Due giorni, una notte è il tempo che Sandra (Marillon Cotillard), la protagonista del film dei Dardenne, impiega per cercare di convincere i colleghi di una piccola ditta di pannelli solari a rinunciare a riscuotere il bonus produttività di mille euro e permetterle così di evitare di perdere il posto di lavoro, proprio ora che dovrebbe rientrare da un periodo di malattia causato da una grave depressione.
In un peregrinare incessante durato un intero weekend estivo non privo di suspence (il weekend non si trascorre più a fare cose piacevoli con i propri cari), spinta e motivata dal marito Manu (Fabrizio Rongione), inghiottendo dosi massicce di Xanax, con aria provata e viso struccato dove le si legge ogni più piccolo turbamento e timore, Sandra rintraccia i propri colleghi. Li recupera dalla propria quotidianità, dai loro secondi lavori in nero, dall’allenamento a calcetto ed innesca di volta in volta meccanismi diversi che, nonostante le scene ripetitive avrebbero rischiato di cadervi, non risultano mai banali (da episodi di violenza, a crisi di coscienza, all’affiorare di equilibri labili familiari). Cerca di mettere da parte l’orgoglio perché è solo il salario quello di cui ha bisogno,quello che le permette di vivere ed aiutare la sua famiglia, quello senza il quale”non si è nessuno”(dirà la stessa ad un tratto del film).Però Sandra, a chi le dice che non può rinunciare a quell’assegno per motivi svariati, non serba rancore, saluta ringraziando lo stesso con un bacio sulla guancia e lo sguardo triste e fiero. I fratelli belgi affrontano ancora una volta il tema dell’occupazione; lo fanno fedeli alla loro poetica, con toni realistici, bassi costi di produzione, fotografia scarna, macchina da presa spesso in spalla che segue gli attori in semi-soggettive.
L’ambientazione della pellicola è quella desolante ed anonima delle periferie delle città industriali, senza un centro, dove la gente per forza di cose, è costretta ad isolarsi. Sandra, interpretata da un’intensa Cotillard (perfetta per quel ruolo drammatico, scevro però da ogni patetismo), conosciuta dai Dardenne sul set del suo precedente Un sapore di ruggine e ossa, è “un elogio alla debolezza” che nel finale infatti trova un riscatto. I registi, analogamente a cineasti quali Loach e Leigh, si cimentano su un tema sociale e su personaggi esclusi (si pensi ai precedenti Rosetta e La promessa). Il film si concentra su una classe impoverita, ricattata, schiacciata dalla ricerca di un’ottima prestazione a basso costo, a discapito dell’altro, impaurita dalla minaccia della concorrenza, privata dei diritti sindacali.
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La vicenda ispirata ad un fatto realmente accaduto ad un operaio della Peugeot diventa emblematica di ciò che si sta verificando in tutta Europa. Una storia quanto mai attuale e semplice (ma di una semplicità a cui si arriva dopo un attento e complicato lavoro di sottrazione), che si chiude con un messaggio velato di speranza e di apertura, anche se coerentemente allo svolgersi del film, non troppo buonista; un viaggio nel mondo del lavoro che diventa al tempo stesso un viaggio all’interno della propria anima, della propria coscienza.
Due giorni, una notte – Un film di Luc Dardenne, Drammatico, durata 95 min., Belgio 2014
Con Jean-Pierre Dardenne. Con Marion Cotillard, Fabrizio Rongione, Pili Groyne, Simon Caudry, Catherine Salée, Alain Eloy, Olivier Gourmet, Christelle Cornil