l percorso oltre William Shakespeare e Heiner Müller andato in scena lo scorso mese al Teatro Elfo Puccini
Con Die Hamletmaschine Heiner Müller ha intrapreso un’indagine su ciò che appare e ciò che è o, meglio, concentra la sua attenzione sull’essere attore attraverso una serie di monologhi che riflettono il diaframma tra personaggio e interprete, e traducono l’interiorità di quest’ultimo.
Una scomposizione della rappresentazione verso una forma intima che è l’attore e che Roberto Latini, nel suo Amleto + Die Fortinbrasmaschine, supera fino a dissolvere nella continuità lo stesso archetipo shakespeariano.
Addirittura geniale il passaggio su Amleto che richiama il monologo del cimitero riferito al teschio di Yorick, dove il principe di Danimarca rammenta di averlo conosciuto: «Alas, poor Yorick! I knew him, Horatio, a fellow of infinite jest, of most excellent fancy ». Ma qui è Amleto ad essere ricordato, in fondo lo spirito del buffone che alimenta il teatro e si perpetua nei generi. Colui che appare è un automa, l’archetipo della rappresentazione, la cui morte è la palingenesi di un nuovo processo che Fortinbras raccoglie. E Roberto Latini, sul palco della Sala Fassbinder, ha proseguito la sua opera di destrutturazione dei personaggi, nella ricerca di un’espressione teatrale da reinventare nell’identità dell’attore.
Giudizio: ****
Produzione FORTEBRACCIO TEATRO
Amleto + Die Fortinbrasmaschine di e con Roberto Latini
Drammaturgia di Roberto Latini e Barbara Weigel
Regia di Roberto Latini
Musiche e suoni: Gianluca Misiti
Luci e tecnica: Max Mugnai
Milano, Teatro Elfo Puccini, Sala Fassbinder, corso Buenos Aires 33
Dal 4 all’8 aprile 2018
www.elfo.org