Tratto dal musical omonimo che esordì otto anni fa, scritto da Marshall Brikman e Rick Elice, basato sulla sceneggiatura di John Logan, altro non è che il racconto romanzato, della formazione musicale americana dei Four Season, una boy-band ante litteram da noi nota più che altro per alcuni evergreen, quali “Sherry”, “Big Girls Don’t Cry” e “Rag Doll”, e forse la più nota “I Love You Baby”, trasformata in cover solo dopo qualche anno dalla sua uscita.
Un genere narrativo, il musical biografico, abbastanza inusuale per il celebre attore e regista americano, che traccia un racconto in cui la musica rappresenta, insieme a una sceneggiatura piuttosto serrata tra flashback, originali finzioni e un vero e proprio dialogo con il pubblico da parte dei protagonisti, un elemento di grande forza.
Se lo snodo degli eventi è per certi versi abbastanza prevedibile, dalla formazione semi-sconosciuta che fatica a imporsi al lancio delle prime irresistibili hit, fino alle crisi, personali e collettive più o meno inaspettate, a una sorta di epilogo che riserva comunque, anni più tardi, una reunion, lo stile del racconto è assolutamente efficace e per nulla banale. Sullo sfondo l’America degli immigrati del New Jersey, che per andarsene da lì avevano le classiche tre opzioni, l’esercito, il carcere o la notorietà, dall’ingenuità del rock ‘n roll alla brillantina anni ’50 fino al business della musica degli anni ’80, alla sua conclusione.
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Da cinefili le auto-citazioni del vecchio Clint, prima fra tutte con “Rawhide”, serie western americana ante Sergio Leone.
Jersey Boys di Clint Eastwood, Biografico, 134’, USA, 2014
Con John L. Young, Erich Bergen, Vincent Piazza, Michael Lomenda, Christopher Walken