Un altro viaggio alla scoperta della Daunia, del suo territorio, della sua cucina, dei suoi usi, costumi e tradizioni: siamo a San Marco La Catola
Si giunge da Foggia a San Marco La Catola la sera, attraversando un tratto di territorio con differenze di altitudine, che raggiunge in alcuni tratti i 900 metri di quota.
La strada, prima pianeggiante, risale fino al Passo del Lupo, punto di collegamento tra Puglia e Molise, poi scende e risale.
Ecco il Relais S. Pietro, a breve distanza dal centro abitato: una struttura alberghiera immersa nel verde e nel silenzio, con vista panoramica e camere spaziose, dall’arredo lineare e raffinato.
Silvana alla reception e Flaviano al servizio colazione sono gentili, disponibili ed efficienti. Qui gusteremo per la prima volta i prodotti tipici locali e saremo accolti dalle autorità cittadine e dai rappresentanti degli enti di promozione locale, ma soprattutto faremo conoscenza della signora Dina Cilfone (cosigliera del Comune), che con il figlio Lino ci accompagnerà per tutto il periodo del tour: due presenze preziose, che cercheranno in tutti i modi di rendere indimenticabili le giornate a disposizione.
Si comincia con l’escursione storico-naturalistica, per scoprire alcune delle masserie fortificate presenti nel territorio.
L’area in cui ci incamminiamo è davvero incontaminata e ci regala visioni di prati nella massima fioritura, campi di grano d’oro e paesaggi collinari sullo sfondo. La Bellezza è qui, in tutto il suo naturale splendore. Vi si può ammirare il Lago d’Occhito, oasi d’acqua.
Ci fanno strada, con attenzione e cura le due giovani guide ambientali-escursionistiche: Giovanna e Michele, dell’associazione “Gran Burrone”, operante fra le pendici del Matese e i Monti Dauni con l’obiettivo della valorizzazione del patrimonio naturalistico.
Una branca di questa associazione si occupa di geoturismo e siamo condotti a scoprire le segrete grotte antropiche, di cui veniamo a conoscere, con ricchezza di particolari: origine, formazione, uso da parte dell’uomo.
Il pranzo è gustato alla Locanda Bosco di San Cristoforo, all’interno di un bosco con specie arboree di alto fusto; luogo ameno e rilassante, con piatti semplici e genuini. Il proprietario sa mettere a proprio agio gli ospiti e ci fa gustare un ottimo vino, un rosato delle sue vigne, il Fraccato, tanto gradito che viene richiesto ogni volta che pranziamo lì.
Ed eccoci a San Marco La Catola. Innanzitutto il nome: la prima parte origina dal nome di San Marco Evangelista, la seconda dal nome del Torrente Catola, che solca il territorio.
Fondato presumibilmente da alcuni reduci della sesta crociata, ebbe sviluppo nel medioevo.
Qui dominarono Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi; infine, dal sedicesimo secolo vi succedettero gli Spagnoli, gli Asburgo e i Borboni.
A partire dal 1860 fu terra di brigantaggio; e il fenomeno ebbe anche al suo interno figure femminili.
Veniamo infatti a conoscere la storia di una brigantessa, Filomena Pennacchio…….una femminista ante-litteram, dalla vita avventurosa, legata alle bande di Caruso, Ninco Nanco e Schiavone. Ed eccone la descrizione: « bella, occhi scintillanti, chioma nera e cresputa, profilo greco ».
Il Comune fa parte dei Borghi Autentici d’Italia e ha conservato, infatti, il suo carattere rustico, di paese antico: sono caratteristiche le strade strette, icosidetti “c’nant”, vicoli a gradoni in discesa, che collegano le parti alte e basse del paese.
Il 20 agosto, nell’ambito dei festeggiamenti in onore di San Liberato Martire (patrono del paese), si tiene una delle feste più a
Vi partecipano i rappresentanti dei 7 rioni di San Marco.
Si affrontano 4 cavalieri per ogni rione; ogni cavaliere deve infilare la lancia nel foro posto sotto un secchio di legno (la jaletta) colmo d’acqua e sospeso ad alcuni metri da terra con una corda.
Vince chi riesce a centrare il foro. Pittoresca è, in apertura, la sfilata in costume del ‘500.
Giungono alla festa centinaia di spettatori e di appassionati.
Noi siamo in anticipo sui tempi e non vi potremo assistere; ma andiamo in visita alla sede dell’Associazione Giostra della Jaletta, dove raccogliamo notizie, annedoti, curiosità e visioniamo fotografie d’epoca e un filmato; ma soprattutto resto colpita dall’ardore e dalla passione con cui i soci ce ne parlano: un invito a vivere dal vero questa autentica tradizione.
Vale la pena ricordare che nel 2014 il Consiglio Comunale ha riconosciuto questa festa come beneimmateriale del patrimonio culturale e della tradizione di San Marco: così dice il sindaco Paolo De Martinis, con cui faremo conoscenza e che si rivelerà persona cordiale e di grande apertura.
Un’ altra festa che ci vede presenti, invece, è la Festa di Sant’Antonio da Padova,al quale sono molto devoti gli abitanti, con una colorata processione che porta per le strade del borgo la statua del Santo, anche nei pressi del Convento dei Cappuccini, con l’intervento della banda musicale.
Questa festa religiosa è organizzata appunto dai Frati Minori del convento ed è un momento di intensa religiosità comunitaria.
Il Convento fu fondato nel 1585 ad opera del marchese Pignatelli, con l’intervento di vari benefattori.
Fu adossato a una precedente chiesetta “S. Maria di Giosafat”.
Mi preme ricordare che nell’ottobre 1905 San Pio da Pietralcina fu ospite qui, per lo studio della filosofia, fino all’aprile 1906.
Vi incontrò Padre Benedetto da San Marco in Lamis, che divenne suo direttore spirituale fino al 1922.
Guidati in un percorso attraverso le varie sale del convento, abbiamo la preziosa occasione di visitare la cella, dove Padre Pio dimorò e che comunica intima commozione; ma anche la biblioteca suscita interesse, ricca di libri e manoscritti.
Usciamo poi nell’orto, dove alberi, piante e fiori allietano la vista e il cuore: un sogno di quiete.
La sera, per l’occasione della festa, giriamo tra vicoli e piazzette del paese, sostando davanti alle fiamme crepitanti dei 13 falò che illuminano le strade. E’ consuetudine che gli abitanti si dispongano in cerchio attorno al fuoco, per recitare il rosario e intonare i canti.
Non può mancare una visita alla suggestiva città di Lucera, che ho avuto già l’occasione di conoscere: oltre all’anfiteatro, al castello, alla cattedrale – iluoghi più significativi-, ecco il Teatro: un vero gioiello, dedicato prima a Maria Teresa Isabella di Borbone e poi a Giuseppe Garibaldi, a cui deve il nome, inaugurato il 7 giugno 1838.
Considerato il “Petruzzelli in miniatura”, ha una sala a forma circolare, la platea di circa 100 posti, due ordini di palchi e infine una sontuosa galleria, con stucchi e dorature. La sua architettura, gli affreschi, lo scalone mi meravigliano e mi affascinano, come se fosse l’intimo cuore di Lucera stessa.
Altri eventi cui assistiamo ci trasmettono il senso comunitario che si vive a San Marco: presenziamo alla manifestazione che vede l’inaugurazione del Parco Arcobaleno, con il coinvolgimento degli alunni delle scuole e la piantumazione di alberelli: una mattinata all’insegna del colore e dell’allegria.
In seguito partecipiamo al raduno degli Scout, con l’inaugurazione del Rifugio nel Bosco San Cristoforo, presenti le autorità locali; momento culminante il taglio del nastro da parte del sindaco con un paio di grandi forbici dorate: clima festoso e conviviale.
A farci cogliere appieno l’atmosfera di comunità e condivisione caratteristica dei piccoli borghi, dove tutti si conoscono e si ri/conoscono, danno un grande contributo una serata con musica in piazza e lo spettacolo – lettura creativa del gruppo teatrale locale: una calibrata (e ben recitata) versione di “Novecento”di Alessandro Baricco.
In una splendida mattina di sole, entriamo nel silenzio del bosco, situato nei dintorni del paese, per vivere un’esperienza particolare: il “Risveglio sonoro”, momento di meditazione guidato da Giovanna, che qui ha smesso l’abito di geologa per condurci piano piano a un rilassamento profondo.
La natura tutto intorno e il silenzio hanno accresciuto la magia.
Più tardi ci siamo trasferiti all’Agriturismo Avellaneta, gestito dal signor Renato, persona cordiale e molto legata al territorio della Daunia (come tutti coloro che ho conosciuto qui).
Il casale, tipico della campagna, offre ai turisti l’uso della piscina (per ora non utilizzabile), biciclette e maneggio; e naturalmente l’opportunità di percorsi nel bosco vicino. E che dire della cucina? Come sempre gustiamo piatti tipici, con prodotti locali e fresche verdure dell’orto.
Non potremo visitare il castello, che osserveremo, immaginandone l’interno, guardando in su, dalla strada sottostante, poiché oggi quasi in rovina, è in fase di restauro.
Di fondazione federiciana, circondato da mura con bastioni e roccaforti, è il posto, secondo la leggenda, dal quale il conte Pignatelli assisteva alla Giostra della Jaletta; ed è, e ridiventerà, restituito alla sua originaria bellezza, il simbolo di San Marco.
Me ne parla diffusamente, con dovizia di particolari, competenza e sincero interesse il consigliere comunale Giuseppe Conte: il suo resoconto potrebbe attribuirsi a uno storico degno di questo nome.
Quando si conclude questa “escursione” all’intero della Daunia, porto e conservo con me le immagini abbaglianti di un panorama incontaminato, il ricordo di tanti momenti conviviali nell’atmosfera di un’accoglienza allegra e generosa, gli incontri, le conversazioni con tante persone, gli abitanti di San Marco La Catola, dal legame fortissimo alle proprie radici, al proprio territorio, alle proprie tradizioni, che diventa passione, salvaguardia, difesa.
Una bella condivisione, con l’invito a scoprire e ad amare luoghi meritevoli di essere conosciuti.