Come nella nota fiaba I vestiti nuovi dell’imperatore, in cui, al termine del racconto, il piccolo protagonista dichiarava che il re era nudo, di norma la fine di chi giunge alla verità non è mai delle migliori (infatti, nella versione originale, il bambino veniva sodomizzato). Allo stesso modo, la lettura che questo film dà dei fatti relativi e successivi alla strage di piazza Fontana del 12 dicembre del 1969, e dei suoi protagonisti, per quanto possa prestare il fianco a critiche (puntualmente arrivate) è qualcosa a cui un buon numero di italiani, incluso chi scrive, aveva già pensato.
Il motore narrativo è mosso dalle figure di due protagonisti della storia, il commissario Luigi Calabresi e l’anarchico Giuseppe Pinelli, il primo investigatore (ucciso nel ’72, delitto per cui sono stati condannati Adriano Sofri, come mandante, Ovidio Bompressi, Giorgio Pietrostefani e Leonardo Marino, quest’ultimo pentitosi nella seconda metà degli anni ‘80, e accusatore degli altri tre, in una vicenda processuale che ha visto un primo giudizio di colpevolezza, annullamenti e rifacimenti, fino a una definitiva condanna che, tutt’oggi, non ha sopito i troppi dubbi all’interno di un iter piuttosto tortuoso, e, dal carattere decisamente indiziario) e il secondo, defenestrato subito dopo la strage durante un interrogatorio all’interno dello stesso ufficio del commissario, ma in sua assenza (in una vicenda tanto contraddittoria che all’ipotesi di suicidio nessuno crede più). Due figure, fin dall’inizio su fronti decisamente opposti, in una vicenda accaduta, che da una prospettiva ben diversa da quella che finora ci è stata raccontata, forniscono un affresco della storia e del periodo che non colpiscono solamente lo stomaco ma anche il cuore, e non solo per chi le ha vissute. Due eroi, loro malgrado, che alla fine possono essere considerate le vittime sacrificali (al commissario era stata tolta la scorta due giorni prima dell’omicidio) di un oscuro processo che ha prima visto un pesante linciaggio, per così dire, mediatico (si ricordi la lettera aperta pubblicata da L’Espresso del 13 giugno ’71, sottoscritta da gran parte dell’intellighenzia di sinistra, secondo cui Calabresi “… porta la responsabilità della sua fine”, per tacere del dossier falso proveniente dallo stesso ministro dell’Interno, secondo cui il poliziotto era stato addestrato dai servizi segreti statunitensi, ndr), citando il fortunato lavoro televisivo, e letterario, di Sergio Zavoli, la cosiddetta “Notte della Repubblica”.
In un intreccio che supera di gran lunga la migliore delle spy-story, com’è noto, dall’attento alla Banca Nazionale dell’Agricoltura a oggi, dopo diverse vicende processuali durate anni e anni, si giunge a una verità storica, quella del film, da tempo sotto gli occhi di tutti, ma a una verità processuale che all’oggi non ha visto un solo colpevole passato in giudicato. This company handles all the work involved in the manufacturing tablets viagra online process from sourcing to finishing. When everyone of these parts have been evaluated, you’ll be able viagra for sale mastercard on your medical doctor an determine that your condition is psychological and not physical, you will find a diabetes diet that an individual can follow to help you control this condition. Then people can pay more attention generic levitra cheap to their work and life. Yes, Kamagra jelly start working in just 20 minutes and then men can start the sexual activity) silagra 100 mg has three adapted versions, viz. view for more info cialis online generic Una “Strage di stato”, mossa da elementi deviati dei servizi segreti di allora, neofascisti veneti e formazioni fasciste come la X Mas, e, con tutta probabilità, dagli stessi elementi della NATO, quelli che permisero i golpe militari in Cile e in Grecia, un’azione criminosa da considerarsi apripista al fenomeno del terrorismo rosso e nero, fino al sequestro Moro e la strage di Bologna, solo per citare tra i fatti più gravi avvenuti negli anni successivi. Una narrazione che, a vario titolo, vede tra i suoi primi attori l’allora presidente del Consiglio Aldo Moro, il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, l’accusato per eccellenza Pietro Valpreda, successivamente del tutto scagionato, il principe Junio Valerio Borghese, a capo della X Mas, i giornalisti Guido Giannettini e Camilla Cederna, su fronti radicalmente opposti (il primo informatore del SID, il Servizio Informazioni Difesa, sostituito dal SISMI, Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Militare, ndr), il collaboratore dei servizi segreti Stefano delle Chiaie, il questore Marcello Guida (il quale dichiarò che il “suicidio” del ferroviere anarchico era la prova della sua colpevolezza, ndr), l’editore Giangiacomo Feltrinelli (che una verità storica, a cui nessuno crede più molto, dice sia morto, a Segrate, ucciso da un ordigno che stava posizionando, nel tentativo di abbattere un traliccio, ndr), oltre a magistrati, ministri e giornalisti (che per esigenza di brevità qui non menzioniamo tutti). Ed è bene sottolineare che, anche a titolo di veridicità di quanto viene raccontato, tra le persone che nei titoli di coda gli autori ringraziano vi sono le vere consorti dei consorti, ben presenti nella pellicola, oltre ad altri, come per esempio il magistrato Guido Salvini.
Non solo cinema civile, ma anche una vera lezione di cinema, per sceneggiatura e regia da manuale, un cast stellare, a partire proprio dal Calabresi di Valerio Mastandrea e dal Pinelli di Pierfrancesco Favino, e una ricostruzione dei luoghi e delle situazioni veramente impressionante.
Ancora una volta Giordana, dopo pellicole come “Pasolini, un delitto italiano”, “I cento passi” e “La meglio gioventù”, si rivela uno dei continuatori del cinema di Francesco Rosi, e tra i più importanti narratori della storia d’Italia degli ultimi 50 anni.
Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana, drammatico, 129’, Italia 2012
Con Valerio Mastrandrea, Pierfrancesco Favino