Giornalista non rieducabile, cita il sottotitolo di questo libro dedicato alla giornalista russa più celebre, per citare il quasi omonimo testo teatrale Donna non rieducabile (scritto da Stefano Massini, ndr) a lei dedicato. Una cronista, e scrittrice, d’inchiesta che non si è limitata a essere spettatrice, perché come ha ricordato il collega Vladimir Jurov: “… fare il giornalista in Russia equivale a suicidarsi, almeno se hai intenzione di dire la verità”. Sorte che le è purtroppo toccata per mano di un killer il 7 ottobre del 2006, lo stesso giorno della data di nascita del presidente russo Vladimir Putin. Perché, come sottolinea l’autore, Anna è stata uccisa proprio perché giornalista, nemica giurata dell’ex colonnello del KGB Putin e del suo entourage, più o meno della medesima provenienza militare, a capo “… di un esercito immorale e depravato…”, per dirla con le sue parole, ai vertici di una importantissima nazione il cui livello democratico, come ha affermato il celebre campione di scacchi Garri Kasparov (intervistato da Fabio Fazio per Rai tre, ndr) è lo stesso della Bielorussia, del Venezuela, e dello Zimbawe.
Il racconto del lavoro di Anna si snoda attraverso analisi, come quella sul regime russo dell’intellettuale polacco Adam Michnik, ex dirigente di Solidarnosc, di un paese in cui le persone accettano un capo neosovietico dai poteri quasi assoluti perché abituati così, e soprattutto perché incapaci di accettare le novità e i rischi dell’essere liberi. Una società in cui il culto della personalità resta ben forte negli spiriti delle persone, come testimoniano i festeggiamenti in piazza per gli anniversari del compleanno dello stesso Putin. Una comunità per giunta maschilista, e fondamentalmente patriarcale, in cui la donna sembra essere colpevole di tutto proprio perché donna.
La cronista ha raccontato della sua nazione, in cui la polizia ha compiuto un bagno di sangue nell’irruzione del teatro Dubrovka nell’ottobre del 2002, occupato dai 33 terroristi ceceni uccisi insieme a 174 ostaggi (oltre ai 700 intossicati dal gas impiegato, di cui l’80% ha in seguito subito danni permanenti, ndr) proprio come a Beslan, in Ossezia del Nord, due anni dopo circa, in cui l’intervento delle forze speciali russe contro un gruppo di terroristi, sempre ceceni, che aveva occupato una scuola vede un bilancio di 394 morti, di cui 156 bambini. Tutto questo senza che a eventi di una così straordinaria gravità siano seguiti veri provvedimenti, con una magistratura che, nella stragrande maggioranza dei casi, e nella migliore delle ipotesi, non ha svolto né svolge seriamente il proprio lavoro.
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La narrazione dà anche un occhio agli amici di Putin a ovest della Russia (da noi, uno è stato anche per tre volte Presidente del Consiglio), per tacere del surreale presidente ceceno Achmad Kadyrov, titolare di un governo filo-russo che alle elezioni del 2007 ha fatto vincere il proprio partito, Russia Unita, conquistando il 99,36%, con il 99,5% di affluenza, percentuali degne della Corea del Nord.
Il libro di Andrea Riscassi, che in conclusione pubblica una lista con i nomi dei giornalisti che in Russia dal 2000 a oggi hanno perso la vita, oltre a raccontare con accurata semplicità i fatti per quello che sono, risulta quasi profetico, considerato che è stato scritto, editato e presentato prima delle ancora tensioni tra Ucraina e Russia, nella quasi guerra ancora oggetto di cronaca.
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