Piccolo Teatro Studio Melato
Dal 6 al 16 febbraio 2020
ENEIDE, GENERAZIONI
con
Nicola Ciaffoni, Giovanna Scardoni, Stefano Scherini
drammaturgia Giovanna Scardoni
regia Stefano Scherini
luci Anna Merlo e Nicolò Pozzerle
scene Gregorio Zurla
costumi Elena Rossi
musiche Zeno Baldi
produzione
Associazione Culturale Mitmacher
in collaborazione con
Piccolo Teatro di Milano, Teatro d’Europa, Teatro del Carretto
La tua visione diventa chiara solo quando guardi dentro il tuo cuore.
Chi guarda fuori, sogna. Chi guarda dentro, si sveglia.
C.G. Jung
«Eneide è un capolavoro della letteratura mondiale, è un classico. Ma perché? Cosa suscita in noi ancora interesse in un testo di duemila anni fa?» (Dalle Note di Regia)
Da questo interrogativo è partita la scelta drammaturgica (Giovanna Scardoni) e registica (Stefano Scherini) di affrontare e ri/portare in scena il testo omerico.
La risposta che i due artisti si sono dati e che pervade la pièce è stata: «Eneide è il primo romanzo moderno in cui l’essere umano è al centro, con tutte le sue contraddizioni, i suoi smarrimenti e le sue possibilità».
Inoltre Enea, nello spettacolo, come nel poema, compie un viaggio, costretto dal destino a cercare un luogo dove rifondare una nuova Troia, dove trasportare le radici del suo popolo, fare vivere il proprio passato.
E quindi, ancora: «Cosa ci impedisce di pensare, sulla scorta di Virgilio, che un uomo con le stesse caratteristiche di Enea – straniero, profugo, sommerso – possa oggi essere veicolo di un bagaglio culturale degno di un impero come quello romano». (Dalle Note di Regia)
In scena al Piccolo Teatro dal 6 al 16 febbraio, il nuovo lavoro della compagnia Mitmacher, ENEIDE, GENERAZIONI, racconta di un uomo, prima che di un eroe, un uomo comune che vive le proprie tragedie, i propri dubbi e le proprie incertezze. Un uomo a cui la tradizione romana assegna il ruolo di predestinato alla fondazione della propria civiltà. Semidivino? Certo, ma con una parte di DNA profondamente umana.
Le numerose perdite e tragedie che quest’uomo vive durante il tracciato di Eneide contribuiscono alla presa di coscienza della sua identità e, di conseguenza, per i lettori contemporanei di Virgilio, alla presa di coscienza che il popolo di Roma ha di sé.
E se Roma ha voluto accogliere dall’estero, dal paese di origine del profugo Enea, una cultura diversa, straniera e porla a fondamento della propria civiltà, cosa ci vieta, spingendo tale ragionamento al suo limite estremo, di pensare che sia addirittura possibile la stessa cosa con i migranti che ci raggiungono?
Ma Enea compie un secondo viaggio, metaforico: una discesa agli inferi che è metonimia dell’intero spettacolo: l’episodio del sesto libro diventa la chiave di lettura dell’intero poema. Scendere negli inferi – per conoscere il punto di approdo del viaggio – significa avventurarsi nella parte più oscura, quella in cui sono contenuti i desideri, le ombre, le possibilità più profondi. Una ricerca continua, estrema, rischiando, ad ogni costo, per raggiungere o provare a raggiungere la parte più atavica, ancestrale, nascosta di ogni uomo.
Duemila anni fa l’imperatore romano Augusto sentì la necessità di far coincidere l’origine leggendaria di Roma con l’origine della sua famiglia, come a voler rintracciare la propria identità in quella di Roma. Duemila anni dopo, lo spettacolo, seguendo le tracce di Enea, ci invita a consultare la nostra personale Sibilla, a scendere nei nostri inferi, a dare un nome alle nostre personali tragedie, a compiere un viaggio per poter rintracciare le origini della nostra personale identità e collocarla all’interno di una comunità più ampia.
Al centro dello spettacolo troviamo quindi Enea, amorevole con il figlio Ascanio, rispettoso verso il padre Anchise, spietato nei confronti di Didone. In viaggio anche tra i suoi diversi ruoli ed aspetti, un percorso intimo in cui compaiono Celeno l’Arpia, Andromaca, Didone, Anchise o i Penati, personaggi che appartengono a non luoghi, emergono dal nulla come fantasmi, sono spazi della mente e dell’anima, stazioni di costruzione dell’uomo Enea. E sopra tutto, scenografia inquietante, il Fato incarnato dalle tre Parche, quasi uno scherzo, osservatori non partecipi dei destini dell’uomo, immutabili testimoni della spinta dell’uomo a costruire e costruirsi. Per loro non c’è differenza tra un profugo contemporaneo che scappa dalla Libia o dalla Siria ed Enea: è semplicemente la storia dell’umanità, immutabile nei secoli.
In scena dunque uno spazio indefinito, una barca, un viaggio, tre migranti di oggi oppure Enea e i suoi compagni. Non c’è differenza.
Un tema musicale si compone e scompone, accompagna emotivamente il viaggio/percorso, costruisce un’armonia che non può che essere “folle” come lo è l’inevitabile spinta dell’uomo verso l’altrove, troppo complicata per essere logica, troppo necessaria per dover fare i conti con la logica. Alla fine, resta una domanda, una sola: quanto manca?
INFO:
Piccolo Teatro Studio Melato
Dal 6 al 16 febbraio 2020
Orari : martedì e giovedì 19.30, lunedì –mercoledì- venerdì 20.30, domenica 16.00
Spettacolo consigliato a partire dai 13 anni adatto anche a un pubblico adulto
Biglietti Euro 10,00
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