Al Teatro Strehler la nuova produzione del Piccolo
in prima nazionale dal 12 aprile al 6 maggio 2012
I segreti e i meccanismi del Potere
Giulio Cesare secondo Carmelo Rifici
Alla sua quinta regia per il Piccolo Teatro di Milano Carmelo Rifici, 38 anni, affronta un grande classico, Giulio Cesare di William Shakespeare, che debutterà in prima nazionale giovedì 12 aprile prossimo al Teatro Strehler, con repliche fino a domenica 6 maggio.
È la prima volta di Rifici nella sala più grande del Piccolo, dopo I pretendenti di Lagarce, Il Gatto con gli stivali di Tieck, Dettagli di Norén, andati in scena allo Studio, e Nathan il saggio di Lessing al Grassi. Un grande cast con 23 attori (tra i quali Massimo de Francovich nel ruolo di Giulio Cesare, Marco Foschi in quello di Bruto, Sergio Leone di Cassio, Danilo Nigrelli di Antonio), un’originalissima messa in scena ricca di sorprese e di effetti speciali e una lettura che sviscera aspetti mai portati sul palcoscenico, fanno del Giulio Cesare di Rifici uno degli appuntamenti teatrali più attesi della primavera.
E poi a suscitare grande interesse c’è il tema – quanto mai quotidianamente subito nella vita di ognuno di noi – dei segreti e dei meccanismi del Potere, del suo eterno conflitto con l’ideale, la giustizia, la libertà: un tema che appassionò particolarmente Shakespeare quando scrisse Giulio Cesare al volgere del nuovo secolo, il Seicento.
Giulio Cesare si svolge all’interno di uno scenario distrutto e frammentato. La repubblica è allo sbando: priva di valori e di modelli di riferimento, trova in Giulio Cesare il capro espiatorio su cui scaricare tutta la violenza accumulatasi negli anni.
In questo mondo disorientato e dominato dall’invidia, due figure si contrappongono: Marco Antonio, il nuovo ‘comunicatore’, ambiguo, seduttivo e demagogo, e Bruto, assassino con Cassio di Cesare, in realtà la sua copia mal riuscita e come lui destinato ad andare incontro a una morte violenta, sacrificale, l’unica soluzione, sembra dire Shakespeare, perché Roma trovi pace.
Quando le decisioni sono prese all’interno di stanze
alle quali è interdetto l’accesso del popolo…
di Carmelo Rifici
Giulio Cesare è ancora oggi uno dei testi che meglio rappresentano i meccanismi del potere. Soprattutto, restituisce una metafora sulla crisi di un sistema e invita anche il pubblico contemporaneo ad avere un punto di vista universale, uno sguardo dall’alto su che cosa può succedere quando uno Stato entra in crisi.
La grandezza di Shakespeare sta proprio nella sua straordinaria capacità di rendere universali i problemi, svincolandoli dal quotidiano e dal dettaglio.
Nel testo ho individuato tre nuclei. Il primo è l’aspetto pubblico: c’è una repubblica che sta evolvendo in un impero. Una parte della classe politica non vuole che ciò accada. La questione investe anche la popolazione, i cittadini di Roma e – in una visione universale – qualunque popolo che si trovi di fronte ad una svolta autoritaria.
Il secondo nucleo, per me più importante, è l’aspetto privato. Abbiamo la percezione che le necessità dello Stato siano totalmente in secondo piano rispetto alle istanze espresse dai rapporti privati all’interno della classe politica, basati su strani equilibri che vengono via via smantellati. I politici si trovano a gestire una situazione che non conviene né a loro né al popolo. Di ciò che convenga al popolo, Shakespeare ci fa sapere ben poco. Molto ci dice invece su che cosa avvenga all’interno di una classe politica in crisi, dove si cerca di salvaguardare gli interessi privati e non il bene pubblico. È inutile sottolineare la somiglianza con il nostro presente. Cesare, Bruto, Cassio e Antonio vivono tutti una dimensione personale (amori, odi, invidie e gelosie) che riverbera sulla vita politica di Roma, la quale viene tragicamente travolta dalle loro stesse passioni. Il contesto politico in cui si muove il dramma storico è caotico e frammentato, il popolo non distingue Repubblicani da Monarchici, perché le differenze interne ai due schieramenti tendono a scomparire e ad essere assimilate ad un medesimo costume: chi sta all’opposizione tenta in tutti i modi di sradicare chi siede sulla poltrona del comando, e quest’ultimo sa che se fosse al posto suo farebbe esattamente la stessa cosa.
Un terzo nucleo, quasi mai affrontato nelle messe in scena del Giulio Cesare, è quello “magico”, rappresentato dalle profezie e dai poteri occulti, di cui troviamo traccia in molte opere di Shakespeare, anche se è strano rilevarne la presenza in un dramma storico. Nel Giulio Cesare i presagi si avverano e meritano pertanto attenzione. Fondamentale risulta la figura dell’indovino, che io ho ampliato, rispetto al testo originale, conferendole un respiro più ampio. Diventa il ponte fra il potere della classe dirigente e un potere “altro”. La relazione fra magia e potere è millenaria ed è un fenomeno che si verifica, anche se in maniera meno prepotente, ancora oggi. E’ molto frequente che questo rapporto emerga nei periodi di crisi della politica: pensiamo per esempio al rapimento Moro, con la seduta spiritica alla quale partecipa Prodi, o al legame di Mussolini con il sensitivo Gustavo Rol, o a quello di Reagan con le veggenti, ma pensiamo anche ai rapporti con le logge massoniche, i servizi segreti, o peggio con quello che Norberto Bobbio chiama lo Stato invisibile o l’antistato. Uno Stato che si autodisciplina fuori dalla regole della Democrazia.
Per indagare questi tre filoni ho evitato di ricorrere a immagini della Roma imperiale o repubblicana e ho vestito gli attori con abiti contemporanei. L’iconografia del potere è oggi incredibilmente legata a uomini che indossano gessati o abiti blu e cravatte rosse o blu, e a tendaggi degli stessi colori che fanno da sfondo alle foto ufficiali. Quasi non vi fossero altri colori ed esistesse una sorta di “divisa” che il popolo è abituato a riconoscere e ad identificare con il potere.
Roma sulla scena diventa una stanza. Cassio dice: “Roma è diventata una stanzetta dove si è rifugiato un unico uomo”, e Antonio, parlando di Ottaviano, dice a un suo aiutante: “Non far venire Ottaviano ancora a Roma, perché Roma è una stanza alquanto pericolosa”. Questa rappresentazione consente di creare corridoi, giochi quasi labirintici all’interno della scena, dove i personaggi agiscono all’interno di un piccolo spazio. La stanza del potere ha ben poco a che vedere con la pubblica piazza dove i fatti dovrebbero essere condivisi e portati alla luce. È il popolo che dovrebbe decidere il destino di Roma.
Con questa scelta ho voluto mettere in evidenza un aspetto che ritengo molto importante. Shakespeare denuncia un pericolo: le decisioni sono prese all’interno di stanze alle quali è interdetto l’accesso al popolo sovrano…
Carmelo Rifici
L’adattamento drammaturgico
di Renato Gabrielli
Nel progetto registico di Carmelo Rifici, i numerosi ambienti esterni evocati nel copione shakespeariano vengono ricondotti all’interno di un sistema di stanze che si scompongono e ricompongono, incastrando inesorabilmente i personaggi, guidandone i percorsi, limitandone la libertà. Non c’è pubblica piazza, non c’è campo aperto di battaglia. L’adattamento che ho realizzato insieme a Rifici ha comportato dunque soprattutto un lavoro di taglio e nuovo montaggio della traduzione di Agostino Lombardo su misura di una precisa drammaturgia dello spazio. Abbiamo scelto di “asciugare” drasticamente le battute dei personaggi principali (in particolare di Bruto, Cassio e Antonio), per poter dare anche rilievo a figure in apparenza minori, conservando scene o spezzoni di scena che nella maggior parte degli allestimenti vengono tagliati. In ciò si asseconda l’intento registico di dare vita in primo luogo a un ambiente: quello di una Roma/stanza inquieta, contraddittoria, avida e timorosa al tempo stesso di uno sconvolgimento epocale che tutti, dall’irridente calzolaio che appare solo nella prima scena a Cesare stesso, avvertono come inevitabile.
Sotto il velo di una retorica che raggiunge nei versi shakespeariani vette altissime, ribollono spinte irrazionali, invidie appassionate e inconfessabili, deliri di superstizione. Giulio Cesare è una tragedia di presagi che si avverano e di eroi che soccombono ai propri fantasmi, rinunciando di fatto all’autonomia etica che si ostinano a rivendicare. I potenti usano l’occultismo a scopo di manipolazione, ma sono a loro volta sedotti, fuorviati, ipnotizzati. Non si dimostrano poi sostanzialmente diversi da quel popolo che disprezzano a parole, e che, con la forza delle parole, inducono a scatenare un’incontrollabile violenza. E infatti gli artigiani sostenitori di Cesare nella scena iniziale – da noi rielaborata per accentuare l’aspetto sinistro, più minaccioso che comico, dei giochi di parole – si contrappongono da pari a pari, senza palesare alcun tipo d’inferiorità, ai nobili Flavio e Marullo.
Nel copione di Shakespeare non mancano certo le scene d’azione, e il sangue si sparge senza risparmio. Si è scelto di immergere queste scene in un’atmosfera rarefatta e allucinatoria, come se anche colui che perpetra la violenza ne fosse al tempo stesso spettatore impotente. Beninteso, il clima onirico non depotenzia i conflitti, né li rende irreali, ma accentua una scissione interna ai personaggi in cui una sensibilità contemporanea non può non rispecchiarsi. La violenza è sempre altrove, goduta come uno spettacolo, contemplata a distanza, perfino se siamo noi stessi a compierla, o se viene compiuta in nostro nome.
Piccolo Teatro Strehler (largo Greppi – M2 Lanza), dal 12 aprile al 6 maggio 2012
Giulio Cesare di William Shakespeare, traduzione Agostino Lombardo
regia di Carmelo Rifici
ideazione e progetto scenico Marco Rossi e Carmelo Rifici
luci A. J. Weissbard, costumi Margherita Baldoni
musiche Daniele D’Angelo, adattamento drammaturgico Renato Gabrielli
Personaggi e interpreti
Giulio Cesare
Massimo De Francovich
Bruto
Marco Foschi
Cassio
Sergio Leone
Antonio
Danilo Nigrelli
Casca (soldati)
Pasquale Di Filippo
Calpurnia (popolo)
Giorgia Senesi
Ottaviano (popolo)
Gabriele Falsetta
Trebonio, Marullo, Stratone
Leonardo De Colle
Decio, Pindaro
Tindaro Granata
Metello, Flavio, Titinio
Ivan Alovisio
Cinna, Messala
Angelo Tronca
Caio Ligario, Lucilio
Giulio Baraldi
Cicerone, Artemidoro, Lepido
Marco Balbi
Indovino, Cinna il poeta
Max Speziani
Lucio (popolo)
Francesca Porrini
Porzia (popolo)
Federica Rosellini
Ciabattino, servo di Cesare e Antonio, Clito
Rosario Petix
Falegname, servo di Ottaviano, Popilio
Elio D’Alessandro
Publio (popolo, soldato)
Angelo De Maco
e con Walter Cerrotta, Lucia Marinsalta, Davide Paciolla, Giulia Vecchio
Produzione Piccolo Teatro di Milano – teatro d’Europa
Foto di scena Attilio Marasco
Orari: martedì e sabato ore 19.30; mercoledì, giovedì e venerdì ore 20.30; domenica ore 16.00 Lunedì (salvo lunedì 23 aprile ore 20.30), mercoledì 25 aprile e martedì 1 maggio riposo.
Mercoledì 18 aprile ore 15 e mercoledì 2 maggio ore 15 e 20.30.
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