Second Story Sunlight, olio su tela, 1960Il mito degli States tra le due Guerre, in bilico tra l’epica letteraria urbana di Raymond Chandler e quella rurale di John Steinbeck, con due brevi digressioni parigine, tutti rappresentati nei lavori del pittore americano Edward Hopper.

La città nei suoi anfratti meno illuminati, dal pub notturno di “Nighthawks”, la tematica del nudo, per esempio in “Girlie Show”, e la campagna nei suoi spazi, come “American Village”, in forme narrative in cui se nella prima e nella seconda la presenza umana è fondamentale, nell’ultimo caso è meramente accessoria.

Le situazioni in cui i protagonisti si trovano, non necessariamente persone ma anche ambienti, sono quelle della staticità e dell’attesa, in cui il sole che illumina le case non è troppo caldo, il buio delle strade cittadine non è mai veramente oscuro e il vento, che scompiglia i prati, è sempre una brezza contenuta.

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Contrariamente a quanto in molti, erroneamente, possono essere tratti in inganno, Hopper non è assolutamente il realista, o peggio l’iperrealista, che almeno visto da lontano alcune sue opere potrebbero indurre a pensare.

“Forse non sono molto umano. Il mio desiderio era di dipingere la luce del sole riflessa sul muro di una casa” disse di sé l’artista. Per quanto riguarda proprio l’uso della luce siamo più vicini a certi pittori fiamminghi, Rembrandt, mentre il suo tratto ha parecchio da spartire con gli impressionisti, Manet, dalla costruzione dell’insieme al dettaglio completo nel suo essere accennato, con qualche punto in comune con l’essenzialità metafisica di De Chirico.

La mostra ha il pregio di presentare anche gli schizzi, compresi quelli giovanili, dell’autore, gli acquarelli, le acqueforti e tutto il materiale preparatorio per la realizzazione della pittura finale. Il difetto della mostra è sempre quello dell’illuminazione, in almeno un paio di situazioni al limite del sepolcrale. Ma almeno stavolta si può tranquillamente dire che il prezzo del biglietto vale i suoi soldi.

Accessoria l’installazione ludica, per il pubblico, del set di “Morning Sun”, per il celebre quarto d’ora di celebrità che ormai, quasi, tutti rivendicano.

Edward Hopper

Milano, Palazzo Reale, fino al 31 gennaio 2010

Info: www.edwardhopper.it