Due anni fa, esattamente dal 28 giugno del 2008, il percorso di visita del Palazzo Borromeo all’Isola Bella venne arricchito di un affascinante gioiello: l’Ala cosiddetta del Generale Berthier, sino ad allora preclusa al pubblico, spettacolare sequenza di ambienti, nella quale è conservata la Collezione Borromeo, l’unica grande Quadreria di Famiglia pervenuta integra in ambito lombardo.
Bona e Giberto Borromeo, già nel 2005, in previsione della riapertura al pubblico dell’Ala Berthier e della Galleria dei Quadri, affidarono a Mauro Natale e Alessandro Morandotti l’incarico di studiare questo loro patrimonio d’arte. Il frutto dei quasi sei anni di ricerche che i due studiosi hanno condotto con la collaborazione anche di altri esperti, è ora condensato in un ponderoso volume “Collezione Borromeo. La Galleria dei Quadri dell’Isola Bella” edito da Silvana edizioni, volume presentato in questi giorni. In questo imponente volume ciascuna delle 103 opere della Galleria dei Quadri vi è documentata fotograficamente ed è accompagnata da una scheda nella quale si dà conto, grazie anche alle indagini nell’Archivio di Famiglia, delle vicende che hanno portato ogni singola opera nella Collezione. Si evidenzia inoltre la situazione pre e post gli interventi di restauro condotti in concomitanza con il progetto di riapertura, oltre ad una disanima critica di ogni dipinto. Si tratta certo di un’opera fondamentale per chi voglia approfondire la storia dell’arte lombarda e italiana.
Nell’Ala Berthier del Palazzo dei Principi all’Isola Bella si conservano infatti alcune testimonianze significative delle scelte artistiche della famiglia Borromeo. La natura degli ambienti, tra loro contigui, offre una varietà di colpi di scena, tra le ricche collezioni di quadri e il fasto dell’architettura d’interni.
Arrivati in testa allo scalone del piano nobile, ci si addentra in due camerini fitti di dipinti significativi (tra i quali due Vedute di Roma di Gaspard van Wittel, un Ritorno del figliol prodigo di Alessandro Turchi e Una Famiglia di poveri di Giacomo Ceruti). Anche nello spazio ridotto di queste stanze i dipinti sono sistemati sulle pareti a mosaico, secondo un criterio decorativo comune alle dimore aristocratiche di epoca barocca.
Da qui si accede alla “Galleria dei quadri”, cuore pulsante del collezionismo della famiglia Borromeo tra la fine del Seicento e oggi. Research has led many doctors to believe that acheter viagra pfizer may help women whose womb have very thin linings. If you cheap viagra uk are a man with the same problem, you should be certain to be ok soon. In the smooth muscles of male organ starts during pregnancy and the growth continues in childhood. viagra effects women Proficient group of wellbeing spesildenafil viagra de pfizer ts will deal with every one of your friends and relatives.
La “Galleria” è una tipologia architettonica molto diffusa in Europa tra il Cinquecento e il Seicento, adatta alla civile conversazione (“Le Gallerie sono luoghi di trattenersi le persone nobili, e ricche, e passeggiare al coperto”, scrive l’architetto Vincenzo Scamozzi nella sua Idea dell’architettura edita a Venezia nel 1615), ma soprattutto tradizionalmente destinata alla raccolta di quadri, sculture e oggetti d’arte.In molte parti d’Italia ci sono esempi illustri di questi ambienti dalla pianta sviluppata in senso longitudinale, ma la Galleria Borromeo dell’Isola Bella costituisce l’unica traccia superstite e intatta dell’antica fortuna di simili ambienti nel territorio dell’odierna Lombardia.
Gli antichi inventari di casa a descrivono con nomi diversi: alla fine del Seicento viene indicata come “Galleria dei quadri vecchi”, perché vi si conservavano anche opere di maestri attivi nel Cinquecento o nel primo Seicento, mentre sempre a cavallo fra Seicento e Settecento viene anche definita “Galleria dell’alcova”, in virtù dell’originaria e insolita ‘appendice’ architettonica: una alcova aperta sulla Galleria, ma da essa separata attraverso il diaframma di una monumentale ‘cornice’ di gusto barocco, segnata dalla presenza di due lesene di marmo sormontate da una complessa ‘armatura’ decorativa in legno scolpito, dipinto e dorato con al centro lo stemma della famiglia. A partire dalla fine dell’Ottocento, la galleria dei quadri venne anche detta “Galleria del generale Berthier” o “Galleria Berthier”, in ricordo del soggiorno di un solo giorno all’Isola, al seguito di Napoleone e della moglie Joséphine, del generale francese Louis-Alexandre Berthier (1753-1815), il quale dormì proprio nell’alcova della Galleria nell’agosto 1797.
Le pareti della Galleria accolgono circa 130 dipinti disposti ad occupare, con studiato horror vacui, ogni minimo spazio delle superficie muraria, letteralmente tappezzata da un mosaico di quadri, secondo quanto era tipico nell’allestimento delle quadrerie del Seicento e del Settecento. L’assetto odierno documenta l’ultimo ordinamento della Galleria, databile ai primi decenni del Novecento, ma gli studi in corso di Alessandro Morandotti e Mauro Natale permettono di seguire nel tempo, a partire dall’inaugurazione di quest’ambiente avvenuta poco prima della morte di Vitaliano VI Borromeo (1690), gli ingressi e le uscite di numerosi quadri, ancora oggi presenti in Galleria o invece dispersi in altre zone del Palazzo, in ragione dei cambiamenti di gusto dei vari membri della famiglia. Il numero dei dipinti esposti rimase costante nel tempo, ma l’originaria predominanza della pittura barocca dell’Italia settentrionale, e in modo specifico lombarda, venne col tempo modificata, soprattutto in seguito al cambiamento di gusto in età neoclassica promosse di Giberto V Borromeo (1751-1837); appartengono alla più antica fase tardo-barocca le ricche cornici intagliate e dorate che punteggiano le pareti della stanza, parte integrante del progetto decorativo della Galleria.
La Galleria include capolavori, opere d’arte di primo piano e, secondo una prassi ricorrente in altre collezioni nobiliari dell’epoca, alcune copie da grandi maestri del passato che documentano il successo duraturo degli artisti più illustri (Raffaello, Correggio, Guido Reni)
Per questo questa Galleria è fondamentale per studiare la pittura lombarda del Rinascimento, dalle opere di alcuni strenui difensori della tradizione artistica locale, come Ambrogio da Fossano, detto il Bergognone, e quelle della compagine dei pittori leonardeschi. Tra i dipinti che possono essere annoverati in questo ambito, si ricorderanno i due Ritratti di Giovan Antonio Boltraffio, il più dotato seguace milanese di Leonardo, o le seducenti eroine di Giampietrino, Didone e Sofonisba, degne di essere esposte idealmente, per il suadente accostamento alla maniera internazionale, tra le opere possedute dal re di Francia Francesco I nel castello di Fontainebleau.
La pittura veneta del Cinquecento è documentata dall’opera da un allievo di Tiziano, il trevigiano Paris Bordon (1500-1571), attivo nella Milano di Carlo V, dove è documentato tra
il 1548 e il 1551. Bordon venne apprezzato dai collezionisti locali anche dopo la morte, come è documentato tra l’altro dalle vicende della raccolta Borromeo, nella quale diversi erano i dipinti assegnati al pittore fin dall’inaugurazione del cantiere dell’Isola Bella alla fine del Seicento. In Galleria, tra le numerose opere che gli sono tradizionalmente attribuite, si riscontra la qualità di originale nella Sacra Famiglia con Santa Elisabetta, San Zaccaria e San Giovannino, un’opera di squillanti colori (tra aranci, rossi e viola) ammirata anche da Bernard Berenson in una sua breve visita all’Isola nel 1904.
Dominano le pareti lunghe della Galleria due tele colossali di Camillo Procaccino provenienti da chiese milanesi; sono attorniate da altre opere dei maestri del Seicento lombardo come Giulio Cesare Procaccini, Daniele Crespi, Giovanni Battista Discepoli, lo Zoppo di Lugano, Carlo Francesco Nuvolone o di autori riscoperti anche grazie alla riapertura della Galleria, quale si deve considerare Carlo Cornara (1608-1676), l’autore del Mosé che calpesta la corona del faraone, superstite e coloratissimo capolavoro del barocco lombardo fin dall’origine nella Galleria, ci introducono idealmente alla cosiddetta Sala del trono, una delle sale più spettacolari di tutto il Palazzo, vero e proprio museo dell’arte barocca lombarda.