Foto: Mariangela MelatoSiamo da tempo abituati a pensare al mestiere dell’attore come a qualcosa di vario, e per fortuna, così come in altri paesi culturalmente più progrediti del nostro, si è definitivamente usciti dal cliché per cui chi fa teatro non può fare cinema, e chi lavora in quest’ambito è meglio non reciti in televisione. Un criterio riduttivo smentito ai giorni nostri dalle prove lampanti, per esempio, di attrici come Lella Costa, o più recentemente Geppi Cucciari, in bilico tra scrittura di testi, recitazione, ma anche l’incursione al grande schermo e al doppiaggio, fino alla televisione. Autentiche one-women-band che vedono tra le proprie antesignane proprio Mariangela Melato, classe 1941. Protagonista di una carriera professionale decisamente invidiabile, che tra le prime, ha calzato perfettamente su di sé il ruolo di “mattatrice”, fino a una cinquantina di anni fa prerogativa esclusivamente maschile, come nel caso di Vittorio Gassman, mattatore per eccellenza. Con il cuore sempre rivolto al teatro, cardine del proprio lavoro, anche per quanto riguarda l’ultima sua apparizione televisiva, la trasposizione sul piccolo schermo dell’edoardiana “Filomena Marturano”, il suo inizio, malgrado gli studi presso la milanese Accademia di Brera, il grande pubblico la ricorda soprattutto per l’inusuale scontro/incontro di classe di “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto”, diretto nel ’74 da Lina Wertmüller. Una memorabile prova cinematografica, insieme al bravo Giancarlo Giannini, oggetto anche di un assai dimenticabile remake, con la cantante Madonna (insieme al figlio dello stesso Giannini, Adriano, ndr), che tuttavia rappresenta solamente l’elemento più noto del lavoro della Melato. E, sempre al cinema, due anni prima, con la regia di Vittorio de Sica, in “Lo chiameremo Andrea”, l’attrice ha contribuito, inconsapevolmente, al nome di una generazione di bambini, ora adulti.

Per quanto riguarda il cinema, oltre alla già citata Lina Wertmüller, anche con “Mimì metallurgico ferito nell’onore”, “Film d’amore e d’anarchia, ovvero stamattina alle 10 in Via dei Fiori nella nota casa di tolleranza”, “Notte d’estate con profilo greco, occhi a mandorla e odore di basilico”, ha lavorato, tra gli altri, con Luciano Salce (“Basta guardarla”, ‘71), Elio Petri, (“La classe operaia va in paradiso”, ’71, e “Todo Modo”, ‘76), Claude Chabrol (“Sterminate “Gruppo Zero”, ‘74), Alberto Bevilacqua (“Attenti al buffone”, ‘76), Mario Monicelli (“Caro Michele”, ‘76 e “Panni sporchi”, ‘99), Giuseppe Bertolucci (“Oggetti smarriti”, ’80, e “L’amore probabilmente”, 2001), Pupi Avati (“Aiutami a sognare”, ‘81), Sergio Corbucci (“Bello mio, bellezza mia”, ‘82), Pasquale Festa Campanile (“Il petomane”, ‘83), Maurizio Nichetti (“Domani si balla!”, ’83), Sergio Citti (“Casotto, ’77, e “Mortacci”, 1988), Mario Monicelli) e Sergio Rubini (“L’amore ritorna”, 2004). This situation arises when you are unable to reach an cheap cialis uk orgasm. Benefits of massage Stiffness and browse around this now generic levitra pain Soothing relaxation Healing Improves circulation Eases tension Improves breathing Enhances well-being An entire body massage may take many types. I eat far less meat, fat, and other cholesterol-laden or -inducing foods and I eat loads more grains, seeds, vegetables, salads, fruit and fish, which sildenafil cheapest is no easy job without help. Kamagra Maintains Standard Quality While Offering Effective Treatment Taking this medicine reported about cheapest viagra their ED issues. Senza per questo dimenticare “Saxofone”, del ’78, seconda esperienza registica di Renato Pozzetto, e, nell’80, il “Il pap’occhio”, diretto da Renzo Arbore, con il quale ha avuto una lunga storia d’amore, e poi di amicizia, durata oltre 40 anni. Un elenco anche più lungo per quanto riguarda i grandi attori con cui ha lavorato, da Nino Manfredi allo stesso Giannini, da Massimo Ranieri a Gian Maria Volonté, citandone quattro tra i più noti, giusto per evitare un elenco esclusivamente compilatorio.

Come indicato, una carriera in bilico fra varie forme espressive, e, all’interno di questi, fra vari generi, anche qui sempre tra commedia e tragedia. Il ruolo della cosiddetta donna forte, che spesso mal sopportava, derivava, da una parte, dal grande rigore che dimostrava sia nelle scelte professionali quanto in quelle personali, e, dall’altra, nei percorsi, mai facili, per cui optava. E malgrado un’esistenza priva di scorciatoie, che in particolar modo lo showbiz offre abbastanza spesso, la sua serietà non voleva per nulla dire seriosità, viste le prove non solo di canto e ballo, per esempio, tra televisione e teatro.

Un curriculum vitae che la vede già sul palcoscenico a metà degli anni ’60, con il futuro premio Nobel Dario Fo, in “Settimo: ruba un po’ meno” e “La colpa è sempre del diavolo”, negli anni ’80 la troviamo impegnata in tragedie greche (entrambe di Euripide) come “Medea” e “Fedra”, e solo qualche anno dopo in “Vestire gli ignudi” di Luigi Pirandello e ne “La bisbetica domata” di Shakespeare. Passaggi impegnativi, affrontati, come tutto il resto, con classe e ironia, senza prendersi mai troppo sul serio, malgrado risultati più che importanti.

Tutto questo senza dimenticare il piccolo schermo, in cui ha spaziato dalla partecipazione a spettacoli di varietà (dagli anni ’60 fino a qualche anno fa), anche cantando e ballando, come per esempio in “Al Paradise” regia di Antonello Falqui, nell’83, oltre a trasposizioni teatrali in televisione, come l’”Orestea”, con la regia di Luca Ronconi, con cui ha stabilito un solido sodalizio artistico, e “Medea”, diretta da Tomaso Sherman, nell’89, o film per la TV, come “Una vita in gioco” e il seguito “Una vita in gioco 2” (la prima diretta nel ’91 da Franco Giraldi, e la seconda, l’anno dopo, da Giuseppe Bertolucci), e “L’avvocato delle donne”, del ‘97 (diretto da Andrea e Antonio Frazzi).

Affermò che “Il teatro leggero è più pesante”, smentendo l’idea che far ridere una platea sia più
facile che non commuoverla, o traumatizzarla, smentendo senza giri di parole anche il pregiudizio, duro a morire, che le donne che fanno ridere sono delle poco di buono. Del resto, come spiegò un’altra signora dello spettacolo, Monica Vitti, le cosiddette donnine allegre un tempo erano le donne di vita (leggi prostitute), la cui attività ha veramente molto poco di comico.

Secondo la scelta relativa al cosa cimentarsi, perché il cosa fare e perché dovrebbe essere un interrogativo che tutti dovrebbero porsi (anche i non attori), il suo impegno professionale, e non, grazie anche a uno spiccato quanto genuino anticonformismo, l’ha portata a schierarsi in favore di temi di carattere civile, dalla laicità (non è un caso che la sua orazione funebre è stata letta da Emma Bonino) fino alla parità tra uomini e donne, fino alla battaglia, insieme a suo numerosi colleghi, in difesa del teatro.

In un articolo come questo forse una cosa del genere non si dovrebbe scrivere, ma Mariangela Melato ci mancherà. E non poco.