Ad Acquasparta (Tr), in Umbria, dal 10 al 25 giugno torna protagonista il Rinascimento.
Un’immersione nella bellezza del paesaggio che si fonde in equilibrio e armonia con l’architettura,
tra richiami estetici alla grande stagione rinascimentale e l’evoluzione storica del sapere scientifico
Acquasparta (Tr), tornerà sotto i riflettori degli amanti delle tradizioni storiche e culturali dell’Umbria con la XXIV edizione del “La Festa del Rinascimento” che per quindici giorni, dal 10 al 25 giugno 2023, proporrà un fitto calendario di eventi storici e culturali, ma anche ludici e gastronomici, volti a celebrare la grande stagione rinascimentale attraverso la rievocazione dell’arrivo in città, al principio del seicento, del principe Federico Cesi detto il Linceo.
L’essenza del territorio di Acquasparta, come di tutta l’Umbria, è nell’integrarsi di antiche architetture, plasmate da secoli di storia, e paesaggio modellato dalla mano dell’uomo, in un succedersi di uliveti, boschi, vigne e campi coltivati, da cui nascono i tesori gastronomici della regione. Da questo equilibrio tra scenario naturale e azione antropica deriva la bellezza di Acquasparta che, pur vantando importanti testimonianze medievali, trae però dalla stagione rinascimentale il proprio punto di forza, grazie proprio al protagonismo di Federico Cesi.
Signore di Acquasparta e animatore di una corte raffinata e sfarzosa, ma anche scienziato e naturalista, cultore di botanica e astronomia, Federico Cesi seppe realizzare, coltivando i suoi numerosi interessi, un felice connubio di estetica rinascimentale e sapere scientifico, tanto da associare il suo nome alla fondazione, al principio del Seicento, dell’Accademia dei Lincei, la prima accademia scientifica d’Europa di cui fu membro anche Galileo Galilei.
Acquasparta, che sembrerebbe derivare dal latino “ad aquas partes”, cioè la parte, il territorio delle acque, antica città probabilmente sorta sulle rovine di un insediamento romano, nei pressi del municipium di Carsulae, lungo l’antica via Flaminia, si inserisce in uno splendido scenario naturale, affacciato sulla valle del torrente Naia e verso i boschi dei Monti Martani. La cittadina, annoverata tra i Borghi più belli d’Italia, è un tipico borgo dell’Umbria, d’impianto medievale, storicamente parte integrante delle cosiddette “Terre Arnolfe”, area situata ai margini del ducato longobardo di Spoleto che venne data in feudo, nella seconda metà del X secolo, dall’imperatore Ottone I di Sassonia al conte Arnolfo, suo fedelissimo. Fu però l’affermarsi, nel corso del Cinquecento, della signoria della famiglia Cesi a trasformare Acquasparta nell’emblema del Rinascimento in Umbria, che ruota attorno alle architetture di Palazzo Cesi, fulcro del centro storico cittadino, oltre alla chiesa di Santa Cecilia, che ospita le tombe dell’illustre famiglia.
Lo stretto legame tra Acquasparta e il Rinascimento trova il suo momento di celebrazione, ormai da ventiquattro anni, ne “La Festa del Rinascimento”, che quest’anno si terrà dal 10 al 25 giugno, in una successione di iniziative storiche, rievocative, culturali, ma anche ludiche e gastronomiche, volte a celebrare l’arrivo in città di Federico Cesi detto il Linceo, che si trasferì ad Acquasparta poco dopo il matrimonio con la giovane Artemisia Colonna, avvenuto nel 1614. L’insediamento in città di Federico Cesi e della sua corte verrà rievocato con scrupolosa fedeltà storica e forte coinvolgimento degli abitanti, che saranno impegnati nella rievocazione storica dei festeggiamenti con cui la comunità umbra salutò l’arrivo in città di Federico Cesi, figura tra le più eminenti della cultura scientifica del primo seicento, studioso di astronomia e scienze naturali, ma anche principe dai gusti raffinati.
Attorno a lui e alla giovane moglie Artemisia ruotava una corte sfarzosa, attenta alla bellezza dell’abbigliamento e degli accessori indossati, gioielli, vesti, il corredo nuziale, i velluti, come testimonia l’inventario redatto da Matteo Iori da Montefalco, al servizio del notaio acquaspartano Paolo dei Pierleoni, su incarico del duca Federico Cesi nel 1615, poco tempo prima della prematura morte della moglie Artemisia Colonna. E’ proprio questo elenco di beni preziosi e raffinati ad aver fornito lo spunto per il tema portante della Festa del Rinascimento 2023, incentrato sulle “Trame”, non solo con riferimento alle trame tessili delle preziose vesti rinascimentali sfoggiate dalla corte cesiana, tra le più esigenti del Rinascimento umbro-romano in fatto di bellezza estetica, ma anche con riguardo alle trame di mistero che avvolgono le vicende storiche dell’Accademia dei Lincei e che legano l’attuale ricerca scientifica all’opera dei primi Lincei.
Attenendosi al fil rouge delle “Trame”, la XXIV “Festa del Rinascimento” si aprirà la sera di sabato 10 giugno con il “Grande Corteo delle Contrade” e saranno proprio le tre contrade del borgo – San Cristoforo, Porta Vecchia e Il Ghetto – a contendersi nei quindici giorni della festa le “chiavi” della città, sfidandosi in una serie di gare, cui il pubblico potrà assistere: la Gara Gastronomica, con la preparazione dal vivo di una ricetta della cucina rinascimentale, utilizzando gli ingredienti della tradizione umbra in una preparazione che poi viene sottoposta all’insindacabile giudizio della giuria designata da Slow Food Umbria; la Giostra dei Tamburi Sonanti, arricchita dallo spettacolo degli sbandieratori; il Grande Gioco dell’Oca, una riproposizione vivente, in costume, del gioco da tavolo le cui origini, nella sua versione moderna, risalgono alla seconda metà del Cinquecento; le Gare di Teatro in cui ogni contrada, con propri attori amatoriali mette in scena una libera interpretazione teatrale di un testo scritto prima del 1630 rielaborato ed adattato. Novità di questa edizione saranno i Giochi delle Dame, una serie di prove riservate alle donne delle contrade di tutte le età che dovranno sfidarsi in giochi ispirati alle attività quotidiane tradizionalmente riservate alle donne dell’epoca.
Oltre alle dispute tra contrade, il pubblico sarà coinvolto in un fitto calendario di iniziative collaterali, che condurranno alla scoperta del territorio e delle sue risorse ambientali, senza dimenticare le importanti testimonianze storico-artistiche e le eccellenze gastronomiche della tradizione umbra, come le escursioni guidate a cura di CTG (Centro Turistico Giovanile) e le degustazioni a palazzo Cesi condotte da A.I.S. (Associazione Italiana Sommeiller). Non mancheranno momenti di intrattenimento pensati sia per gli adulti che per i più piccoli: spettacoli teatrali a tema rinascimentale, come “Klorofilla” a cura della compagnia Kronos, in programma martedì 13 giugno, e “Incanto”, intreccio delicato di rituali di corteggiamento e battaglie messo in scena domenica 11 giugno dalla Compagnia dei Folli, poi laboratori per bambini, l’esibizione dei Piccoli Tamburini, momento di apertura della serata
dedicata alle percussioni,e lo spettacolo del Gruppo Storico Spadaccini di Soriano nel Cimino (Vt).
Sempre sul filo conduttore delle “Trame, si succederanno diversi appuntamenti di approfondimento culturale, con l’intervento di esperti, incentrati sulla stagione rinascimentale tra sapere scientifico e raffinatezze estetiche, tra questi: domenica 11 giugno, l’incontro dal titolo “Trame: Moda e Costume nel Rinascimento”, domenica 18 giugno l’incontro con l’archeologo, speleologo, scrittore Roberto Nini dal titolo “Le trame dell’Inquisizione nella vita umbra del XVII e XVIII secolo”, mentre domenica 24 giugno l’appuntamento con la professoressa di Storia del Pensiero Scientifico presso la Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Lateranense, Flavia Marcacci dal titolo “Le nuove trame della comunicazione scientifica: l’attualità dei Lincei a 400 anni de Il Saggiatore di Galileo“.
A chiudere la Festa del Rinascimento di Acquasparta, domenica 25 giugno vi sarà il concerto di Musica Barocca eseguito a palazzo Cesi dall’Accademia dei Selvatici e, in serata, il Corteo finale e la proclamazione della Contrada Vincitrice.
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APPROFONDIMENTI:
Federico Cesi
Federico Cesi (1586-1630) era un patrizio umbro-romano, appassionato studioso di scienze naturali, soprattutto di botanica. Per promuovere e coltivare questi studi naturalistici, egli fondò a Roma nel 1603 un sodalizio con tre giovani amici, l’olandese Giovanni Heckius (italianizzato in “Ecchio”), il marchigiano Francesco Stelluti e l’umbro Anastasio de Filiis, denominando la loro compagnia come Accademia dei Lincei, per l’eccezionale acutezza di sguardo attribuita alla lince, un felino di ancor non estinta specie, preso a simbolo della dotta compagnia di studiosi. Oggetto del suo studio, nel disegno del Cesi, erano tutte le scienze della natura, da indagarsi con libera osservazione sperimentale, di là da ogni vincolo di tradizione e autorità. È questa la gran novità che caratterizza fin dal loro nascere i Lincei, tra la folla di Accademie di cui fu ricca la società italiana del Cinquecento e Seicento: l’interesse portato essenzialmente sulle scienze della natura (la più parte di quelle di altre Accademie era invece letteraria e parolaia), e un atteggiamento di rispetto ma non di vincolo nei confronti della precedente tradizione aristotelico-tolemaica, che la nuova scienza sperimentale rimetteva talora in discussione.
Accademia dei Lincei
Il 17 agosto 1603, Federico Cesi riunisce nel palazzo di famiglia, in via della Maschera d’Oro a Roma, gli amici il ternano Anastasio de Filiis, il marchigiano Francesco Stelluti e l’Olandese Johannes van Heeck, con i quali fonda l’Accademia dei Lincei, così denominata per l’eccezionale acutezza di sguardo attribuita alla lince, preso a simbolo della dotta compagnia di studiosi. Oggetto del suo studio, nel disegno del Cesi, erano tutte le scienze della natura, da indagarsi con libera osservazione sperimentale, di là da ogni vincolo di tradizione e autorità. È questa la gran novità che caratterizza fin dal loro nascere i Lincei, l’interesse portato essenzialmente sulle scienze della natura e un atteggiamento di rispetto ma non di vincolo nei confronti della precedente tradizione aristotelico-tolemaica, che la nuova scienza sperimentale rimetteva talora in discussione. La vera essenza ideologica del sodalizio linceo viene espressa nel Lynceographum, l’ampio statuto programmatico del giovane nobile, ripetutamente sottoposto al giudizio e alle correzioni degli altri “fratelli”. Finita la costruzione del Palazzo Cesi ad Acquasparta, Federico “il Linceo” nel 1604, si ritira sconfortato e deluso dall’atteggiamento del padre, intollerante e assai poco comprensivo nei confronti delle attività dell’Accademia dei Lincei. Una volta superata la fase critica, i quattro fondatori dell’Accademia, riprendono a riunirsi nelle sale del palazzo e, dopo il 1618, Federico vi stabilisce la propria dimora.
Palazzo Cesi ad Acquasparta (Tr)
Cinquecentesca dimora di una tra le famiglie illustri e prestigiose umbre-romane e sede nei primi anni del XVII sec., dell’attività scientifica del Principe Federico Cesi II detto il Linceo e della prima Accademia dei Lincei. Acquasparta, fu centro di un feudo che nel 1540 Gian Giacomo Cesi e la moglie Isabella di Alviano ottennero da Pier Luigi Farnese. La costruzione del Palazzo Cesi cominciò nel 1561 per volere del Cardinale Federico I sul luogo di una rocca distrutta nei primi anni del XVI secolo nel corso delle guerre fra Todi, Terni e Spoleto e di cui utilizza le torri, uniche strutture superstiti. I lavori si conclusero intorno al 1579 anno del matrimonio di Federico Cesi figlio di Angelo Cesi e Beatrice Caetani, nipote di Gian Giacomo e Isabella d’Alviano, con Olimpia Corsini. Dal 1565 è documentato come architetto del palazzo, il milanese Giovan Domenico Bianchi. L’esterno, di aspetto nobile e sereno, è animato dal grande portale a bugne molto rilevate sulla cui sommità si innestano la loggia in pietra e una serie di finestre con gli stipiti di travertino. Il prospetto si articola verso la piazza F. Cesi con due robusti avancorpi laterali e all’interno verso il giardino è coronato da una elegante loggia a due piani. Nel cortile antistante si trova l’orto botanico e la torretta dove il principe era solito ritirarsi. Nel palazzo si accede dall’androne agli ambienti del piano terra, dal portico con una scala anticamente ornata di statue dentro le nicchie si sale al piano nobile in cui affreschi e soffitti lignei a cassettoni con intagli testimoniano ancora oggi la ricchezza della decorazione delle sale, realizzati probabilmente su disegni di Giovanni Domenico Bianchi e forse ispirati a quelli di palazzo Farnese a Roma, sono da considerarsi tra gli esempi più importanti di questo altissimo artigianato in area romana. Nei cassettoni del salone sono intagliate figure di Ercole, putti, trofei d’armi e mascheroni e in quello centrale un grande stemma dei Cesi sorretto da due figure di Vittorie. I fregi ad affresco celebrano la famiglia Cesi ispirandosi alla vite di Plutarco ed esaltano le virtù militari di Gian Giacomo e di Angelo Cesi e la personalità di Paolo Emilio, primo cardinale della famiglia, uomo ricchissimo, colto e potente. Per la decorazione degli ambienti al piano terreno di destinazione privata si ricorse al ricchissimo patrimonio della mitologia soprattutto alle Metamorfosi di Ovidio. Tra le decorazioni pittoriche è ben visibile lo stendardo con l’emblema dell’Accademia, cioè la lince contornata da una corona d’alloro, simbolo della ricerca scientifica e della proverbiale acutezza di vista della lince, ed invito a non fermarsi alle apparenze sensibili della realtà. I documenti e i caratteri stilistici hanno consentito di identificare il responsabile degli affreschi con Giovan Battista Lombardelli un pittore di origine marchigiana dalla pittura ricca di piacevoli effetti e di gustoso senso narrativo che proprio in quegli anni trovò fortuna a Roma lavorando nei Palazzi Vaticani e in molte chiese romane. Fra il 1618 e il 1624 Federico il Linceo fece decorare al piano terreno “la sala di Callisto” con le storie della ninfa amata da Giove e trasformata da Giunone in orsa. La scena al centro della volta con Diana e Callisto deriva dal modello illustre del dipinto di Tiziano ora esposto a Vienna. Federico fece inoltre dipingere nelle stanze delle targhe con iscrizioni e motti in latino, greco ed ebraico in cui esprime i suoi ideali di ricerca, una epigrafe che sovrasta l’architrave di una delle porte della sala della “genealogia dei Cesi” sede delle riunioni del 1609, esprime quasi fosse il suo testamento spirituale, l’idea di un rinnovamento culturale basato su profonde convinzioni di ordine etico ed epistemologico. Intessuta di mitologie e storie romane di trionfi e allegorie di emblemi, la decorazione che arricchisce palazzo Cesi costituisce uno dei maggiori esempi della pittura di gusto romano in Umbria del periodo di rinascita del mondo cortese del cinquecento. All’inoltrato settecento risale infine la decorazione della cappella che per i caratteri architettonici va riferita al Romano Niccolò Ricciolini (1687-1772). Molto interessante nella sala del trono un enorme camino, dove il Principe era solito dissertare sulla conoscenza scientifica con i suoi ospiti, fra i quali l’illustre Galileo, che nell’aprile 1624 fu ospite a Palazzo. Nell’arredo spiccano due importanti tele “Mosè e le figlie di Jetro” di Matteo Rosselli (Firenze 1578-1650) e la “Fuga di Lot da Sodoma” di un pittore fiorentino suo contemporaneo. Disabitato per lungo tempo, utilizzato per ospitare i senzatetto nel dopoguerra l’edificio fu infine acquistato nel 1964 dall’università di Perugia.
Carsulae – Area Archeologica
L’area archeologica di Carsulae comprende le rovine del municipio romano, pianificato in età augustea, sorto ai lati della via Flaminia, presso San Gemini e Acquasparta, località note sin dall’antichità per le loro fonti di acque minerali.Restano visibili ai visitatori i resti dei principali monumenti pubblici, civili e religiosi: la Curia e i templi Gemini – affaccianti sul foro –, la basilica, il teatro e l’anfiteatro, questi ultimi lungo la via Flaminia, che entrava in città attraverso il monumentale arco di San Damiano.Il tratto urbano della strada formava il cardo maximus, lastricato con basoli di pietra calcarea e munito di marciapiedi e di canalizzazioni per lo scolo delle acque.Monumenti funerari sono visibili a nord dell’arco di San Damiano, mentre nella zona opposta è un impianto termale. Testimonianza della diffusione del cristianesimo è la chiesa dei Santi Cosma e Damiano, ricavata in epoca medievale da un preesistente edificio romano lungo la Flaminia (vedi).