Residenze d’artista e nuove installazioni site specific
MAO Museo d’Arte Orientale, Torino
Inaugurazione aperta al pubblico
sabato 4 novembre ore 15
Dal 2022, sotto la direzione di Davide Quadrio, il MAO ha inaugurato un programma di residenze d’artista e commissioni site specific che individua nell’arte contemporanea il mezzo per favorire la nascita di nuove interpretazioni e narrazioni plurali, oltre che il motore di valorizzazione del patrimonio museale, in un dialogo virtuoso capace di generare connessioni inattese.
In occasione di Artissima 2023, il MAO ha il piacere di presentare al pubblico quattro nuove prestigiose commissioni frutto di questo progetto pluriennale: Il Rituale del Serpente di Marzia Migliora, Le son de la pierre di LEE Mingwei (entrambi in residenza al Museo per il biennio 2022-2024), Flying Kodama di Kengo Kuma e Gigli, cinghiali, qualche carpa e poi conigli, galline e asini in gran quantità di Francesco Simeti, in residenza al MAO a partire da ottobre 2023.
Tutte le opere saranno visibili acquistando il biglietto di ingresso alle collezioni permanenti.
I PROGETTI:
Il Rituale del Serpente | Marzia Migliora
In occasione del progetto di residenza #MAOTempoPresente l’artista Marzia Migliora (Alessandria, Italia, 1972) ha lavorato al MAO per alcuni mesi fra il 2022 e il 2023, confrontandosi con le opere custodite nei deposti, assimilando oggetti, stilemi, immagini della collezione museali e trasformandoli in un composito alfabeto utilizzato per comporre Il Rituale del Serpente.
L’opera trae il titolo dall’omonimo libro dello storico dell’arte tedesco Aby Warburg (1866-1929) che descrive i cerimoniali degli indiani Pueblo, osservati nel corso del viaggio nel sud-ovest degli Stati Uniti del 1895-96.
Procedendo secondo il metodo warburghiano, strumento pionieristico di connessione della storia dell’arte con altre discipline storico-scientifiche, Migliora seleziona e analizza le opere delle collezioni avvicinandole al suo gesto creativo, che si genera per assonanze e intuizioni legate a contesti antropologici e di natura sociale anche molto distanti fra loro.
Gli arazzi dal titolo Il Rituale del Serpente (2023), che impegnano parzialmente lo scalone monumentale d’ingresso del MAO, hanno origine da un grande rotolo di carta disegnato (130 x 9140 cm) con tecnica mista – collage, frottage e disegno – realizzato dall’artista partendo da alcuni oggetti rituali e sculture della collezione, invisibili al pubblico perché attualmente non esposti nel percorso di visita del MAO.
In questo grande disegno i soggetti di diversa natura, epoca e cultura (opere della collezione, riferimenti alla storia umana post industriale, alla natura e alla simbologia dei naga /serpenti) si incrociano e interferiscono tra di loro creando una narrazione per immagini in cui ogni elemento possa convivere con gli altri in un unico ambiente parossistico e astorico.
Partendo dal disegno su carta di Migliora Giovanni Bonotto (A Collection) ha elaborato cinque arazzi, via metaforica alla tessitura del tempo e della storia, appesa davanti ai nostri occhi come sudario di una realtà antropica contemporanea e sofferente. Il tema della produzione tessile e le conseguenze sociali che tale processo ha provocato costituiscono la base tematica del lavoro.
L’opera traccia un ponte simbolico e percorribile da diverse direzioni tra le collezioni conservate al Museo d’Arte Orientale di Torino e il tempo contemporaneo, nel tentativo di portare all’interno del Museo un’opera che, metaforicamente, unisca spazio-tempo e trama e ordito in un crescendo emotivo, storico ed esperienziale.
L’opera di Marzia Migliora Il Rituale del Serpente è stata commissionata dal MAO Museo d’Arte Orientale di Torino come parte di un progetto di residenza della durata di un anno a cura di Davide Quadrio. L’opera su carta dal titolo Paradossi dell’abbondanza #55. Il Rituale del serpente sarà esposta in anteprima nella mostra Green Snake: women-centered ecologies a cura di Kathryn Weir e Xue Tan (19 dicembre 2023 – 1 aprile 2024) al Tai Kwun Contemporary, Hong Kong, in dialogo con la prima installazione tessile al MAO a novembre 2023.
Flying Kodama | Kengo Kuma
Flying Kodama è la nuova installazione pensata da Kengo Kuma per l’ingresso del MAO. Una sorta di sfera di 120 cm di diametro, composta da tessere di frassino massello chiaro che si incastrano fra loro e mettono il legno e la sua effimera geometria in contrasto con la fisicità della volta storica del museo.
Kodama, che in lingua giapponese significa “lo spirito dell’albero” o “spirito della foresta”, è il frutto di una ricerca plastico/strutturale su cui Kuma lavora da alcuni anni.
Il progetto inizia nel 2018 ad Arte Sella e porta alla produzione di un’opera del diametro di quasi 6 metri, che inserisce geometria e porosità nel bosco di Casa Strobele; prosegue poi nel 2019 a Taiwan con un’opera gemella, collocata questa volta in un contesto urbano; nel 2023, in occasione della Biennale di Architettura, viene invece esposta a Palazzo Franchetti a Venezia una versione in scala ridotta 1:5, dove un modello di Kodama in rovere è esibito come una vera e propria scultura.
Per il MAO Kuma ha concepito un pezzo che deriva dalle stesse riflessioni, ma conduce a un esito differente: per la prima volta l’architetto giapponese presenta una sfera completa, destinata a essere appesa e fluttuante, definita da un unico elemento in legno massello che si ripete in continui incastri, come in un giocattolo-rompicapo giapponese.
Grazie a una serie di strisce led invisibili che la illuminano dall’interno, Flying Kodama disegna un gioco di luci e penombre, dando vita a uno spazio misterioso e onirico che trova numerosi rimandi nella cultura giapponese, in particolare nel saggio Libro d’Ombre di Junichiro Tanizaki.
Se in Occidente i principi filosofici cardinali sono da sempre terra, aria, acqua e fuoco, in Asia – e in particolare in Giappone e nel pensiero Zen – vi è un quinto elemento, fondamentale: il Vuoto. In Flying Kodama Kuma amplifica questo vuoto secondo tre livelli diversi e concomitanti: la concavità interna, la convessità esterna e lo spazio ineffabile che sta nel mezzo, ovvero la porosità. Proprio in questa porosità penetra la luce, come un’illuminazione che per il buddismo è Bodhi, risveglio, saggezza e libertà.
La luce si libera dall’interno verso l’esterno ed esalta Kodama, il cui kanji è composto da Ko (albero) e Dama, che ha il duplice significato di anima ed eco. Con Flying Kodama Kuma ha quindi creato una “Eco di luce”, un’illuminazione buddhista che si genera dal cuore ligneo, si spande nell’androne storico e guida il visitatore, con i suoi raggi, verso le sale espositive.
Flying Kodama è prodotta per il museo dal laboratorio D3Wood di Lecco, grazie al supporto economico dell’azienda SCM Group e alla collaborazione scientifica del Professor Marco Imperadori, docente al Politecnico di Milano e Responsabile scientifico Arte Sella Architettura.
Le son de la pierre | LEE Mingwei
L’artista Lee Mingwei (Taichung, Taiwan, 1964) torna al MAO dopo l’esperienza di Sonic Blossom e presenta l’opera Le son de la pierre.
L’installazione utilizza un disco di ceramica, un sasso e un supporto di granito come metafore dell’inerzia umana e del potenziale di cambiamento. L’atto di rompere e successivamente riparare il disco usando la tecnica giapponese del Kintsugi funziona sia come gesto fisico che metaforico, sottolineando il potere trasformativo dell’imperfezione e della resilienza.
«Ho immaginato un progetto che potesse prendere forma attraverso l’uso di un disco di ceramica, una pietra e un supporto di granito. Questi oggetti, semplici ma simbolici, sarebbero stati usati per creare un’esperienza potente e trasformativa.Il disco di ceramica rappresenta l’immobilità della nostra vita. La piccola pietra rappresenta il potenziale di cambiamento. Quando ci si rende conto che la propria vita è in stallo, è il momento di agire. Con una mano vigorosa, il disco di ceramica viene rotto in una miriade di pezzi, liberando le emozioni stagnanti. Questo punto di rottura è un momento di lucidità, un’occasione per liberarsi dal bozzolo dell’austerità che ci ha trattenuto».
Gigli, cinghiali, qualche carpa e poi conigli, galline e asini in gran quantità | Francesco Simeti
L’artista Francesco Simeti (Palermo, 1968) presenta Gigli, cinghiali, qualche carpa e poi conigli, galline e asini in gran quantità, un wallpaper destinato alla zona di accoglienza del museo, che costituisce la prima tappa di un progetto che si svilupperà al MAO nel biennio di residenza 2023/24.
Con questo intervento il MAO crea un ponte con un’importante realtà sociale sita nel cuore del centro storico, a pochi passi dalla propria sede. L’opera è infatti frutto di un prestito che ne ha consentito la riformulazione al MAO, e nasce per Casa Giglio, dov’è tuttora allestita in forma permanente, su commissione di Giglio Onlus, associazione che dal 2002 offre ospitalità gratuita alle famiglie prive di mezzi con bambini ricoverati all’ospedale Regina Margherita, affinché possano rimanere accanto ai figli durante la degenza.
Grazie al programma di produzione artistica Nuovi Committenti, a cura di a.titolo, l’associazione ha commissionato una nuova opera a Francesco Simeti in occasione dell’apertura nel 2019 di Casa Giglio, nuovo spazio solidale allestito all’ultimo piano del cinquecentesco Seminario Metropolitano per accogliere undici famiglie. All’artista è stato chiesto un progetto che potesse qualificare l’ingresso della propria sede, come un messaggio di benvenuto rivolto alle famiglie invitate a convivere nei suoi spazi e, al contempo, espressione di un’offerta di attività culturali e ricreative aperta a tutta la comunità urbana.
Il titolo Gigli, cinghiali, qualche carpa e poi conigli, galline e asini in gran quantità suona come una filastrocca rivolta agli ospiti più piccoli di Casa Giglio, per i quali l’opera è stata concepita, una sorta di scenario fantastico nel quale immergersi.
Basato su una ricerca d’archivio e un esercizio di ars combinatoria, quest’opera fa incontrare tradizioni iconografiche di culture ed epoche diverse, specie vegetali e animali appartenenti a geografie distanti tra loro.
L’opera viene ripresentata al MAO per essere collocata nello spazio che segna la cesura fra il dentro e il fuori, fra la dimensione urbana e quella protetta delle gallerie, per offrire un benvenuto ai visitatori e introdurli all’esperienza del museo.
BIOGRAFIE DEGLI ARTISTI:
Marzia Migliora
Marzia Migliora (Alessandria, 1972) è un’artista che utilizza un’ampia gamma di linguaggi, tra cui fotografia, video, suono, performance, installazione e disegno, per creare opere che elevano le più semplici attività umane a momenti in grado di raccontare stralci di storia collettiva. Le tematiche ricorrenti nel suo lavoro sono la memoria come strumento di articolazione del presente e l’analisi dell’occupazione lavorativa come affermazione di partecipazione alla sfera sociale. In trent’anni di lavoro, l’artista ha inoltre raccontato le dinamiche umane che hanno condotto ai paradossi capitalisti della produzione industriale come fenomeno estrattivo e divisivo delle comunità. Nel suo lavoro ha sempre cercato di contribuire alla riorganizzazione di un immaginario più comunitario, guardando alle minoranze e alle loro istanze, e rovesciando le incongruenze sociali e politiche attraverso molteplici dispositivi visivi che vedono come fondamentale la partecipazione attiva dello spettatore. Negli anni più recenti le sue opere hanno accolto una prospettiva multispecie, inclusiva di prospettive animali e vegetali che contribuiscono a nuove e necessarie visioni in tempi di crisi climatica globale.
Tra le istituzioni che hanno esposto il lavoro di Marzia Migliora ricordiamo: Radius Center for Contemporary Art and Ecology, Delft; Dhaka Art Summit, Dhaka; Museo delle Civiltà, Roma; Museo d’Arte Contemporanea del castello di Rivoli, Rivoli, Torino; Fondazione Prada, Milano; Fondazione Merz, Torino; MART, Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto; MA*GA, Museo arte Gallarate, Gallarate; Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia, Madrid; Padiglione Italia, 56a.Esposizione Internazionale d’Arte, Venezia; Museo del Novecento, Milano; Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino; MAMbo, Museo d’Arte Moderna di Bologna, Bologna; FACT, Foundation for Art and Creative Technology, Liverpool; Ca’ Rezzonico, Venezia; Museo Maxxi, Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma; OGR Officine Grandi Riparazioni, Torino; Carré d’Art, Nîmes; Serlachius Museum, Mänttä; Le MAGASIN Centre National d’Art Contemporain, Grenoble. L’artista è stata vincitrice di due Italian Council nel 2019, per la nuova produzione “Lo Spettro di Malthus”, e nel 2023 per la sua prima monografia ragionata a cura di Anna Cestelli Guidi e Matteo Lucchetti.
L’artista è rappresentata dalla Galleria Lia Rumma con cui ha recentemente esposto nella personale “Fame d’aria” nella sede di Napoli (2022) e in quella di Milano con “Forza lavoro” (2016).
Kengo Kuma
Kengo Kuma è nato nel 1954 a Kanagawa (Giappone). Ha fondato la Kengo Kuma & Associates nel 1990. È docente universitario e professore emerito presso l’Università di Tokyo, dopo aver insegnato alla Keio University e all’Università di Tokyo. I progetti di KKAA sono attualmente in corso in più di 40 Paesi. Kengo Kuma propone un’architettura che apre nuove relazioni tra natura, tecnologia ed esseri umani. Tra le sue principali pubblicazioni ricordiamo Zen Shigoto (“Kengo Kuma – the complete works”, Daiwa Shobo), Ten Sen Men (“punto, linea, piano”, Iwanami Shoten), Makeru Kenchiku (“Architecture of Defeat”, Iwanami Shoten), Shizen na Kenchiku (“Natural Architecture”, Iwanami Shinsho), Chii-sana Kenchiku (“Small Architecture”, Iwanami Shinsho) e molti altri.
Lee Mingwei
Nato a Taiwan (1964) e attualmente residente a New York e Parigi, Lee Mingwei crea installazioni partecipative in cui persone sconosciute hanno la possibilità di confrontarsi sui concetti di fiducia, intimità e consapevolezza di sé. Lee crea anche eventi individuali in cui l’artista e i visitatori esplorano insieme questi temi attraverso attività quotidiane come mangiare, dormire, scrivere e conversare. I suoi progetti presentano spesso scenari aperti alle interazioni quotidiane, che si adattano e si trasformano con il coinvolgimento dei partecipanti nel corso della mostra.
Ha tenuto mostre personali a livello internazionale alla Tate Modern, al Centre Pompidou, al Gropius Bau, al Metropolitan Museum of Art, al Museum of Modern Art, al Whitney Museum of American Art, al Taipei Fine Arts Museum, al Mori Art Museum, e ha partecipato alle biennali di Venezia, Lione, Liverpool, Taipei, Shanghai, Sharjah, Sydney, Whitney e alle Triennali dell’Asia Pacifica. Nei prossimi anni ha in programma di presentare i suoi progetti e le sue nuove creazioni in paesi come Danimarca, Francia, Corea del Sud, Italia, Hong Kong, Giappone e Stati Uniti.
Francesco Simeti
Francesco Simeti, nato a Palermo nel 1968, è un artista noto per le sue installazioni site-specific, che catturano l’attenzione con scenari di grande bellezza estetica. Tuttavia, una più approfondita osservazione rivela la complessità dei contesti sottostanti. Simeti si appropria di immagini, illustrazioni e riferimenti iconografici, suscitando interrogativi sulla reale natura di questo immaginario e sul suo impatto nella società contemporanea. L’arte pubblica ha un ruolo fondamentale nella sua pratica artistica. Negli Stati Uniti ha lavorato a progetti commissionati da Percent for Art e Public Art for Public Schools a New York, il Multnomah county in Oregon e ha realizzato installazioni permanenti per le metropolitane a Brooklyn e Chicago. In Italya ha collaborato con atitolo per il programma Nuovi Committenti e nel 2021 per questo progetto ha realizzato un’installazione presso Casa Giglio a Torino. Attualmente sta lavorando a un progetto d’arte pubblica per la Los Angeles Metro. Tra le sue mostre personali: XNL, Piacenza (2022), Francesca Minini, Milano (2021), Assembly Room, New York, (2019); Open Source Gallery, New York (2017); Galleria d’Arte Moderna, Palermo (2012); Artists Space, New York (2009). Le sue opere sono state presentate in occasione di mostre collettive tra cui: MAO, Torino (2023), PAC, MIlano (2022), MACTE, Termoli (2022); Magazzino Italian Art, Cold Spring, NY, (2020); Museo Civico di Castelbuono, Palermo (2019); ICA Singapore (2017); Palazzo Reale, Milan (2016) and Castello di Rivoli Museum of Contemporary Art, Turin (2014). Ha esposto alla Triennale di Milano (2014 e 2013). Alcune sue opere sono parte della collezione d’arte contemporanea della Fondazione Luigi Rovati di Milano; Museo del Novecento, Milano; Victoria & Albert Museum, Londra; Philadelphia Museum of Art, Philadelphia. Vive e lavora a New York. È rappresentato dalla galleria Francesca Minini di Milano.
Con il supporto di:
Un ringraziamento speciale a:
Galleria Lia Rumma, Milano / Napoli, Francesca Minini, Toshiki Hirano (The University of Tokyo SEKISUI HOUSE – KUMA LAB), Marco Imperadori (Politecnico di Milano), Giacomo Bianchi (Arte Sella), Marco Clozza (D3Wood), Jun Sato (The University of Tokyo), Ceramica Gatti.
MAO Museo d’Arte Orientale – Via San Domenico 11, Torino – www.maotorino.it