Foto: Il Vicario, Teatro dell’Elfo
Foto: Il Vicario, Teatro dell’Elfo
Foto © Il Vicario, Teatro dell’Elfo

Al Teatro Elfo Puccini la lettura scenica di uno dei testi più controversi del secondo Novecento

Uno spaccato sulla Shoah, un’indagine storica sull’atteggiamento della Chiesa, un esempio di vero teatro civile.
Il Vicario di Rolf Hochhuth suscitò fin dalla sua prima rappresentazione in Germania del 1963 aspre polemiche da parte della curia romana, a causa dell’interrogativo che pone in merito all’atteggiamento di Pio XII nei confronti della Shoah durante la seconda guerra mondiale.
In Italia nel 1965 Carlo Cecchi allestì la pièce in un teatro di fortuna ricavato all’interno di una cantina di via Belsiana a Roma, con la partecipazione nel cast di Gian Maria Volonté. Il giorno successivo il debutto le forze di polizia fecero chiudere lo spazio teatrale per assenza del certificato di agibilità, azione coercitiva a cui seguì nei giorni successivi il divieto da parte del prefetto della messa in scena dello spettacolo per violazione delle norme contenute nel Concordato.

La censura provocò una breve quanto vivace protesta da parte dei sostenitori, con tanto di occupazione del teatro e minaccia di sciopero della fame, e tuttavia lo spettacolo, a parte una rappresentazione nel teatro Sant’Apollonia di Firenze, chiesa sconsacrata gestita in ambito universitario dagli studenti e pertanto non soggetta alle comuni normative dell’ ordine pubblico, non venne più ripreso fino al 2007, quando Matteo Caccia, Marco Foschi, Enrico Roccaforte, Cinzia Spanò, diretti da Rosario Tedesco, lo portarono in scena allo Spazio MIL di Sesto San Giovanni, per riproporlo successivamente nel 2015 al Teatro Elfo Puccini in occasione della Giornata della Memoria. Persino la versione drammaturgica italiana, già pubblicata da Feltrinelli, da 40 anni non è stata più rieditata.

Dal 18 al 28 febbraio scorsi è andata in scena all’Elfo, ad opera dello stesso gruppo degli anni precedenti, una nuova edizione milanese de Il Vicario, che ha affiancato la lettura scenica degli attori a quella di “testimoni” scelti tra personalità della cultura, del teatro e dell’impegno civile, tra i quali Moni Ovadia, Elio De Capitani e Ferdinando Bruni, che si sono alternati al termine dello spettacolo nella lettura della “lettera di una ragazza ebrea di Ostia”, dedicata dallo stesso Rolf Hochhuth a tutte le vittime passate sotto silenzio dalla generale indifferenza.

Il testo, che ispirò nel 2002 il film Amen diretto dal regista greco Costa-Gravas, ha come protagonisti Karl Gerstein, un ufficiale delle SS “pentito” che tenta in segreto di ostacolare il regime nazista nel perseguire lo sterminio degli ebrei, e Padre Riccardo Fontana, un giovane sacerdote della segreteria di Stato Vaticana che tenta invano di convincere Pio XII ad assumere un atteggiamento di condanna nei confronti della Shoah. Tentativo che lo traghetterà, nella sua pertinacia, al campo di concentramento di Auschwitz e a conoscere il “dottore” autore di macabri esperimenti sui prigionieri ebrei. Un tragico epilogo che innalzerà il giovane sacerdote ad autentico Vicario di Cristo in vece del Papa, che preferì non interferire nelle politiche del Reich.

Il lavoro, che si avvale di un ottimo cast, ancora oggi suscita divisioni nel mondo cattolico, soprattutto in previsione della santificazione di Pio XII, al secolo Eugenio Maria Giuseppe Pacelli. La presunta diplomazia della Santa Sede, che optò per il silenzio, trova ancora oggi giustificazioni per la sua posizione di neutralità, che comunque non trovò sempre riscontro, neppure nei confronti della Germania nazista. Basterebbe infatti ricordare l’atteggiamento critico delle Chiese cattolica e protestante nei confronti dell’eutanasia obbligatoria verso i degenti cronici e i malati di mente, in vigore per legge dal 1939 per volontà del Führer, mediante un’azione di ferma protesta che provocò l’abrogazione nel 1941 di tale pratica criminale. Perché allora non intervenire nei confronti della deportazione e genocidio degli ebrei? Una domanda che lascia ombre inquietanti e che riporta alla discriminazione religiosa medioevale e della prima modernità, atteggiamento che, al di là del mondo cattolico, sembra oggi essere tornato alla ribalta in concomitanza con lo sbarco di migliaia di migranti nei territori europei.

Uno spettacolo quindi di grande attualità, che affronta il passato per meglio tradurre alcuni aspetti allarmanti del presente e, soprattutto, per non compiere gli stessi errori dettati da un freddo e apatico distacco di fronte alla sofferenza e la disparità tra gli uomini.

Giudizio: ****

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TEATRO ELFO PUCCINI

Il Vicario (Der Stellvertetrer) di Rolf Hochhuth
Con Matteo Caccia, Marco Foschi, Enrico Roccaforte,
Cinzia Spanò, Rosario Tedesco, Nicola Bortolotti e Giuseppe Lanino
Adattamento e regia di Rosario Tedesco
si ringrazia l’associazione culturale PIANOINBILICO
in collaborazione con il Goethe-Institut Mailand

Milano, Teatro Elfo Puccini Sala Bausch, C.so Buenos Aires 33
Dal 18 al 28 febbraio 2016
www.elfo.org