Un po’ come facevano i giornalisti di altri tempi, almeno quando a leggere i quotidiani, dato il considerevole tasso di analfabetismo, erano poco più di una sparuta minoranza, si può affermare che i fatti sono noti.
I fatti sono appunto noti in quanto è sotto gli occhi di tutti quanto sta avvenendo nel nostro Belpaese, tra scandali di vario genere e specie, intercettazioni, diritto e dovere di cronaca violata e censurata. A onor del vero non si tratta di qualcosa di nuovo ma l’evoluzione di un processo che fonda le sue radici con la spartizione partitocratica della società italiana dal Dopoguerra a oggi. Processo, o forse meglio dire, involuzione che ha visto il suo compimento nel passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica.
Passaggi ben descritti in modi diversi, e a vario titolo, da cronisti che vanno da Gianantonio Stella, da Il Corriere della Sera, a Curzio Maltese, Repubblica, a Massimo Gramellini, La Stampa, a Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano, solo per citare i più noti, e che portano più o meno direttamente, ma inevitabilmente, alla stessa disarmante conclusione, ossia che l’Italia non è esattamente un paese normale. Ma è veramente così?
In quest’ultimo periodo si assiste a una tale ridda di novità, commenti, giudizi, sproloqui compresi, perché anche la disinformazione, proprio come l’informazione, è un’industria, di cui non è sempre facile comprenderne il senso. Per quanto non sia il nostro compito ergerci a paladini della verità, anche perché il lavoro del giornalista è la ricerca dei fatti (la verità è roba da filosofi e teologi), è utile porre almeno alcuni elementi di certezza.
Prima di tutto, a prescindere dalle considerazioni del Presidente del Consiglio (che non è Premier, perché il premierato è un’altra cosa, al momento estraneo al nostro ordinamento!), da parte della magistratura italiana esiste la cosiddetta obbligatorietà dell’azione penale. Dinnanzi alla cosiddetta notitia criminis, ovvero una notizia di reato, un’informazione ricevuta in vario modo riguardante un’azione criminosa o illegale, le Procure della Repubblica, senza alcun tipo di discrezionalità, deve indagare. Questo principio è parte integrante della nostra cultura giuridica moderna, e deve essere riconosciuto e applicato in quanto tale, a prescindere da qualsiasi orientamento personale, politico o morale. Per questo, nel momento un procuratore della Repubblica riceve la citata notizia, sia che riguardi il suddetto Presidente del Consiglio o un altro cittadino, italiano e straniero, deve necessariamente aprire un procedimento, se non altro perché, anche secondo il dettato costituzionale, “la legge è uguale per tutti”, o almeno ci si dovrebbe adoperare perché lo sia.
Ma prima di questo, già secondo la locuzione latina “Nullum crimen, nulla poena sine praevia lege poenali”, già racchiusa nel Digesto del giurista latino Ulpiano, indica che non è possibile perseguire un comportamento se non perfeziona una fattispecie penale espressamente prevista, e sanzionata, da un codice. Tale per cui chiunque è perseguibile per reati esclusivamente configurati all’interno dei Codici, nello specifico in quello Penale. Proprio per questo quando viene affermato che le intercettazioni telefoniche violano il diritto di privacy è vero limitatamente al momento in cui dal contenuto delle medesime non si ravvisa una fattispecie penale, come affermato prima espressamente prevista e sanzionata.
Un’altra “leggenda metropolitana” riguarda il cosiddetto segreto istruttorio, che come hanno più volte spiegato magistrati quali Felice Casson, Edmondo Bruti Liberati e Carlo Nordio, dalle pagine dei più importanti quotidiani ad alcuni programmi televisivi, è stato di fatto abrogato con l’introduzione del Nuovo Codice di Procedura Penale dell’89. purchasing cialis online Why these solutions are getting acidic and what is wrong with it? I medically make it clear in my EBook “Healthy Pancreas, Healthy You” and articles. The functioning of the cheap brand levitra reproductive organs is also increased apart from strengthening the nervous system. Only one pill of 100mg is suggested to take eggs at least one egg india generic tadalafil every three days. This drug is also built upon the chemical configurations to oppose the mechanism PDE5 enzyme that can be cached in correcting the unbearable impotency mechanism by imposing the restriction upon the movements of the PDE5 enzyme that are being carried out to develop erectile dysfunction and can help our body and penile tissues to be circulated with the desired and flawless blood stream. viagra 100mg pills Esiste diversamente, come eccezione alla norma, e per particolari motivi di tutela delle indagini, la cosiddetta secretazione degli atti, come nel caso dell’indagine della procura di Trani, di cui il direttore del TG1, Augusto Minzolini, è accusato di avere violato fornendo a terzi informazioni secretate, appunto, relative all’inchiesta in corso.
Sulle intercettazioni è anche da dire che se da una parte nel nostro paese si eccede, dall’altra è anche vero che oltre ai fenomeni di criminalità comune e finanziaria, oltre al terrorismo internazionale, stile 11 settembre, il nostro paese ha ancora a che fare con focolai mai definitivamente spenti di eversione terroristica interna (vedi gli omicidi Biagi e D’Antona), da quella di estrema sinistra a quella di estrema destra, e, di gran lunga più allarmanti e dannose, forme di autoctona criminalità organizzata di stampo mafioso, in grado di condizionare parte dell’economia nazionale. E’ innegabile che le stesse intercettazioni, e in generale, un buon lavoro di intelligence, sono stati e sono ancora determinanti nella cattura di pericolosi malviventi, e nell’evitare attentati o episodi criminosi di vario genere.
Sgombrato il campo dalla trattazione di quelli che sono e che devono essere considerati come i fondamentali giuridici di una democraz
ia compiuta che la nostra nazione ha deciso di essere già nell’immediato ’45, vi sono altri tipi di valutazioni che non possono essere ignorate.
Per prima cosa non tutto può essere regolato dalle norme giuridiche. Oltre al diritto vero e proprio esiste la cosiddetta “consuetudine”, forse da noi non così consueta, per cui quando di accertano certe responsabilità che di per sé magari non rispondono a una specifica norma codicistica, entra in gioco la norma morale, ovviamente non scritta, o per così dire il senso comune. Se è vero che l’ex presidente delle Regione Lazio, Antonio Marrazzo, non ha compiuto crimini nelle sue particolari frequentazioni maschili, esattamente come l’ex onorevole Cosimo Mele e da poco, limitatamente alla frequentazione di escort, l’ex vice-presidente della Regione Puglia, Sandro Frisullo (al momento in stato d’arresto, quindi solo indagato e non condannato, è da premettere) con quelle femminili, è legittimo chiedere e ottenere le loro dimissioni per un comportamento inadeguato al ruolo da loro esercitato. E la stessa cosa dovrebbe per forza valere anche per la condotta del Presidente del Consiglio con la signora Patrizia d’Addario. Ben altra cosa è però lo stile di vita tenuto, per esempio, da Vittorio Sgarbi, autodefinitosi libertino, piuttosto che da Niki Vendola, gay dichiarato, o Vladimir Luxuria, transgender, che a dispetto di orientamenti sessuali non stereotipati, non vanno in giro a fare i moralisti con la pretesa di seguire la regola del “fate come dico, ma non fate come faccio”.
Ma attraverso tutto questo, che può anche variare a seconda del luogo e del periodo storico, si arriva in realtà al vero nocciolo della questione, ovvero quell’informazione che orbita attorno a tutto questo. Se la Par condicio, ex lege, del 1993 e del 2000, era già qualcosa di demenziale in partenza, se non altro perché il vero problema italiano era ed è la mancanza totale di una legge antitrust, quest’ultimo blackout relativo alle trasmissioni RAI, da Anno Zero a Ballarò, e via così, è qualcosa di inimmaginabile da qualsiasi altra parte d’Europa, Stati Uniti e Giappone, come tranquillamente verificabile da chiunque attraverso anche solo una veloce disamina della stampa estera.
Aggiungo poi che nessuno dei problemi riguardanti il duopolio RAI-Mediaset, parzialmente incrinato da La7, e forse (ma forse) attenuato dall’avvento del decoder digitale terrestre, possa trovarsi seriamente nell’agenda della nostra classe politica attuale. Se questa situazione è certamente dannosa per la democrazia, se non altro perché limita un vero pluralismo, con tre reti da una parte e tre dall’altra, è sicuramente comoda alla quasi totalità di questa classe politica di oggi. Dal momento in cui si fosse ottemperato alla decisione del 1994 della Corte Costituzionale, che dispose la cessione, o il trasferimento sul satellite, di una rete da parte di Mediaset (la scelta cadde su Rete4, “salvata” prima da una proroga di cinque mesi, in attesa di una riforma del sistema), orientamento suffragato da un’altra sentenza della Corte di Lussemburgo, del 31 gennaio 2008, in cui si dichiarava “contrarie al diritto comunitario”, la legge Maccanico, il decreto salva-Rete4, la legge Gasparri ma anche il Ddl Gentiloni, anche la RAI avrebbe dovuto cedere, o trasferire, una delle sue tre reti. Ma quale delle tre? RAI1, RAI2 o RAI3?
Risulta evidente che dinnanzi a una situazione del genere anche la stessa definizione di “servizio pubblico”, mai definita chiaramente da nessuno persino nei momenti del pagamento del canone (che è per il possesso dell’apparecchio televisivo, nota bene, ndr) perde di significato, ammesso che l’abbia mai avuto. Questo naturalmente senza contare la doppia natura di televisione di stato/commerciale, con la raccolta pubblicitaria, che esercita la stessa RAI.
Tra informazione, disinformazione e propaganda legate a doppio filo, principi giuridici inventati, morale a due, e più, velocità, nel bel mezzo di una guerra istituzionale che vede tra i suoi protagonisti Palazzo Chigi, il Quirinale e la Magistratura, ancora una volta si ha la riprova che l’Italia, almeno fino a ora, non è un paese come gli altri.