Se vi chiedessero qual è quell’elemento che potrebbe, sottolineo potrebbe, avervi cambiato la vita in questi ultimi anni, e come a voi ad almeno un altro miliardo di persone, probabilmente rispondereste che è l’evoluzione digitale. E’ inutile negarlo, lo stesso contenuto di questo articolo è diffuso tramite la Rete, diversamente da quanto sarebbe avvenuto solo oltre una quindicina di anni fa, in cui avreste potuto leggerlo esclusivamente stampato con inchiostro su carta.
Per il noto principio della zappa, che utilizzata non correttamente potrebbe diventare addirittura un’arma letale, non tutto quanto c’è all’interno di questo immenso contenitore è producente, sotto molteplici punti di vista. Essendo in qualche modo l’informazione il nostro focus (siamo una testata giornalistica, non promuoviamo la vendita di gelati, come credo avrete capito), uno dei problemi verte proprio sulla capacità dell’utente di informarsi anche, e alle volte soprattutto, attraverso i contenuti di Internet.
Da una parte il rapporto tra chi informa e chi fruisce di quest’informazione si è quasi del tutto ribaltato, perché se prima era la testata che veniva offerta al lettore tramite il quotidiano o il periodico, entrambi cartacei, adesso accade spessissimo che sia il lettore che cerca quella specifica notizia, ignorando tutte le altre. Una scelta di maggiore libertà, sicuramente, e forse anche meno incisiva da un punto di vista economico, poiché in molti non acquistano più quotidianamente il giornale, come del resto testimonia il drastico calo di vendite sia di quotidiani che di periodici.
Tuttavia il problema è che, sempre secondo quei dati, il mercato dell’informazione digitale di qualità, dagli abbonamenti fino ai contatti delle edizioni gratuite online dei quotidiani, per lo meno in Italia non sembrano sfondare. Viene da chiedersi allora come si informa una buona fetta di popolazione, e da quanto emergerebbe, almeno per una parte di questi fruitori, sarebbe l’informazione online meno nota, come quella dei blog o, addirittura, tramite alcune pagine dei social network, come per esempio Facebook.
In attesa di una chiara normativa in quest’ambito, che prima o poi dovrà essere in qualche modo definita non soltanto a livello nazionale, questo tipo di contenitori, a meno che non siano realizzati da giornalisti, o comunque esperti di comunicazione, non sempre paiono essere all’altezza del loro ruolo. Per intenderci, il blog di un giornalista è in linea di massima garanzia di qualità se non altro perché la sua attività, che sia esercitata su di una testata regolarmente registrata presso il tribunale del proprio foro di competenza (come il magazine su cui state leggendo questo testo, per esempio) o su di un qualsiasi blog o sito, è comunque attività giornalistica, perfino se quest’esercizio di informazione viene svolta su di un social network. In soldoni, in capo al giornalista, in tutti questi casi, pende una responsabilità civile e penale, oltre che nei confronti del proprio ordine professionale (nella fattispecie quello dei Giornalisti).
che al contrario non esiste su di un soggetto che non è giornalista.
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Quest’ultimo aspetto presenta un altro problema, ovvero chi esercita un ruolo informativo, o para-informativo, attraverso la Rete, al di là dei titoli che, almeno sulla carta, sarebbero necessari per poterlo fare. In questo scenario di cosiddetta democrazia liquida, in cui, come in un enorme mercato, ognuno offre non solo l’elemento notizia ma anche la propria opinione, il rischio è che sia sempre più difficile distinguere il grano dal loglio. Infatti capita spesso di imbattersi in contenitori di cui sopra in cui vengono date notizie anche ben oltre il limite dell’assurdo, o viene esercitato il diritto d’opinione non solo al di là di qualsiasi regola ma anche al di fuori di ogni principio di buon senso.
I casi estremi di cui ci si può ricordare sono per esempio la finta candidatura attribuita al simpatico presentatore Giancarlo Magalli in lizza per la Presidenza della Repubblica, oppure, con buona pace dello scherzo radiofonico ordito da Orson Welles il 30 ottobre del ’38, l’imminente arrivo, o la presenza, di creature aliene intelligenti sulla Terra (tra i più noti i Rettiliani), dell’arrivo di un gigantesco meteorite distruttore, o di altre leggende metropolitane altrettanto assurde quanto degne di un romanzo di Dan Brown. Gli ultimi casi, perché il primo era uno scherzo, sono accomunati da un comune denominatore, ossia un cumulo più o meno robusto di prove di fatto non verificabili, un po’ come la calunnia ai danni di Desdemona nel celebre “Otello” shakespeariano.
In altri casi assistiamo invece a un’operazione altrettanto diabolica, o idiota, a seconda dei punti di vista, in cui, con slogan del tipo “le notizie che vi diamo solo noi” o “tutto quello che gli altri non ti racconteranno mai”, si narra di informazioni rese già note abbondantemente dalle principali testate nazionali addirittura un mese prima. In altri casi ancora assistiamo a veri propri esempi di diffamazione, ed è il caso specifico della notizia palesemente falsa secondo cui ogni migrante percepirebbe 40 euro al giorno (ogni migrante percepisce direttamente il cosiddetto Pocket Money, equivalente a 2,5 euro giornalieri per le spese minute, mentre i 40 euro di cui sopra sono i costi totali per migrante che gravano sulle organizzazioni che ne gestiscono l’accoglienza, ndr).
In tutti questi casi la responsabilità è anche del lettore, il quale, sempre attraverso una ricerca in Internet, può tranquillamente operare una verifica incrociata e stabilire se davvero quella notizia non sia veramente mai stata data, o se la testata in questione ha effettivamente una redazione con nomi e cognomi, o quantomeno un responsabile.
Perché come dice spesso Beppe Severgnini, a differenza del lettore medio, la Rete non dimentica mai nulla, nel bene come nel male.
E, in ultimo, citando un celebre brocardo veneto: E bae se contano, e i cojoni ghe cre’ono (mi auguro non servano traduzioni!).