Foto di scena: Caterina Bajetta in "Lettera al mio giudice" allo Spazio Tertulliano di Milano
Foto di scena: Caterina Bajetta in "Lettera al mio giudice" allo Spazio Tertulliano di Milano
Foto di scena: Caterina Bajetta © Spazio Tertulliano Milano

Tratto dall’omonimo romanzo di Georges Simenon, lo spettacolo di Giuseppe Scordio, andato in scena allo Spazio Tertulliano fino allo scorso 18 maggio, narra l’epilogo di una storia violenta, che oggi definiremmo un ennesimo episodio di “femminicidio”, con l’occhio di chi è alle sbarre, l’assassino, attraverso una lettera al suo giudice istruttore Ernest Coméliau, a cui racconta prima del suicidio nell’infermeria del carcere tutti gli aspetti della vicenda che lo ha riguardato. Charles Avaloine, interpretato da uno straordinario Massimo Loreto, è un medico di campagna sposato senza amore con Armande, dalla quale ha avuto due figli. Durante questo matrimonio incontra e s’innamora perdutamente di Martine, una ragazza dal passato ambiguo con la quale ha un rapporto morboso che sconfina nella brutalità per gelosia, fino all’atto estremo.
Al di là del quadro narrativo, che potrebbe riguardare qualsiasi fatto analogo a cui purtroppo la cronaca ci ha abituati, la novità semantica sta proprio nel punto di osservazione (l’omicida) e la descrizione dei conflitti psicologici che lo riguardano. La scelta registica di far interpretare il ruolo sia di Armande sia di Martine a Caterina Bajetta, senza parrucche o travestimenti, configura già di per sé un aspetto, quello che conduce all’identità femminile da parte del protagonista, quasi una presenza fantasmagorica che in qualche modo si sovrappone a quella della madre, appositamente interpretata da una sedia vuota. Di fatto, la stessa lanterna interiore riproduce i demoni che Charles tenta inutilmente di cacciare e che s’impossessano dell’amata, al punto da dover uccidere quella che crede la finta Martine per salvarne l’autentica, destinata a questo punto ad albergare per sempre dentro di lui.
Una visione sconcertante, che nella riduzione scenica, fatta di chiaroscuri e spettri evocativi, riesce quasi a coniugare Simenon al “polidemonismo” narrativo di Lovecraft e confezionare nel contempo un vero e proprio thriller psicologico sulle malattie dell’anima.
Un racconto inquietante, fuori dagli schemi, ben diretto e interpretato, e che pone necessariamente una riflessione sulla natura umana e le ombre dissimulate che la coinvolgono.

Giudizio: ***

 
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PRODUZIONE SPAZIO TERTULLIANO

Lettera al mio giudice dal romanzo di Georges Simenon
Adattamento e regia di Giuseppe Scordio
Con Massimo Loreto e Caterina Bajetta

Milano, Spazio Tertulliano, via Tertulliano 68
Dal 7 al 18 maggio 2014
www.spaziotertulliano.it

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