Nel mese di settembre ci hanno lasciato due uomini dediti all’arte che hanno saputo onorare in ambiti diversi la bellezza: Philippe Daverio e Franco Maria Ricci
Due fuoriclasse del panorama culturale italiano ed europeo, due figure legate fra loro da una profonda amicizia che hanno lasciato un solco indimenticabile nel mondo della comunicazione e diffusione artistica. Il primo, Philippe Daverio, docente, saggista, ma anche assessore alla Cultura del Comune di Milano, ha posto fine alla sua vita e alla sua arte il giorno 2 settembre, all’età di 70 anni.
Persona eclettica e versatile, è stato storico e critico d’arte, gallerista, politico, personaggio televisivo molto amato. Italiano con cittadinanza francese, ha iniziato a Milano le sue molteplici attività. Impossibile ricordarle tutte.
Tra queste, l’inaugurazione della “Galleria Philippe Daverio”, nel 1975, dedicata all’arte italiana del ventesimo secolo. Quattro le gallerie d’arte modernainaugurate in tutto: due a Milano e due a New York.
Data la sua specializzazione in questo particolare settore, ha studiato e dato spazio al Novecento. Come Assessore per la cultura, il tempo libero, l’educazione, con Formentini sindaco di Milano, dal 1993 al 1997, si era occupato della ricostruzione del Padiglione d’Arte Contemporanea e anche della ristrutturazione dell’edificio di Palazzo Reale, con la riapertura della Sala delle Cariatidi.
Fu direttore della rivista Art Dossier; sue opere: “Museo immaginato”, nel 2011, “Il secolo lungo della modernità”, anno 2012 e nel 2015 “La buona strada”. Altre opere di divulgazione: “L’arte in tavola”, “Il gioco della pittura”.
Tra le innumerevoli attività nelle quali Daverio ha profuso il suo indiscusso sapere, spicca certamente la conduzione su Raitre delle trasmissioni Art’è del 1999 e Art.tù del 2000; e si può forse dimenticare Passepartout (dal 2002 al 2012), che lo ha fatto conoscere e amare dal grande pubblico?
Perchè Daverio aveva l’inimitabile, inarrivabile capacità – o talento- di giungere al cuore della gente, attraverso una grande qualità: la simpatia, che esprimeva in diverse maniere.
Già il suo abbigliamento preferito (cravatta a farfallino, abiti variopinti, cappelli colorati e strani) catturavano l’attenzione e muovevano al sorriso; e la disinvolta, ma delicata e calma esposizione degli argomenti, spingevano alla curiosità e all’interesse.
Quasi ci invitasse a una passeggiata in sua compagnia, Daverio ci portava in un affascinante percorso lungo i viali dell’arte, della storia, dell’architettura, della storia dell’arte. E il suo garbo nel mostrarci la Bellezza, ci convinceva -tutti- che si trattava di una passeggiata, anzi, di un’escursione, tra le più facili, ma tra le più gratificanti. E così era. Il suo amore per l’Italia, di cui ha parlato con sapienza, passione e una sottile ironia non era un segreto, ma un proclama, tenero ma assoluto.
Il 10 settembre, a 82 anni,ci ha lasciato un altro personaggio: Franco Maria Ricci, che si è spento a Fontanellato, dove aveva dato vita al Labirinto della Masone, con una pianta a stella (tra i più grandi labirinti del mondo).
Iniziamo proprio da qui: da questa sua opera, che nasce da una visione ispirata e che si può considerare un’opera laica ma sacra al tempo stesso.
Il labirinto si estende per 7 ettari: a delimitare il percorso, di oltre 3 chilometri, filari – siepi di bambù, in numero di 200 mila, di 20 specie diverse.
Al centro del labirinto si apre una grande piazza, circondata da porticati e, nel mezzo, ecco una cappella a forma piramidale: vi si entra e non c’è nulla: vi abita il silenzio.
Questo dedalo di bambù è stato progettato con l’architetto Pier Carlo Bontempi eaperto al pubblico nel 2015.
I saloni che si affacciano alla piazza ospitano un Museo, un Archivio, una Biblioteca con collezioni bibliofile e i libri pubblicati in 50 anni di attività; e strutture turistiche.
Ispirato oltre 30 anni prima dallo scrittore argentino Jorge Luis Borges (un grande cultore del labirinto) per F. M. Ricci la costruzione di questo fu, come ebbe a dire: «…un modo di restituire a un lembo della Pianura Padana una parte del molto che mi ha dato», restaurando il paesaggio, in quel tratto rovinato da molti capannoni industriali.
Ma Franco Maria Ricci fu innanzitutto editore e collezionista,
diventato celebre negli anni 80 per la pubblicazione della mitica rivista F M R e più esattamente dal 1982 al 2004, che il grande Fellini così definì: «la perla nera dell’editoria mondiale».
Nato a Parma, prima grafico e poi editore, fu folgorato dall’opera di Giambattista Bodoni, incisore e stampatore italiano, vissuto tra il XVIII e il XIX secolo, inventore degli omonimi caratteri tipografici (i Bodoni).
Ricci pubblica infatti come opera prima una ristampa anastatica del “Manuale tipografico” di Bodoni. Disegna marchi e pubblicazioni italiane e non; poi realizza libri d’artee collane (celebri in tutto il mondo).
L’artista così si rivelava: uomo schivo, raffinato, un grande esteta, la cui vita è stata dedicata alla ricerca inesausta della Bellezza; con un amore indiscusso per i libri, il Libro, esso stesso un’opera d’arte.
Da vedere è il film documentario su F. M. Ricci “Ephémère- la Bellezza inevitabile”, realizzato da S. Marcelli, B. Aimis e F. Ferri, dove viene proposta la vita dell’artista ed editore, attraverso la metafora del labirinto.
La grazia, l’eleganza, la gentilezza e il culto della bellezza hanno accomunato questi due artisti: Philippe Daverio e Franco Maria Ricci, il cui ricordo certamente non impallidirà per coloro che li hanno amati e apprezzati.