I motivi che sorreggono questo mio breve e sintetico saggio sulla SIAE sono due: dare una parvenza di risposta ai tanti giovani che mi chiedono continuamente cosa fare: «mi iscrivo o non mi iscrivo?»; «registro o no?»; «ma è vero che poi non mi conviene?»; «ma esiste un’alternativa?».
Secondo, rispondere a tutti quelli che chiedono spesso di avere un quadro globale più semplice possibile dell’ente.
Va doverosamente premesso che io non sono agnostica: ho una precisa idea ed opinione, relative alla mia esperienza personale di operatrice del diritto e nel contempo dello spettacolo. Ciò non toglie, però, che alla fine della lettura molti potrebbero risolversi, a valutazioni fatte, di accostarsi o rimanere accostati alla SIAE.
La storia
Comprendere una persona, una struttura, un qualsiasi organismo non si può se non si ritorna almeno a volo di uccello sulle sue origini.
Siamo nel 1882 a Milano. Un gruppo di artisti sente l’esigenza di associarsi per tutelare la distribuzione delle opere creative ed avere maggiori garanzie sullo sfruttamento economico dei diritti d’autore. Alcuni di questi artisti si chiamano, tanto per darvi un’idea, Giosuè Carducci, Giuseppe Verdi, Edmondo De Amicis. Nasce così la SIA, a Palazzo Marino, con due sezioni, musicale e teatrale. Ma i tempi cambiano e le pretese di potere pure, per cui negli anni la piccola aggregazione di amici artisti si trasforma in una strutturata agenzia, che arriva a tutelare non più solo gli autori ma anche gli editori. Poco prima degli anni trenta tutto è maturo perché la sede venga trasferita a Roma. E così … SIAE.
Grazie alla legge sul diritto d’autore, intervenuta nel 1941, legge che per molti versi è un caposaldo e valido puntello sul tema, SIAE ottiene il riconoscimento ufficiale del monopolio assoluto sulla gestione dei diritti : l’art. 180 enuncia che «l’attività di intermediario, comunque attuata, sotto ogni forma diretta o indiretta di intervento, mediazione, mandato, rappresentanza ed anche di cessione per l’esercizio dei diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate, è riservata in via esclusiva alla Società italiana degli autori ed editori (SIAE)». La norma è scritta così bene che non me la sono sentita di riassumerla.
Il tempo passa veloce, e SIAE nel tempo ha avuto debiti esorbitanti ma anche tanti soldi investiti in banche, fondi, azioni, immobili: dai bilanci si evince che spesso il capitale investito si compone di diritti prelevati ma non ancora distribuiti. Ben presto l’ente diventa chiacchieratissimo per la sua mala gestio.
Volete sapere quanti dipendenti ha oggi la SIAE? Non arrabbiatevi, state calmi e respirate. Lo so, molti mi chiedono perché quando telefonano a Roma e parlano con questo o quel funzionario non ottengono mai indicazioni precise e soprattutto univoche, dunque non solo un organico abnorme ma anche servizi scadenti, siete in tanti a scrivermelo, ma io non sono esente dalla medesima punizione. I dati aggiornati ad oggi e comunicati da SIAE stessa dicono che l’ente ha 1265 dipendenti, 471 agenzie mandatarie, 10 sedi regionali o interregionali, 28 filiali. Prima di entrare nel merito, lo sapete, vero, come si chiamano l’attuale Presidente e il suo direttore Generale? Si chiamano Filippo Sugar, subentrato a Gino Paoli, e Gaetano Blandini.
Dal punto di vista giudirico la SIAE è riconosciuta come ente pubblico economico a base associativa, la cui attività viene disciplinata dalle comuni norme di diritto privato. Cosa vuol dire? Vorrebbe dire che è sottoposta alla vigilanza di enti pubblici ed agisce per la tutela di interessi pubblici. Vedete, però, dire che SIAE soddisfa interessi pubblici non vuol dire fare gli interessi degli autori e basta ma vuol dire fare gli interessi degli autori, degli editori e nel contempo della stessa macchina pubblica che SIAE è diventata. In pratica, sotto molti aspetti SIAE somiglia ad un ministero. Se SIAE soffre, lo Stato interviene a suo sostegno, magari con leggi ad personam.
Volete un esempio? Uno, per brevità. Già all’alba del 2000 SIAE presenta una drammatica situazione sulla spesa per il personale e per la gestione. Nonostante ciò, prima del commissariamento del 2010 (allora l’ente aveva un rosso di circa 27 milioni di euro ed un debito di circa 800 milioni di euro verso i suoi associati, ho controllato incredula questa cifra più volte) SIAE aveva investito in immobili tramite un fondo da essa creato e poi chiuso, ed era stata così brava da fare sì che i costi della gestione dei beni fossero superiori ai ricavi derivanti dalle locazioni. Come rallentare o congelare il possibile dissesto? Il 30 dicembre 2009 il Ministero dei Beni Culturali determinava con decreto (il famigerato “decreto Bondi”) gli importi dell’ “equo compenso” per copia privata (previsto dall’articolo 71-septies della legge sul diritto d’autore), estendendo gli importi anche agli apparecchi e supporti atti a registrare o riprodurre suoni o immagini: ad esempio i lettori DVD, le memorie trasferibili o removibili, gli hard disk esterni, le chiavette USB, i computer….Cosa vuol dire? Vuol dire che quando compriamo questi materiali, noi consumatori paghiamo anche una piccola quota che a loro volta le case produttrici dovranno versare alla SIAE. La giustificazione del meritorio decreto risiede in una previsione presuntiva che ha della magia: si presume che nella memoria verrà registrato materiale protetto dal diritto d’autore (!).
Ma attenti! Non contenti, poi, il ministro Franceschini firma nel 2014 il decreto che aumenta “l’equo compenso”, avvalendosi del diritto all’aggiornamento triennale, in modo che il compenso sia parametrato alla memoria disponibile dei dispositivi. L’aumento del prezzo scatta su Iphone, Ipad, Mac e tutti gli altri dispositivi elettronici comprese le chiavette USB. SIAE stimava, nel 2015, di ottenere introiti per circa 130 milioni di euro grazie al famigerato prelievo dell’equo compenso.
Peccato per SIAE che si sia aperto uno spiraglio in mezzo a tante nefandezze. Recente, anzi recentissimo. Datato 22 settembre 2016. La Corte di Giustizia Europea viene adita per l’esame della normativa sull’equo compenso da una serie di società tra cui Nokia Italia, Samsung Italia, Sony mobile communication. Nel dettaglio, la Corte di Lussemburgo ha vagliato su tre aspetti del decreto Bondi ed io vi riporto per facilità di comprensione i primi due: 1) la previsione dell’equo compenso anche per quei dispositivi che non sono destinati ad uso privato; 2) il fatto che la decisione sull’esenzione dal pagamento da parte di imprese produttrici, distributrici o importatrici sia affidato alla contrattazione tra queste ultime e la stessa Siae (ma vi pare possibile?). Vi riporto parte della sentenza, vale la pena e solleva un po’ il morale:
Il diritto dell’Unione europea – in particolare l’art. 5, par. 2, lett. b), della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione – dev’essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale la quale, … subordini l’esenzione dal pagamento del prelievo per copia privata in capo ai produttori e agli importatori di apparecchi e di supporti, destinati a un uso manifestamente estraneo alla copia privata, alla conclusione di accordi tra un ente, titolare di un monopolio legale della rappresentanza degli interessi degli autori delle opere, e i debitori del compenso o le loro associazioni di categoria.
Credete che SIAE si sia data o si darà per vinta? In effetti perché dovrebbe darsi mai per vinto chi ha la fortuna di avere un compare talmente influente come il Governo ?
La situazione attuale dell’ente
Nell’indisturbato monopolio della SIAE nonostante inquità ed inefficienze, arriva, come manna dal cielo, la famosa “direttiva Barnier”, del 26 febbraio 2014. Pur non parlando espressamente di monopolio, la corposa direttiva specifica che «i servizi di gestione collettiva di diritti d’autore e di diritti connessi dovrebbero consentire a un titolare dei diritti di poter scegliere liberamente l’organismo di gestione collettiva cui affidare la gestione dei suoi diritti, sia che si tratti di diritti di comunicazione al pubblico o di riproduzione, o di categorie di diritti legati a forme di sfruttamento quali la trasmissione radiotelevisiva, la riproduzione in sala o la riproduzione destinata alla distribuzione online, a condizione che l’organismo di gestione collettiva che il titolare dei diritti desidera scegliere già gestisca tali diritti o categorie di diritti». In pratica, la direttiva sembra aver già lasciato alle spalle, e pertanto non lo menziona neppure, l’ipotesi di un monopolio per le “Collecting Society”, fenomeno da cui noi italiani rimaniamo storicamente afflitti. L’Italia si rende conto che qualcosa deve fare: non è più tempo di temporeggiare, cosa che riesce così bene ai politici italiani, perché la direttiva stabilisce che tutti gli stati membri dell’UE si dovranno conformare ad essa entro il 16 aprile 2016. Gli italiani sono bravi, ma si sentono mancare un po’ il terreno sotto i piedi. Cosa fare? Semplice. Promettere una profonda riforma della SIAE per lasciare il monopolio così com’è (ricordate la famosa frase di gattopardesca memoria, no?) .
E così, più o meno alla scadenza dei termini, il disegno di legge delega del senato per il recepimento della direttiva arriva. Mi toccherà fare una sintesi dei principi e criteri direttivi enunciati dal provvedimento, che dice che, nell’attuazione della direttiva, il Governo dovrà attenersi a queste regole: a) in primis, e sembra quasi un’autoaccusa, «assicurare che la Società italiana degli autori ed editori e gli altri organismi di gestione collettiva garantiscano idonei requisiti di trasparenza, efficienza e rappresentatività, comunque adeguati a fornire ai titolari dei diritti una puntuale rendicontazione dell’attività svolta nel loro interesse» (mi viene da chiedere: allora lo ammettete voi stessi che fino ad oggi non è stata efficiente, trasparente e rappresentativa?); b) «vietare alla Società italiana degli autori ed editori e agli altri organismi di gestione collettiva di imporre ai titolari dei diritti qualsiasi obbligo che non sia oggettivamente necessario per la gestione e per la protezione dei loro diritti e interessi» (riproporrei la stessa domanda); c) ulteriore autoaccusa, sembra che il Governo stia procedendo ad imporre a SIAE obblighi che la birichina non abbia assolto fino adesso : «definire i requisiti di adesione alla Società italiana degli autori ed editori e agli altri organismi di gestione collettiva sulla base di criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori»; e) continua ed è sempre più strabiliante: «stabilire che la Società italiana degli autori ed editori e gli altri organismi di gestione collettiva distribuiscano regolarmente e con la necessaria diligenza gli importi dovuti ai titolari dei diritti che hanno loro conferito mandato e che la distribuzione avvenga entro nove mesi a decorrere dalla fine dell’esercizio finanziario nel corso del quale sono stati incassati i proventi dei diritti»; f) «prevedere che la Società italiana degli autori ed editori e gli altri organismi di gestione collettiva ripartiscano gli importi dovuti ai titolari dei diritti con criteri di economicità, quanto più possibile su base analitica, in rapporto alle singole utilizzazioni delle opere» (e diremmo finalmente, dopo anni di rilevazioni a campione, ne parlerò tra poco); il punto i), poi, conferma quanto iniqua, ingiusta ed inefficiente sia stata la gestione dei rami territoriali: «riformare l’attività di riscossione della Società italiana degli autori ed editori e degli altri organismi di gestione collettiva in modo da aumentarne l’efficacia e la diligenza e in particolare, con riferimento all’attività dei mandatari territoriali, da garantire trasparenti modalità di selezione pubblica sulla base di adeguati requisiti di professionalità e di onorabilità, il rafforzamento dei controlli sul loro operato, un’equa e proporzionata distribuzione territoriale nonché l’uniforme applicazione delle tariffe stabilite …..»; quasi alla fine, una blanda concessione alle istanze di apertura: «l) prevedere forme di riduzione o di esenzione dalla corresponsione dei diritti d’autore riconosciute a organizzatori di spettacoli dal vivo con meno di cento partecipanti, ovvero con giovani esordienti titolari di diritti d’autore, nonché in caso di eventi o ricorrenze particolari individuati con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, garantendo che, in tali ipotesi, la Società italiana degli autori ed editori remuneri in forma compensativa i titolari dei diritti”; e infine, badate: m) “assicurare la trasparenza della Società italiana degli autori ed editori … attraverso una serie di iniziative specificamente indicate».
Non so a voi, ma a me sembra di leggere come segue : la SIAE finora ha avuto una gestione efferata, iniqua, inefficiente e per molti versi illegittima: adesso ci pensiamo noi a rimettere tutto a posto imponendo efficienza, trasparenza e compagnia bella, abbiamo capito che la festa sta per finire, ma per favore lasciateci il monopolio.
Posso dirvi, però, in coscienza, che oggi SIAE sta muovendo importanti e significativi passi verso una modernizzazione e sta recependo una serie di istanze urgenti da parte degli operatori. Ma un dinosauro non diventa libellula in un giorno.
Ci vorrà del tempo e nel frattempo se venisse abrogato l’art. 180 della Legge sul diritto d’autore sarebbe una conquista veramente importante ed opportuna, che darebbe un segnale serio e non interlocutorio come è stato fatto sino adesso.
Ultimissime sul monopolio
Per fortuna le acque si agitano. Una novità è sopraggiunta recentissimamente, nel mese di aprile. Udite. L’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato ha aperto un’istruttoria sulla Siae per verificare eventuali abusi nel settore della gestione e intermediazione dei diritti d’autore. La stessa Authority ha comunicato che il procedimento, “è stato avviato a seguito delle segnalazioni di alcune imprese che offrono in Italia servizi innovativi alternativi a quelli del monopolista nazionale (leggi Soundreef e Patamu) , al fine di verificare se Siae metta in pratica condotte abusive per escludere ogni concorrenza dai mercati oppure ostacolando le attività degli operatori nuovi entranti e riducendo così anche la libertà di autori ed editori”. I soggetti segnalanti hanno lamentato che verso gli autori “Siae eserciterebbe pressioni di vario genere per dissuaderli a conferire mandatoad altre società” e nei confronti degli utilizzatori “minaccerebbe e diffiderebbe dal pagare a collecting diverse la quota parte di royalties ad esse spettanti”. A tutela degli artisti, speriamo che il Garante contesti a Siae l’inaccettabile, abusiva pretesa di ottenere il mandato per il loro intero repertorio tutte le volte che essi scelgano di depositare solo una o determinate opere (vedi più avanti, “le disfunzioni”).
Le disfunzioni
Non abbiamo a disposizione volumi enciclopedici, per cui ci limiteremo a citare solo alcune tra le brutture gestionali di SIAE, avvertendo che è possibile, mentre stiamo scrivendo, che SIAE, che conosce bene da sempre le sue disfunzioni, ma che è oggi attaccata da più parti, denunciata pubblicamente e praticamente costretta a correre ai ripari, stia provvedendo o abbia in qualche modo provveduto.
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Borderò e rilevazioni a campione: realtà in revisione
Tutti gli organizzatori di eventi musicali o teatrali sanno, rassegnati, che prima dell’esecuzione debbono chiedere –recandosi presso gli uffici territorialmente competenti, una delle cose più frustranti della terra, ma per fortuna la procedura sembra in fase di cambiamento – il famigerato “permesso SIAE”: e già la definizione indispone. Ma gli organizzatori sanno altresì che quando si recano in SIAE per chiedere il permesso, debbono portare con sé il portafogli, perché l’ente chiederà un deposito cauzionale. SIAE, fenomeno tutto italiano, è scaltra e non si fida degli italiani, ma pensa ancora meglio e dice: “facciamo che il deposito cauzionale lo parametriamo al costo del biglietto in relazione alla capienza del posto, senza tener conto di una previsione di incassi, non possiamo mica preoccuparci dei problemi delle organizzazioni”: ma c’è organizzatore ed organizzatore, e così spesso chi organizza piccoli eventi e magari a rischio di pubblico si trova a dover versare, prima di averle guadagnate, ingenti somme di denaro, a volte molto superiori a quanto dovuto alla fine dei conti. Tranquilli, poi SIAE restituirà l’eventuale eccedenza. Sì ma quando? Una settimana, dieci giorni ….per qualcuno più sfortunato sono passati anni… con calma, insomma…. Mentre il povero organizzatore, se non sgancia l’obolo in partenza, lo spettacolo non lo può fare. C’è qualche possibilità di sfuggire alla mannaia? Se siete organizzatori e vi iscrivete ad AGIS o ad Assomusica potrete godere di agevolazioni, a certe condizioni. Ma se siete artisti fai da te e pensate ad eventi spot, non posso darvi la stessa rassicurazione.
L’obbligatorietà del permesso di rappresentazione vale per tutti, anche per le opere non iscritte, in quanto SIAE si è fatta scudo di una norma contenuta nel decreto di attuazione della legge sul diritto d’autore che non lascerebbe dubbi in merito, anche se la cosa è molto in contestazione. Non sapendo bene se la norma sia o meno in vigore – ovviamente alla SIAE non importano le disquisizioni giuridiche, almeno finché una sentenza non interverrà a mettere un punto alla situazione – oggi SIAE pretende di essere informata di tutte le esecuzioni musicali e di spettacolo, affinché possa effettuare i suoi controlli. Ma andiamo avanti: al permesso segue la compilazione del programma sui moduli predisposti dalla SIAE. Ed ecco a voi i borderò. Sapete come vengono rilevati i brani nella categoria definita “Ballo con Musica Registrata”, che significa musica per discoteche e simili, e “Concertini”, che significa esecuzioni di musica accessorie rispetto all’attività principale costituita dal consumo di bevande e/o alimenti (ad esempio il Piano-bar)? Con il famigerato, inviso, indigesto sistema detto “a campione”.
Ad onor del vero va detto che fino a qualche tempo fa la ripartizione dei diritti era analitica e avveniva in base a quanto veniva dichiarato dal musicista che compilava il borderò. Ma la fame è fame e la furbizia anche, e così accadeva che taluni musicisti segnavano canzoni da loro depositate e non eseguite per intascarne i diritti. SIAE, anziché risolvere in maniera seria il problema, lo ha sbilanciato rendendo la situazione ancor più degna di essere definita iniqua: da oggi in poi – ha detto – i diritti non saranno più ripartiti su base analitica, ma su campione. Come funziona il famigerato sistema? Mensilmente su ciascuna regione si stila una media delle canzoni più suonate. Ebbene, ai loro autori andranno le quote SIAE originatesi dai concertini o dai Balli con Musica. Di certo i big della musica dormono sereni mentre i più “giovani”, gli emergenti e i meno noti hanno poco da stare allegri con tale sistema. Anche se i loro brani venissero suonati in più realtà, se non rientrano nella rilevazione a campione le quote che spetterebbero a loro vanno a favore di qualcun altro che delle loro quote, probabilmente, non avrebbe uguale bisogno.
A questo punto, dato che realtà concorrenti (ne parleremo tra poco) hanno introdotto il borderò digitale, SIAE ha dovuto adeguarsi, ed è da poco sorto il portale “mio borderò”, per i programmi musicali. E’ ancora in fase sperimentale, sicché occorrerà valutare nel merito condizioni e funzionamento. Ma sicuramente, introducendo il borderò digitale, ci si augura di poter tornare ad un sistema analitico corretto.
Ci chiediamo quanto tempo occorrerà perché tutto il nostro paese, in special modo nelle aree a bassa evoluzione tecnologica, quelle, intendiamo, dove ancora devi andare fisicamente allo sportello e dove l’impiegato ti fuma in faccia (cito da testimonianze accreditate), diventi all’avanguardia e si metta al passo con le esigenze attuali.
In alcuni territori SIAE non ha sedi e si serve di agenzie autorizzate, terreno di abusi sconcertante perché spesso vengono richieste a poveri ignari (immaginate realtà di paese che organizzano la sagra della pizza o del carciofo) cifre esorbitanti e sbagliate. Solo in poche persone sono abbastanza accorte da telefonare alla SIAE di Roma e chiedere se i preventivi sono corretti o meno. I più subiscono e pagano.
Sono un autore, non sono un pollo
Parlo in prima persona ma è chiaro che vorrei rappresentare un caso emblematico, in quanto faccio parte di un numero cospicuo di autori che si trovano o si sono trovati nelle mie condizioni. Ero iscritta alla SIAE, anzi mi piace dire: fui iscritta alla SIAE. Ero ahimè molto giovane ed avevo registrato la mia prima opera teatrale, “Parole Mute, una testimonianza sull’Alzheimer”. Mi capitò un’istituzione di anziani con pochi soldi cui un’agenzia SIAE aveva fatto un preventivo spropositato od inaccettabile e decisi di non chiedere alcun compenso per i diritti d’autore. Ebbene seppi che non si può fare. Sì, non si può rinunciare ai diritti se l’opera è depositata. SIAE teme che autore e organizzatori si mettano d’accordo per gabbarla e allora tagliamola lì, si paga sempre e comunque. Tutto questo è gravemente iniquo, perché il rapporto di mandato qui fa gli interessi più del mandatario che del mandante, che paga per vedersi gestire i suoi diritti d’autore e non per perderne del tutto il controllo ed ogni potere decisionale in merito. Insomma, un monstrum giuridico. Ma non ho finito, è molto peggio di così: basta persino essere soltanto iscritti come autori che la mannaia scatta per tutte le opere. Voglio dire, se Tizio si iscrive come autore alla SIAE, registra lo spettacolo “Bianco”, e vuole regalare i diritti d’autore dello spettacolo “Nero”, non registrato, a chi gli pare, beh, non lo può fare. SIAE NON VUOLE, e bisogna pagare anche per lo spettacolo non iscritto. Ebbene sì, io sono esodata altrove….
Sponsor e matrimoni, piatto ricco …
Sapevate che SIAE tassa anche le sponsorizzazioni ? Cosa c’entrano, direte voi, gli sponsor con i diritti d’autore? SIAE risponderebbe: «vi prendiamo poco, dai, non fate così, è solo il 10% sul 50% dell’ammontare dei proventi derivanti da contributi, sovvenzioni, sponsorizzazioni erogati a qualsiasi titolo… insomma una punturina quasi indolore….». Se siete fortunati capiterà anche che qualche funzionario di normali vedute farà finta di non accorgersene tanto la cosa è iniqua, ma se beccate quello cavilloso o quello cui state sul naso siete spacciati.
Ancora più particolare è il fatto che SIAE si è messa essa stessa a fare da sponsor. Eroga quelli che chiama “fondi sezionali per la promozione culturale”. Dice che vuole promuovere le start up e valorizzare la cultura. Appunto, come un ministero … Anche questo approfondimento richiederebbe molto spazio e lo rinviamo ad altra puntata.
E vogliamo parlare degli ormai sempre più frequenti casi di matrimoni, feste private e simili lieti eventi letteralmente rovinati dall’arrivo di un ispettore SIAE che nel preciso intento di guastare la festa, irrompe e multa gli organizzatori per non aver richiesto il permesso e non aver compilato il Borderò? Direte, ma non ho fatto sfruttamento commerciale, volevo solo offrire agli invitati un po’ di musica…. Tagliamo corto, anche per un matrimonio, anche per una festa che non sia nella ristretta cerchia familiare (quindi eccedente le 5 o 6 persone), se si diffonde o si fa musica, SIAE impone pagamenti spesso salati.
L’ispettore, di gogoliana memoria, è quel personaggio spesso assai arrogante che irrompe – incurante dei sacrifici e delle difficoltà di ogni tipo che chi fa spettacolo affronta – nei teatri che hanno fallito una replica e si ritrovano quattro spettatori in sala, che irrompe quando tutti gli organizzatori stanno risolvendo problemi gravi tipo l’artista che sta male, il service che non funziona e mille altri problemi, che irrompe, insomma, puntuale come un orologio svizzero, per infliggere il colpo di grazia. Sconsiglio a chi ne avesse la tentazione di prenderli a parolacce, in quanto la stessa giurisprudenza li ha definiti “pubblici ufficiali”: i verbali da loro emessi hanno valore di sanzione amministrativa; non dimenticate che i proventi SIAE sono ivati e l’ente intasca l’imposta per conto dello stato.
Le alternative
Tutti avrete sentito parlare di realtà alternative come Soundreef, Patamu, Copyzero. Ma speriamo che il mercato si apra a dismisura e che altre realtà possano farsi largo per soddisfare soprattutto gli interessi dei più giovani.
Soundreef sta prendendo sempre più piede nel mondo musicale. L’iscrizione è gratuita e senza alcun vincolo di esclusiva. I borderò sono tutti digitalizzati, gli organizzatori di eventi possono pagare tutto online, le rendicontazioni sono facili e veloci, i costi sembrano contenuti. Inoltre le ripartizioni non finiscono in calderoni statistici, ma vengono liquidate in base al numero effettivo di passaggi delle canzoni. I fondatori hanno dovuto costituire la società in Inghilterra per non infrangere il dettame di monopolio SIAE. E molti musicisti li hanno seguiti. Facile attendersi che la neonata scomodissima Soundreef fosse attaccata giudizialmente. Una cantautrice iscritta guarda caso alla SIAE ha chiesto un provvedimento d’urgenza, ritenendosi danneggiata proprio perché l’articolo 180 della normativa sul diritto d’autore (legge n. 633 del 1941), attribuisce alla SIAE un mandato esclusivo per la gestione dei diritti anche musicali, ma il Tribunale di Milano, il 12 settembre 2014, le ha dato torto con un’ordinanza che, per sgombrare il campo da equivoci, ha specificato che «Non vi sono allo stato sufficienti elementi per ritenere che la diffusione di musica da parte di Soundreef nel territorio italiano sia illecita in forza della riserva concessa alla SIAE dall’art. 180 L. aut. (…….) Una simile pretesa entrerebbe in conflitto con i principi del libero mercato in ambito comunitario e con i fondamentali principi della libera concorrenza». Lunga vita a Soundreef, anche perché i fondatori sono giovanissimi e preparati.
È poi di questi istanti la polemica che Fedez sta conducendo per il fatto che, nonostante sia passato a Soundreef da tempo, SIAE continua a prelevare indebitamente i diritti dai suoi concerti mascherandosi dietro al fatto che i brani eseguiti durante i concerti di Fedez hanno “tanti padri, dobbiamo rappresentarli tutti”. Ma gossippando qua e là, devo dirvi che Fedez ha fatto di più: si è permesso di ricordare che la moglie del nostro Ministro Franceschini, Michela Di Biase ovviamente capogruppo del PD al Comune di Roma, lavora o in qualche modo collabora con la Fondazione Sorgente Group, che è uno dei principali gruppi immobiliari italiani e gestisce fra gli altri, l’intero patrimonio immobiliare di Siae, posseduto tramite i fondi immobiliari Aida e Norma. Fedez ha sollevato un dubbio: che tutto questo porti ad un conflitto di interessi? Guardate che Franceschini si è indignato moltissimo, eh? Ha detto che adesso basta sporgerà querela. Anche SIAE si è indignata e minaccia azioni durissime e querele. Di grazia, chiederemmo noi, querela per che cosa?
Veniamo poi a Patamu. Quest’altra pregevole start up ha consentito, adottando la marcatura temporale, di attribuire ufficialmente la data certa alle creazioni intellettuali. Certo, il problema è che fintanto che il famigerato articolo 180 non sarà abrogato, le società italiane non potrebbero procedere alla riscossione dei diritti in concorrenza con SIAE: peraltro, Patamu ha lanciato una petizione ed ha comunque organizzato una piattaforma che consente all’autore iscritto di riscuotere le royalties direttamente nei casi di esecuzioni dal vivo.
Le licenze Creative Commons
E’ un dato di fatto che da un po’ di anni le licenze Creative Commons rappresentano uno strumento dotato di grande flessibilità, perché lascia all’autore libertà di scelta circa diverse condizioni di sfruttamento. Le CC sono state ideate in America da un’associazione senza scopo di lucro e prevedono una serie di condizioni di utilizzo, identificate da simboli che permettono diverse combinazioni e pertanto una capacità di accontentare svariate esigenze. Tutte le volte che un autore pubblica la sua opera, i simboli che vi sono affiancati permettono subito di comprendere se l’opera è sfruttabile economicamente ed a quali condizioni. Esistono 6 possibili diverse tipologie di licenze Creative Commons : – “Attribuzione”: l’utente è tenuto ad attribuire la paternità dell’opera così come indicato dall’autore; – “Non opere derivate”: l’opera non può essere alterata né modificata dall’utente né utilizzata per crearne una simile; – “Non commerciale”: l’opera non può essere sfruttata per fini commerciali; – “Condividi allo stesso modo”: l’opera che venisse sviluppata utilizzando come base la vostra potrà circolare solo se munita di una licenza equivalente a quella originaria. Le ultime due combinazioni sono “Non commerciale-condividi allo stesso modo” e “Non commerciale –non opere derivate” . Le licenze Creative Commons possono essere applicate alle opere che vengono diffuse tanto on-line quantooff-line, e non sono esclusive. Attenzione, però: con il meccanismo di ottenimento delle licenze Creative Commons non si effettua in alcun modo una registrazione dell’opera; se un autore, oltre a voler regolare le modalità di diffusione della sua opera, volesse anche tutelarne la paternità da abusi o utilizzi illegittimi, dovrà farlo in autonomia. Consiglio, per approfondire integralmente la materia, l’ottima pubblicazione del Collega Simone Aliprandi (“Creative Commons: manuale operativo”).
Infine …
In sintesi? ci sembra che oggi i giovani possano trovare maggiore flessibilità, tutela e snellezza nelle realtà alternative o con altri sistemi, quantomeno finché SIAE non darà segni reali, globali e coerenti di cambiamento. Peraltro, l’unico modo per far fronte a questa storica, legalizzata e pachidermica situazione di abuso del è quello di allontanarsi, svuotare l’ente, terminare di sostenerlo, andare a cercare realtà più giovani e trasparenti, smettendola di dar credito agli slogan che inneggiano ai valori della tradizione quando la tradizione non ha di certo brillato per farsi onore. Oggi in molti, anche autorevoli Colleghi, stanno facendo un po’ di terrorismo a danno della libera concorrenza, minacciando tragedie greche se SIAE perderà il monopolio. Direi invece ai giovani di sperimentare, di cercare alternative, tanto potrete sempre cambiare idea perché di una cosa state certi: SIAE da dove sta non si muove.
E così SIAE ….
(Francesca Vitale – Avvocato in Milano)