In un mondo dove l’immagine è un parametro fondamentale per qualsiasi attività, la bruttezza, anche in un uomo, costituisce indubbiamente un ostacolo, in molti casi insormontabile, per il conseguimento di una carriera piuttosto che per il proprio appeal sociale. Quando poi la bruttezza è inconsapevole e si viene a conoscenza del proprio handicap estetico solo casualmente, mentre tutto il resto del mondo, coniuge inclusa, ne ha sempre valutato l’esistenza, non si parla più nemmeno di oggettivo impedimento, ma di una situazione a cui si deve porre rimedio ad ogni costo. E’ ciò che capita al signor Lette, un brillante inventore specializzato in prese e connettori elettrici, quando, alla vigilia di un importante congresso dove avrebbe voluto presentare un congegno innovativo di sua invenzione, scopre che tutti lo considerano orribilmente brutto. Glielo dice apertamente il proprio capo, preferendogli per la presentazione il suo odioso assistente, indubbiamente meno capace, ma più bello e quindi adatto molto meglio di lui ad una promozione di vendita del nuovo prodotto. Persino la moglie è costretta a confessargli di averlo considerato sempre orrendo, pur amandolo, al punto di non avere il coraggio di guardarlo in faccia, ma solo in un occhio. Ecco dunque la svolta, la scelta che Lette si sente in dovere di fare per sé, per il lavoro, ma anche per la propria compagna: cambiare faccia, rivolgendosi a un chirurgo estetico. Il risultato è sbalorditivo. Lette diventa un uomo bellissimo, le porte della carriera si spalancano, la moglie scopre un’irresistibile attrazione nei suoi confronti, e con lei anche numerose amanti, tra i quali un’anziana e importante donna d’affari, sempre accompagnata da un figlio ambiguo e voyeur che s’innamora dell’inventore. La sua principale attività si trasforma da ricercatore a icona di bellezza maschile, il capo lo preferisce in giro per il mondo ad attirare donne facoltose per farle diventare delle stabili azioniste della sua impresa, e lo stesso chirurgo plastico lo arruola come testimonial del proprio lavoro. Ma ecco che Lette, il brillante inventore, è ormai un modello esteriore, un esempio da duplicare, fino al grottesco epilogo che vede la sua anima precipitare nel narcisismo di un’immagine senza più identità. Brutto di Marius Von Mayenburg è un testo ironico, che mette la società a confronto con i propri falsi idoli e la superficialità delle relazioni sociali. Bruno Fornasari, al Teatro Filodrammatici di Milano, ne fa uno spettacolo che diverte con intelligenza, dove prevale un magistrale gioco d’attore, con una scenografia essenziale in cui non necessitano cambi scena se non quelli dettati dall’interpretazione. Gli attori sono vestiti sempre allo stesso modo, ma impersonano ciascuno due ruoli, incluso lo stesso Tommaso Amadio nei panni del Lette “brutto” e di quello “bello” , creando giochi di dissolvenza della battuta o di cambio secco che definiscono il mutare di ambienti e situazioni. Il cast, che oltre al protagonista vede una straordinaria Cinzia Spanò, e gli altrettanti bravi Michele Radice e Mirko Ciotta, è del resto eccellente, capace di mantenere il ritmo in un climax coerente, nonostante il continuo cambio dei personaggi, anche nell’ultima parte più surreale e drammatica. Con questa pièce sul conflitto tra l’essere e l’apparire, tema già suggerito dallo slogan di presentazione “smettila di voler essere diverso”, il Filodrammatici ha forgiato un capolavoro che, al di là dell’indubbia qualità semantica, è degno di menzione come esempio di grande scuola teatrale, per la valorizzazione della pura azione scenica e interpretativa.
Giudizio: ****
Produzione TEATRO FILODRAMMATICI
Brutto di Marius Von Mayenburg
Traduzione di Umberto Gandini
prima nazionale
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Con Tommaso Amadio, Mirko Ciotta, Michele Radice, Cinzia Spanò
Regia di Bruno Fornasari
Scene e costumi: Erika Carretta
Milano, Teatro Filodrammatici, via Filodrammatici 1
Dal 14 novembre al 1° dicembre 2013
www.teatrofilodrammatici.eu