Foto di scena: Giulio Cesare, pezzi staccati, presso l'Aula Magna dell'Accademia delle Belle Arti di Bologna
Foto di scena: Giulio Cesare, pezzi staccati, presso l'Aula Magna dell'Accademia delle Belle Arti di Bologna
Foto di scena: Giulio Cesare. Pezzi staccati © Luca Del Pia

A distanza di 17 anni Romeo Castellucci ripropone al pubblico “pezzi” di quel lavoro carico di polisemie ed interessanti letture che fu il “Giulio Cesare” del ‘97, spettacolo indimenticabile liberamente ispirato al testo omonimo shakespeariano e agli storici latini che valse alla Socìetas il premio Ubu. Castellucci lo rimette in scena scegliendo l’Accademia di Belle Arti di Bologna, luogo dove il regista ha studiato, e più precisamente l’Aula Magna, spazio carico di una grande forza simbolica perché teatro principe di lezioni teoriche. E proprio qui, tra calchi classici raffiguranti Apollo, Venere, il Laocoonte, entra in scena la retorica ed il suo potere ambiguo carico di fascinazione e seduzione, smisurato ed eterno presente in tutti i campi della vita, dalla politica, all’economia all’arte sin dalla notte dei tempi. Il potere della parola interviene per mezzo dei corpi di …vskij, Cesare e  Antonio, un potere che è esibito impietosamente e messo in discussione davanti ad un pubblico di “giurati”creando effetto di straniamento. …vskij, il primo attore -riferimento a Konstantin Stanislavskij, uno dei massimi fondatori del teatro del Novecento e padre del Realismo in scena- apre il “Giulio Cesare” recitandone stralci mentre inserisce una telecamera endoscopica nella propria cavità nasale sino alla glottide che si contrae e si rilassa e le cui immagini vengono proiettate su un grande schermo. E’così reso visibile il percorso che compie la voce fino alle corde vocali( la “via interiore” teorizzata da Stanislavkij viene eseguita fisicamente), tra muscoli e membrane quasi un’urgenza di rendere vivo il corpo della parola con un richiamo evidente all’organo sessuale femminile. Quindi è la volta di Giulio Cesare che si esprime solo attraverso una gestualità retorica, mentre alle sue spalle tra colonne classiche viene fatto calare un mezzo busto di gesso a testa in giù, segno premonitore di ciò che assisteremo di lì  a poco. Si tratta di movimenti eloquenti e solenni che ad ogni spostamento producono rumori amplificati. Dopo che …vskij trascina via il corpo di Giulio Cesare assassinato, chiuso come un bozzolo nella sua toga rossa, dopo che da un seno finto ha allattato uno dei suoi assassini, entra in scena Antonio abbigliato con una toga bianca profilata di rosso. Su un piedistallo su cui è scolpita la scritta ARS inizia quello che è il punto più alto dell’orazione del “Giulio Cesare” intrisa di figure retoriche quali la litote, il climax, l’ironia. Il significato però è veramente arduo da cogliere perché l’orazione funebre passa attraverso una ferita, quella di Dalmazio Masini, attore laringectomizzato che calcò la scena anche nello storico spettacolo del ‘97. La sua voce esofagea produce un discorso affannato e partecipato. Ad un tratto alle sue spalle appare il fantasma di Cesare incappucciato con indosso una tunica rossa: porta con sé una spugna intrisa di liquido rosso pompeiano che porge ad Antonio che se la passerà sul volto, macchiandoselo come un pagliaccio o  per palesare forse il sangue dell’omicidio avvenuto. Nel finale  una serie di eliche montate sotto a delle lampadine le fanno scoppiare una dopo l’altra a mo’ di macchinario per le esecuzioni. Un prezioso lavoro questo sul linguaggio e sull’arte, sull’oratoria e sulle sue connessioni con la materia teatrale, sul testo, sulla parola e sull’espressione; una tragedia della retorica che si inserisce perfettamente all’interno della rassegna “E la volpe disse al corvo-corso di Linguistica Generale” che Bologna dedica in questi mesi al lavoro di Romeo Castellucci.

SOCÌETAS RAFFAELLO SANZIO

Giulio Cesare. Pezzi staccati di  Romeo Castellucci
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Bologna, Aula Magna dell’Accademia di Belle Arti
Dal 27 al 30 marzo 2014
www.raffaellosanzio.org