Gli innamorati è una commedia che Goldoni scrisse nel 1759 durante un soggiorno a Bologna, sul percorso di un viaggio che riportava l’autore da Roma a Venezia. Formalmente, si tratta di un testo che riconduce l’attenzione a una pura diatriba tra innamorati, in cui la possessività del fidanzato si scontra con la gelosia della promessa sposa. In realtà ci si trova di fronte a un vero dilemma della modernità, in cui il sentimento e l’attrazione che si prova verso l’altro sesso non corrisponde sempre alla capacità di amare. Eugenia e Fulgenzio, interpretati rispettivamente da Marina Rocco e Matteo De Blasio, nonostante la loro unione non sia contrastata da alcuno, continuano a litigare per motivi banali che palesano la loro immaturità. Fenomeno tipico del presente, che però Goldoni seppe già interpretare nel XVIII secolo, e che oggi può essere rappresentato senza alcun tipo di attualizzazione, ma semplicemente rispettando il testo del maestro veneziano. E’ ciò che ha fatto Andrée Ruth Shammah con il suo ultimo lavoro, andato in scena in prima nazionale al Teatro Franco Parenti di Milano fino a domenica 6 aprile, realizzando uno spettacolo in cui ha saputo unire la tradizione alla variante del “teatro nel teatro”, tecnica già accarezzata dall’autore ne La locandiera, quando le attrici Ortensia e Deianira fingono di essere due dame per beffarsi degli aristocratici presenti nella locanda, e affrontata compiutamente ne Il teatro comico del 1750, vero e proprio manifesto poetico della riforma goldoniana. Qui gli attori interpretano un dentro/fuori parte che inizia proprio con la vestizione e la scelta dei costumi, tutti rigorosamente bianchi e semplicemente evocativi dell’epoca in cui si svolge la vicenda, rimanendo quasi sempre tutti sul palco anche come osservatori o realizzando piccole controscene sapientemente studiate. Gli stessi appendiabiti fungono da scenografia, creando una barriera da dove i servitori spiano dietro un virtuale buco della serratura.
In questo spazio, delimitato sul fondo da una parete scrostata con motivi vagamente barocchi, si svolge la vicenda. Eugenia Ridolfi, rampolla di una grande famiglia milanese in rovina, frequenta da un anno il ricco Fulgenzio. I due si amano, ma così come lei non sopporta che il fidanzato frequenti la cognata Clorinda (Elena Lietti, nel ruolo anche della serva Lisetta), nonostante lui vi sia costretto a causa dell’assenza del fratello, a Genova per lavoro, allo stesso modo il ragazzo s’ingelosisce per la presenza in casa Ridolfi del conte Roberto d’Otricoli (Roberto Laureri, nella veste anche del servitore di Tognino, il servitore di Fulgenzio), cliente di un amico di Fabrizio (Umberto Petranca), padrone di casa, nonché zio e tutore di Eugenia e della sorella Flamminia (Silvia Giulia Mendola). I due fidanzati si lasciano e si ricongiungono continuamente, il ragazzo minaccia persino di suicidarsi, ma quando tutto sembra essersi risolto, si svolge un terribile pranzo, dove Fabrizio invita anche la cognata di Fulgenzio, causando l’ira di Eugenia che insulta Clorinda e se ne va. I due innamorati si chiariscono ancora una volta, ma quando Fulgenzio chiede di accompagnare a casa la cognata, di nuovo litigano e si separano definitivamente. Eugenia, per vendicarsi, si promette al conte Roberto, sostenuta dal padre Fabrizio che vede in lui un buon partito, migliore dell’ex fidanzato. Quando Fulgenzio, al rientro del fratello, torna da Eugenia garantendole che non frequenterà più la cognata, lei è costretta a raccontargli la sua promessa di matrimonio e, di fronte ai rimproveri di lui, sviene. Tuttavia, grazie all’intermediazione di Flamminia, presenza femminile con un carattere opposto a quello irascibile di Eugenia e da sempre paciere della coppia, il conte Roberto, vista la situazione, accetta di sciogliere l’impegno, e i due innamorati si possono finalmente unire in matrimonio.
Una commedia ben interpretata da tutti, con un eccellente cast di attori che dai protagonisti ai comprimari, tra i quali anche Andrea Soffiantini nella parte di Succianespole, il servitore di Fabrizio, e Alberto Mancioppi in quello dell’amico Ridolfo, sono perfettamente calati nei loro personaggi, accompagnando il pubblico a una riflessione sul presente attraverso una vicenda ambientata più di tre secoli fa che non ha certo perso di valore e contenuto. Del resto, di spalle al pubblico come primo spettatore, su una sedia da regista su cui è scritto il suo nome, c’è proprio lui, Carlo Goldoni, che accompagna la rappresentazione della commedia come le scene di metateatro con il suo immortale tocco d’artista.
Giudizio: ***1/2
PRODUZIONE TEATRO FRANCO PARENTI
Gli innamorati di Carlo Goldoni
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Con Marina Rocco, Matteo De Blasio, Silvia Giulia Mendola, Umberto Petranca, Elena Lietti, Alberto Mancioppi, Roberto Laureri, Andrea Soffiantini
Regia di Andrée Ruth Shammah
Scene e costumi: Gian Maurizio Fercioni con la collaborazione di Angela Alfano
Drammaturgia: Vitaliano Trevisan
Luci: Gigi Saccomandi
Musiche: Michele Tadini
Milano, Teatro Franco Parenti, Sala Grande, via Pier Lombardo 14
Dal 26 marzo al 6 aprile 2014
www.teatrofrancoparenti.it