Foto di scena: Ferdinando Bruni ne "Il vizio dell'arte" di Alan Bennett, al Teatro Elfo Puccini di Milano
Foto di scena: Ferdinando Bruni ne "Il vizio dell'arte" di Alan Bennett, al Teatro Elfo Puccini di Milano
Foto di scena: Ferdinando Bruni © Laila Pozzo

Poesia e intimità violate dalla straordinaria coppia Bruni/De Capitani

In scena al Teatro Elfo Puccini sul palco della Sala Shakespeare, fino a domenica 16 novembre, Il vizio dell’arte di Alan Bennett è molto più di uno spettacolo dove viene esaltato il “teatro nel teatro”, già sperimentato in molti lavori moderni e contemporanei. Tecnicamente, si potrebbe addirittura ipotizzare che la formula è semplicemente un escamotage per garantire la trasposizione scenica di parecchie informazioni private, difficilmente valorizzabili in una drammaturgia classica, come del resto le stesse note introduttive dell’autore suggeriscono.

Al centro della vicenda un fantomatico incontro, tuttavia possibile, tra il poeta inglese Wystan Hugh Auden e il compositore Benjamin Britten a Brewhouse, una dependance del Christ Church College dove Auden si era trasferito nel 1972. I due, entrambi omosessuali e di posizioni politiche radicali, si erano effettivamente conosciuti nel lontano 1935 quando lavorarono insieme alla realizzazione del ciclo di canzoni Our Hunting Fathers. I due coltivavano, oltre al pensiero, anche lo stesso gusto musicale, ma il loro sodalizio si smorzò dopo che Britten conobbe il tenore e compagno di vita Peter Pears. Nel 1972, quando il poeta giunse a Oxford, Britten stava lavorando al componimento di Death in Venice dal romanzo di Thomas Mann, la sua ultima opera. La figlia dello scrittore tedesco, Erika, era stata sposata da Auden per consentirle di lasciare la Germania nazista, pertanto è verosimile anche l’interesse del poeta alla stesura del libretto, in sostituzione della reale autrice Myfanwy Piper, come supposto da Bennett.

Il lavoro, con queste premesse, osserva la vita di Auden durante il montaggio di una pièce scritta dal drammaturgo Neil (Michele Radice), sulla base della descrizione fatta dal biografo britannico Humphrey Carpenter, che in effetti pubblicò nel 1981 un libro dedicato al poeta. I personaggi in scena, che devono animare la commedia, sono Fitz, l’attore protagonista nei panni di Auden, interpretato da Ferdinando Bruni, Henry, nel doppio ruolo del maggiordomo Boyle e di Britten, qui Elio De Capitani, Donald (Umberto Petranca), l’interprete di Carpenter, che vorrebbe valorizzare il suo personaggio al di là del copione, Kay (Ida Marinelli), l’aiuto regista che assume anche la parte della cameriera May, e Tim (Alessandro Bruni Ocaña), nei panni di Stuart, un ragazzo che si prostituisce su appuntamento.

L’opera di Bennett è un’interazione continua sul lavoro degli attori, esaminato dal drammaturgo Neil, presente durante le prove in assenza del regista, le esigenze organizzative tecniche e strumentali, che l’aiuto regista Kay, l’attrezzista George (Vincenzo Zampa) e il pianista Tom (Matteo De Mojana) pongono, e l’immedesimazione nella vicenda, artistica e umana, di Auden, fino all’incontro con il vecchio compagno Britten. Nella costruzione appaiono i tagli voluti dal regista e contestati dall’autore, i protagonismi degli attori, l’incomprensione che spesso sovrintende i rapporti tra drammaturgo e cast, ma anche le manie e i vezzi sessuali di Auden, le stravaganze dell’attore protagonista in relazione al personaggio, il contrasto con l’autocontrollo very British di Britten, l’esaltazione dell’arte come il diniego della morale, per esplodere in un canto poetico finale, che riscopre attraverso Stuart il ruolo shakespeariano di Calibano, mostro e tuttavia cantore dei più alti e commoventi passaggi de La Tempesta, simbolo di vita ferina e spirito d’indipendenza. Il tutto magistralmente interpretato da una compagnia che, a partire dalla coppia Bruni/De capitani, sa cogliere il dentro e fuori scena in relazione all’introspezione e la vita spiata dal buco della serratura, confezionando una commedia che sa essere esilarante nella sua profonda apertura.
Imperdibile.

Giudizio: ****

Produzione Teatro dell’Elfo

Il vizio dell’arte di Alan Bennett
Traduzione di Ferdinando Bruni
Uno spettacolo di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia

Con Ferdinando Bruni, Elio De Capitani, Ida Marinelli, Umberto Petranca, Alessandro Bruni Ocaña, Vincenzo Zampa, Michele Radice, Matteo de Mojana

Luci: Nando Frigerio
Suono: Giuseppe Marzoli
Costumi: Saverio Assumma
Musiche dal vivo: Matteo de Mojana

Il vizio dell’arte partecipa a Milano Cuore d’Europa

Milano, Teatro dell’Elfo, Sala Shakespeare, C.so Buenos Aires 33
Dal 21 ottobre al 16 novembre 2014
www.elfo.org