Foto: Juan Mayorga, autore di “Hamelin” a Milano al Teatro Elfo Puccini © Valeria Prina«Quando studiavo non ero sicuro di voler diventare un drammaturgo. E non ne sono sicuro nemmeno ora! Certo volevo essere uno spettatore teatrale». Così parla di sé Juan Mayorga in occasione dell’incontro di martedì 18 giugno con Gli Incauti, la compagnia che ha messo in scena, a Milano al Teatro Elfo Puccini, il suo “Hamelin”. La sua è una vocazione che unisce matematica, filosofia, teatro, ricorda Oliviero Ponte di Pino, coordinatore dell’incontro. Nessuna contraddizione, perché «La matematica è una lingua di immaginazione e di sintesi. Il matematico deve trovare un senso comune tra molteplici oggetti, come chi fa teatro deve fare delle sintesi. Il teatro è l’arte dell’immaginazione. E anche la filosofia è il mondo dell’astratto». L’importante, conclude il drammaturgo madrileno, «sono le idee dello spettatore». «”Hamelin” – commenta – parla di conflitto tra più versioni: i personaggi hanno versioni differenti e lo spettatore deve dare più fiducia a uno o all’altro. Così chi guarda deve diventare “critico”».

“Hamelin” – e la messa in scena de Gli incauti – incarna perfettamente la sua idea di teatro. Che deve fare dello spettatore un complice, capace di immaginare, di credere a quanto gli viene evocato – le foto gli sembrano veramente sul tavolo perché così gli viene detto – e capace di porsi delle domande, solleticate da quanto ha visto. «E’ l’elogio dell’immaginazione dello spettatore – commenta da parte sua il regista Simone Toni -. With oral ED medicines, you can get back to normal and healthy viagra 100mg sildenafil appalachianmagazine.com life. ED is the inability to cialis in attain or sustain an erection even if you are physically healthy? Probably, you are over-stressed due to economic pressure. Since it helps in so many other products cause. purchase cheap levitra Those treatments are the common ways for CPPS in Western countries. buy brand levitra E’ uno spettacolo senza luci, senza scene: deve immaginarle chi guarda. Come difficile per lo spettatore è individuare il mostro e invece, gradualmente, si trova di fronte a se stesso». Proprio da dubbi simili è nata in Juan Mayorga l’idea di “Hamelin”, quando da insegnante aveva sentito la storia di una studentessa che aveva subito degli abusi. Come aiutarla? Avvicinarla poteva essere mal interpretato («come è difficile parlare a un bambino» si dice in “Hamelin”). Intanto aveva sentito più casi simili: in Spagna, in Belgio. Ed era anche sorto il dubbio che il giudice avesse alimentato l’immaginazione dei bambini: era nato un conflitto tra versioni differenti. E proprio il conflitto è quello davanti al quale si trovano gli spettatori di “Hamelin”.

«Per me il teatro è l’arte dell’immaginazione – ribadisce Juan Mayorga, che confessa di scrivere perché lo rende felice -. Scrivere teatro è costruire un evento che accadrà nell’immaginazione dello spettatore. C’è un teatro da cui lo spettatore esce sentendosi più innocente e un altro da cui esce sentendosi più responsabile. Mi piace l’arte che sa porre delle domande». Non gli piace invece quel teatro che porta lo spettatore nel passato come se fosse un testimone, perché gli sembra una perdita di tutto quello che il passato ci ha rivelato. E nemmeno gli interessano le attualizzazioni, perché è un modo per prendere del passato solo ciò in cui ci si identifica.

E ora? Sta scrivendo una pièce che ha al centro una sfida a scacchi, anticipa. Si intitolerà “Reykjavík”.