Dopo aver debuttato a Cantù e Ivrea, Anna, Diario figlio della Shoah, spettacolo di prosa e danza ideato dal regista e coreografo Tony Lofaro, ha terminato il suo tour a Milano il 31 gennaio presso il Teatro Lirico Giorgio Gaber. Uno spettacolo denso di commozione che ha lasciato un’eredità da cogliere dentro la cornice del contesto attuale
La storia non si ripete mai negli stessi atti, ma con circostanze simili che un’umanità cognitiva deve saper cogliere per evitare il verificarsi di tragedie equivalenti a quelle che hanno già segnato il passato. Il Diario fu il frutto di una rielaborazione delle proprie memorie dell’esule ebrea Anna Frank, trasferitasi con la famiglia all’età di quattro anni dalla nativa Francoforte ad Amsterdam dopo l’ascesa al potere di Hitler, ai fini di una pubblicazione dopo la guerra, seguendo l’appello del 28 marzo 1944 su Radio Orange del legittimo governo olandese in esilio di dare testimonianza scritta del periodo di occupazione tedesca nei Paesi Bassi. La seconda stesura, relativa il periodo intercorso dal 20 giugno 1942 al 29 marzo 1944, più curato nello stile e contenente pseudonimi in vece dei nomi reali dei protagonisti, si ferma a tale data poiché probabilmente Anna non riuscì a proseguire la revisione del suo primo diario a causa dell’arresto avvenuto per delazione il 4 agosto dello stesso anno. L’ultima sua annotazione si ferma infatti al 1°agosto e, nonostante la perdita di alcuni scritti originali, grazie alla successiva rivisitazione dell’autrice fu possibile avere una disamina completa del periodo, comprensiva dell’inizio delle restrizioni nei confronti delle comunità ebraiche seguite all’invasione tedesca dell’Olanda, la fuga della sua famiglia dalla propria abitazione di Amsterdam in un appartamentino su due piani nascosto sopra gli uffici dell’Opekta (l’azienda produttrice di preparati per marmellate in cui lavorava Otto, il padre di Anna), con l’aiuto del contabile Jan Gies, e la sua vita tra quelle mura fino alla deportazione insieme a tutti gli abitanti dell’alloggio, avvenuta a causa di un misterioso delatore che riferì alle autorità naziste l’esistenza del rifugio. Insieme alla famiglia Frank costituita, oltre che da Anna e il padre, dalla madre Edith e la sorella Margot, in quel nascondiglio il cui accesso sul Canale Prinsengracht nella parte ovest di Amsterdam era mitigato dalla presenza di una libreria vi trovarono dimora i coniugi Van Peis con il loro figlio Peter e Fritz Pfeiffer, un dentista di origine tedesca. Otto fu l’unico sopravvissuto della famiglia, separato dalle figlie e la moglie nel campo di transito di Westerbork. Le donne, trasferite ad Auschwitz, contrassero il tifo che le portarono alla morte e Anna si spense nel febbraio o marzo 1945 nel campo di concentramento di Berger-Belsen. Il manoscritto di Anna con tutte le annotazioni ritrovato nell’appartamento dopo l’incursione della Gestapo fu consegnato a guerra terminata nelle mani di Otto da Anna Gies, la moglie di Jan, dopo essere venuta a conoscenza della morte della ragazza.
La prima pubblicazione del Diario, edita dalla casa editrice olandese Contact, fu intitolata Het Achterhuis, ovvero L’alloggio segreto, a testimonianza del luogo che ispirò Anna, quel rifugio dove trascorse i suoi migliori anni dell’adolescenza e in cui riuscì a redigere un manoscritto dove sono riportati i suoi sogni, le angosce, i desideri, la sua prima tenera storia d’amore con il giovane Peter, in una cornice di guerra contraddistinta da carestie e difficoltà che vede la coda per il bagno come l’aspettativa del cibo che non sempre arrivava. Un libro che tuttavia esprime una grande forza di volontà e un urlo di speranza, contraddistinto dalla bellezza di descrizioni esteticamente poetiche dimostrando, pur nell’indigenza, la possibilità di toccare l’infinito.
Il libro, che fin dalla prima edizione vide l’inserimento di alcuni racconti e in quelle successive fu man mano completato con annotazioni inizialmente censurate dallo stesso padre come quelle contenenti alcune dure critiche alla madre, è giunto fino a noi nella sua autenticità e genuina stesura (i manoscritti originali sono conservati presso l’Istituto Nazionale degli archivi sulla Seconda Guerra Mondiale di Amsterdam), tradotto in numerose lingue e adattato per il cinema, anche d’animazione, la televisione e il teatro. Anna, Diario figlio della Shoah, spettacolo di teatro e danza curato dal coreografo Tony Lofaro, è stato ideato con l’intento di trasmettere un monito all’Uomo contemporaneo proprio in riferimento al vissuto della protagonista nonché autrice del Diario. Il movimento sul palco di otto solisti, unita alla narrazione dei fatti essenziali, non possono che condurre a una riflessione sulla genesi di tanta sofferenza e delle circostanze che l’hanno causata.
Come lo stesso Lofaro afferma, mai come oggi tale testimonianza è attuale. Troppo spesso ci si è soffermati, per il Giorno della Memoria, celebrato il 27 gennaio in ricorrenza della liberazione di Auschwitz da parte delle truppe sovietiche, alla semplice condanna della Shoah e dei campi di concentramento nazisti quali simulacri di un orrore irripetibile negando, troppo spesso, similitudini con il presente. In realtà, con la minaccia di guerre incombenti e in corso, nonché recenti discriminazioni, è proprio nell’attualità e recente passato, che si spera non torni nel prossimo futuro, che quelle disuguaglianze narrate da Anna trovano un inquietante riscontro con alcune vicissitudini del nostro quotidiano, in Italia come nel mondo, non senza richiami a quella stessa eugenetica di matrice anglosassone, oggi attraverso visioni transumane, che provocò l’incipit culturale per i piani di sterminio nazisti. Ovvio, con scopi e finalità diversi da quelli di allora, tuttavia con una sorta di pianificazione che ricorda l’introduzione delle prime leggi restrittive contro gli Ebrei negli Anni Trenta e sempre in nome di una “salute pubblica” e sociale che ne giustifichi l’applicazione. Occorre anche sottolineare che il Diario non esprime i ricordi della reclusione nei campi di concentramento, ma appunto le sue premesse.
La scena finale di una sorta di “passaggio di consegna” della memoria a una ragazza d’oggi da parte di Anna è emblematica rispetto alla consistenza presente del vissuto della protagonista, come la frattura della quarta parete per raggiungere il pubblico in sala in una sorta di abbraccio generazionale. Un plauso al merito di questo insolito spettacolo, ricordando come la speranza e la fioritura di una nuova umanità più consapevole, sempre presente nel cuore di Anna Frank, sia il vero modo per dissuadere il ripetersi delle mostruosità e fruttificare con il ricordo le tragedie del passato.
COLISSEUM COOPERATIVA SOCIALE DIMENSIONE MOVIMENTO
Anna, Diario figlio della Shoah
Regia e Coreografie di Tony Lofaro
Milano, Teatro Lirico Giorgio Gaber, via Larga 14
Martedì 31 gennaio 2023 ore 20,45