhio analitico e disincantato, chiamati a riflettere e a giudicare le vite che si mettono a nudo di fronte a noi, in un dialogo costante tra attori e pubblico, realtà e finzione. In una scena scarna, che rievoca un capannone industriale in disuso, davanti ai nostri occhi si materializzano luoghi e situazioni: il giardino borghese in cui tre donne fanno gossip mentre i mariti oziano mollemente, la vigna in fiamme con il suo odore acre e penetrante, la buia e claustrofobica casa Torrance, la scala e la sensazione di vertigine evocata dalla faticosa discesa di Jabe, il locale “vestito a festa” per l’inaugurazione. Sorprende come, entrando e uscendo costantemente dal testo, le parole dei personaggi, le scelte interpretative e registiche evochino immagini chiare e quasi visibili, rendendo l’allestimento teatrale e al contempo cinematografico. Cristina Crippa, incontrastata regina della scena, interpreta Lady con passione e intensità, rendendo palpabile la propria lacerazione interiore che – vincendo lo straniamento iniziale – arriverà all’anima dello spettatore con tutto il calore del sangue, delle lacrime, delle fiamme nel vigneto e nel cuore. Nel ruolo di Carol, Elena Russo Arman esplode in un vorticare di provocatoria intelligenza, sapienti movimenti scenici e sensibilità intellettuale, sino a far stridere il disperato bisogno d’amore contro un’ostentata ribellione. Edoardo Ribatto, nella sua giacca di pelle di serpente, ci regala un Val intenso e fascinoso che, alla stregua di Orfeo, scende all’Inferno – quello della sua interiorità, prima di tutto – sino a far emergere una struggente umanità, a lungo celata sotto una maschera costruita in anni di soprusi e umiliazioni.
Giudizio: ****
PRODUZIONE TEATRO DELL’ELFO
La discesa di Orfeo di Tennessee Williams
Traduzione di Gerardo Guerrieri
Drammaturgia e regia di Elio De Capitani
Con Cristina Crippa, Elena Russo Arman, Edoardo Ribatto, Elio De Capitani/Federico Vanni, Luca Toracca, Cristian Giammarini, Corinna Agustoni, Sara Borsarelli, Debora Zuin, Marco Bonadei, Carolina Cametti e Alessandra Novaga (chitarra elettrica)
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Luci: Nando Frigerio
Suono: Giuseppe Marzoli
La discesa di Orfeo viene presentato per gentile concessione della University of the South, Sewanee, Tennessee
Milano, Teatro Elfo Puccini, Sala Shakespeare, Corso Buenos Aires 33
Dal 29 aprile al 18 maggio 2014
www.elfo.org